Il mondo della scuola sta cambiando, in modo vertiginoso. È sorprendente per un insegnante boomer guardare la realtà attuale in movimento e in fibrillazione. Siamo di fronte a una generazione diversa e speciale allo stesso tempo. Un tempo le scuole venivano occupate per portare avanti la rivoluzione sociale. Manifestazioni, bombe molotov, sit-in e scontri con la polizia. Andava in piazza la generazione di chi aveva preso qualche sberla a casa da genitori che avevano conosciuto la fame e le pallottole. Oggi, invece, gli studenti protestano per diminuire lo stress e l’ansia da prestazione. Figli unici di coppie di “adultescenti” (Marescotti) e “sindacalisti” (Crepet), venuti su in un mondo che organizza tutto per bene, desiderano nella scuola un clima tranquillo e senza imprevisti, senza bullismo (giustamente) e senza severità eccessiva.
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Non hanno conosciuto il classico sgomitare o la difficoltà di farsi avanti con durezza per giocare a pallone in un campo da calcio di periferia. Hanno tirato quattro calci in situazioni protette sotto lo sguardo vigile e inclusivo di tutti. Eppure, nonostante docenti attenti e dirigenti sempre più presenti, preoccupa l’effettivo aumento del malessere giovanile (casi di depressione, situazioni di isolamento sociale, sfiducia in sé e abbandono scolastico).
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C’è chi pensa, perciò, a una scuola senza voti. Accade in varie scuole italiane, da Milano a Mestre, da Pesaro a Roma, a Palermo. L’abolizione del voto, antistorico e stressante, darebbe spazio a una scuola veramente democratica ed egualitaria. Si sperimenta perciò di tutto per togliere le difficoltà agli adolescenti. Si arriverà anche a togliere lo studio dei classici per evitare la difficile comprensione del testo?
In realtà si rischia di non vedere che la questione è più profonda. Cosa sono un voto negativo o una ripetenza, un fallimento, un insuccesso? Che cosa ci mette di fronte la vita, spesso? Insuccessi e fallimenti. A livello scolastico, affettivo-relazionale, lavorativo. Se ognuno guarda a sé e alla propria storia non può che trovare anche erbacce ed errori propri o altrui, non solo gioie e successi. Qualche batosta ha fatto anche bene, perché ha arginato la nostra pretesa infondata. Allora, che fare?
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Visto che il nichilismo gaio segna il passo per le ultime sonore sconfitte (pandemia, guerra, cambiamenti epocali, crisi a ogni livello) del soggetto intento al proprio piacere (sono, consumo, godo), bisogna almeno arrivare a evitare fallimenti, insuccessi e giudizi diversi dal proprio. Niente voti. Niente rifiuti nelle relazioni o rotture nei rapporti. Niente malattie e nessuno che ci voglia fare del male. Insomma, un mondo asettico e irrealistico in cui nessuno debba più rimproverarsi per non aver fatto il proprio dovere o per una scelta errata o per non essersi pre-parato (nel significato etimologico del termine). Niente benedizioni o espressioni colorate per un voto ricevuto: un mondo di plastica per persone di cera. L’abolizione del voto è, insomma, la data di nascita del nichilismo involutivo. Una nuova forma ideologica attenta a non contrariare i borborigmi del triste io narciso.
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E allora come porsi di fronte a questa deriva sostenuta da diversi illusionisti dell’educazione? Si tratta di tornare al centro della questione e del lavoro. Ciò che avvicina generazioni distanti è la comune necessità di un’indagine esistenziale. Un docente, un collaboratore scolastico e uno studente hanno le stesse esigenze di bene, di giustizia e di verità. C’è una crosta, però, che non le fa emergere. Dunque si cercano scorciatoie e fughe nel sogno per non fare i conti con la propria vita. Gli Oblomov di Gončarov e i Čulkaturin di Turgenev, chiusi nel torpore interiore o nella vita superflua, sono una possibile triste realtà.
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Un lavoro educativo serio implica, perciò, un percorso in cui il negativo non venga anestetizzato o illusoriamente nascosto, ma guardato. Non abbiamo bisogno che qualcuno ci tolga le difficoltà (un brutto voto o una fatica), ma di persone che ce le facciano affrontare con un metodo e con una possibilità di cammino. E questo vale per tutti, anche per i nostri adolescenti e per i nostri giovani.
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