BUCAREST – Già da parecchi anni il malessere che investe il mondo della scuola ha finito per mandare in crisi anche le “gite scolastiche”: se un tempo, infatti, rappresentavano un’esperienza positiva oltre che per l’aspetto culturale anche per una reale possibilità di socializzazione, oggi risulta sempre più difficile trovare docenti disposti ad accompagnare i propri alunni fuori porta.
Qui a Bucarest però la scuola italiana Aldo Moro non rinuncia a proporre annualmente, sia per la primaria che per la secondaria di primo e secondo grado, il cosiddetto viaggio di istruzione: quest’anno la meta del liceo è stata Berlino, quella della scuola primaria Arezzo con Assisi e dintorni, mentre le medie hanno potuto fruire di una duplice chance: la vacanza studio presso la St. Joseph Foundation di Londra, divenuta da tempo una tradizione e, tre settimane dopo, l’Italia, destinazione Padova e Verona. Con 12 alunni di prima e terza media, dopo aver raggiunto in volo da Bucarest l’aeroporto di Treviso, abbiamo puntato su Padova. Ho detto “abbiamo” perché ad accompagnare quei ragazzi c’ero anch’io insieme ad una collega mossa dal mio stesso spirito d’avventura.
Se affrontare un viaggio all’estero con una dozzina di marmocchi consente a tutti di vivere l’intera esperienza in assoluta scioltezza, è altrettanto vero che un numero di partecipanti così ridotto fa inevitabilmente lievitare i costi: meno si è, più si paga! Nel caso specifico, per il contenimento della spesa, si è rivelato prezioso il servizio fornitoci dall’agenzia cui ci siamo affidati: l’organizzazione complessiva delle giornate si è dimostrata infatti corrispondente alle nostre esigenze e nemmeno troppo onerosa dal punto di vista economico. Contro ogni previsione, si può quindi dire che tutto è filato liscio dall’inizio alla fine.
Va precisato inoltre che la scelta della meta non è affatto trascurabile: al caos delle metropoli sono sicuramente preferibili le cittadine di provincia che, almeno in Italia, custodiscono a tutt’oggi tesori di storia e d’arte millenari.
Essendo tuttavia consapevoli, quanto meno per esperienza, che con ragazzini tra gli undici e i tredici anni non conviene privilegiare visite a chiese e musei, abbiamo puntato sul fascino della competizione mettendo in gioco le loro qualità di concorrenti leali. Organizzare quindi una gara a squadre è stata un’ottima soluzione per vederli attenti e impegnati nella speranza di vincere magari anche un premio.
Così a Padova, nello sconfinato spazio ellittico di Prato della Valle, li abbiamo sguinzagliati perché trovassero, tra la selva di statue che contornano i due anelli della piazza, quella realizzata da Antonio Canova, fornendo ovviamente alcuni dati relativi all’artista: chi la trova per primo, guadagna punti… Un’altra gara è stata programmata nella serata che precedeva la visita alla Cappella degli Scrovegni. Pur avendo già cominciato a preparare l’evento durante l’orario scolastico, si è scelto ugualmente di dedicare parte del dopo cena ad un’attività che avrebbe anch’essa incrementato il punteggio delle squadre. Una volta distribuita a ciascun alunno la cartolina di un affresco presente nella cappella, abbiamo comunicato che la sfida consisteva nel saperlo riconoscere in loco indicando a quale dei tre cicli di affreschi appartenesse e quale fosse il contenuto rappresentato.
Interessante e coinvolgente anche l’esperienza presso l’orto botanico di Padova con la partecipazione al laboratorio sulla green energy: organizzato e guidato da personale esperto, era finalizzato ad individuare le migliori strategie in grado di preservare il pianeta dall’autodistruzione.
Il programma del nostro viaggio prevedeva anche una giornata a Verona: dalla basilica di San Zeno Maggiore, con un piacevole percorso a piedi abbiamo visitato i luoghi più caratteristici della città e, nel pomeriggio, con la funicolare, siamo saliti a Castel San Pietro, uno spazio suggestivo da cui si domina Verona e il placido corso dell’Adige che la attraversa.
È stato proprio l’ampio respiro di quel panorama a suggerirci l’idea di una gara di fotografia. Anche il cellulare, a questo punto, si è rivelato una risorsa: anziché distrarsi con l’ennesimo videogioco, i nostri ragazzi si sono lasciati catturare dalla bellezza e hanno saputo immortalare palazzi, monumenti, chiese, piazze inquadrando persino qualche scorcio seminascosto nel centro storico.
La serata finale ha visto le squadre competere nella gara di Kahoot, un gioco tutto da inventare e costruito su quiz a uscite multiple preparati dagli stessi ragazzi nel pomeriggio. Tema dei quiz: l’esperienza vissuta in gita.
A questo punto potremmo dire, la mia collega ed io, che siamo tornate a casa distrutte, che i ragazzini d’oggi non sono più quelli di una volta, che il cellulare crea dipendenza e che il tempo in cui si riusciva a conversare è ormai una reminiscenza lontana; che noi, alla loro età, con i soldi eravamo più parsimoniose; che mangiando caramelle in quantità esagerata, rischi pure che ti venga il diabete… Potrei continuare l’elenco! Ma preferisco invece ripensare ai quattro giorni della gita come a un’occasione privilegiata dove, ancora una volta, siamo state sedotte dalla bellezza, quella stessa bellezza che chissà, tra qualche anno, farà capolino anche nella memoria dei nostri ragazzi che si ricorderanno, forse, di una gita scolastica davvero speciale.
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