Oggi Cgil-Usb-Cub-Cobas hanno organizzato uno sciopero generale. La Meloni ha replicato che "Il weekend lungo e la rivoluzione non stanno insieme"

Ha dovuto mordere il freno Giorgia Meloni nei giorni delicati che hanno preceduto lo stop alla Flotilla da parte israeliana. Non poteva rischiare che ci scappasse il morto. Ma un minuto dopo aver avuto la certezza che nessuno si fosse fatto male, la premier ha recuperato il centro della scena, mettendo nel mirino lo sciopero generale di oggi.



L’accusa è durissima: “Il weekend lungo e la rivoluzione non stanno insieme”. Bersaglio numero uno Maurizio Landini, e con lui tutti quelli che fomentano la piazza. Perché quello sciopero Meloni proprio non lo digerisce. Lo sente come un attacco diretto al governo, non certo come una manifestazione di sostegno alla Flotilla, o a Gaza.



Lei, Tajani e tutto il resto del governo rivendicano di aver fatto tutto il possibile, non solo per evitare che la vicenda degli attivisti in navigazione verso Gaza prendesse una brutta piega, ma soprattutto per la gente della Striscia. Azioni concrete, e non parole. Primo Paese non islamico per numero di profughi accolti per curarsi, oltre 1.200 persone, 2.300 tonnellate di aiuti fatti arrivare, di cui 100 con gli aviolanci, oltre 40 milioni di euro in derrate di prima necessità.

Tutto inutile, dicono a Palazzo Chigi; è arrivato il grazie dei palestinesi, ma non dell’opposizione italiana, che ha fatto di Gaza un’arma scagliata contro il governo, cavalcando la piazza.



In questo effetto di polarizzazione già in atto lo sciopero generale rappresenta agli occhi di Meloni la classica goccia che fa traboccare il vaso. Da qui, con tutta evidenza, la scelta di sposare l’Italia silenziosa, quella che vivrà con profondo disagio il blocco delle città, con tutto il contorno di violenze, di devastazioni e di blocchi stradali e ferroviari che si sono visti nelle ultime 48 ore. Vero è, come hanno rimarcato Avvenire e L’Osservatore Romano, che oltre ai violenti c’era tantissima gente pacifica e per bene, animata da sincere intenzioni positive per il dramma dei palestinesi, ma sono le immagini dei blocchi e dei passamontagna calati a rimanere impressi.

Un momento della protesta in difesa della Flotilla, Roma, 1 Ottobre 2025. ANSA/GIUSEPPE LAMI

L’accusa di tutta la maggioranza all’opposizione e alla Cgil è di aver strumentalizzato la vicenda di Gaza e della Flotilla con l’intento di sferrare un colpo duro al governo. Uso politico improprio a fini interni di una vicenda su cui il nostro Paese ha ben poca possibilità di incidere per davvero. Negli altri Paesi occidentali nessuno ha proclamato manifestazioni di protesta simili.

Non è bastato aver raccolto un discreto risultato politico intorno alla mozione parlamentare di sostegno al piano di pace Trump per la Striscia. A favore, oltre alla maggioranza, Azione e Italia Viva, astenuto il resto dell’opposizione. Sul riconoscimento della Palestina condizionato alla scomparsa di Hamas dalla scena e alla liberazione degli ostaggi si è tornati al muro contro muro.

Ieri a metà giornata sembrava che l’epilogo della vicenda fosse la precettazione, specie dopo che la Commissione di garanzia ha dichiarata illegittima l’agitazione, in quanto non rispettati i termini del preavviso. La successiva frenata, in nome della volontà di non esacerbare gli animi, potrebbe avere differenti spiegazioni convergenti.

Può esserci stato un invito alla cautela da parte del Quirinale, dopo che Mattarella aveva lanciato l’appello alla Flotillia a fermarsi. Può, contemporaneamente, aver prevalso una cautela rispetto agli allarmi per l’ordine pubblico, che consegna a Meloni e ai suoi il vantaggio tattico di poter attaccare Landini e gli altri organizzatori, imputando loro qualsiasi guaio dovesse venire dalle manifestazioni di oggi e anche da quelle di domani, sabato, quando a Roma è prevista anche la presenza degli antagonisti.

Meloni, che ha scelto di stare senza se e senza ma con la maggioranza silenziosa che mal sopporta i disagi degli scioperi, dovrà però armarsi di pazienza. La fase delle proteste potrebbe essere lunga, alimentata anche dalla narrazione di altre due Flotille. Una, composta da 45 barche, è partita dalla Turchia, la seconda, di 11, ha levato l’ancora dalle coste siciliane. E di nuovo la nostra diplomazia dovrà darsi da fare per evitare il peggio.

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