Il decreto ministeriale riguardante il contrasto della scuola alla dispersione è buono nel metodo, ma presenta alcuni aspetti critici su docenti e spazi
Durante i mesi estivi si svolgono nelle varie scuole i percorsi finanziati dal D.M. 19/2024 finalizzato alla “Riduzione dei divari negli apprendimenti e contrasto alla dispersione scolastica”, che devono concludersi entro il 15 settembre prossimo. Pertanto le scuole sono aperte e professori ed alunni impegnati. Come funzionano?
Gli istituti scolastici interessati hanno presentato richiesta di adesione ed ottenuti i fondi, costituito il team anti-dispersione (con funzione prevalentemente organizzativa e di controllo), hanno dato il via alle candidature per i percorsi realizzabili (selezionando destinatari e promotori in base ai criteri di precedenza stabiliti ed approvati dal team stesso).
Le possibilità sono molteplici, per lo più si tratta di azioni miranti a migliorare le competenze disciplinari, per cui il percorso può essere rivolto ad un singolo alunno oppure ad un piccolo gruppo (da 3 a 6); vi sono inoltre offerte per l’orientamento che coinvolgono anche la famiglia, infine si è data facoltà di realizzare numerosi laboratori interdisciplinari relativi all’arte, la musica, la tecnologia e il movimento.
È degno di nota il fatto che i gruppi di apprendimento debbano essere necessariamente di piccole dimensioni quando non individuali. La ragione di questa scelta è da ricercare nel fatto che gli alunni fragili, pluriripetenti o semplicemente svogliati e poco motivati, non trovando condizioni favorevoli nel grande numero della classe (vuoi per le dinamiche che si creano, vuoi per una minore attenzione alla singola persona), possono venir accolti in una modalità di insegnamento-apprendimento personalizzata, dove le istanze e le difficoltà del discente sono il punto di partenza per contrastare la perdita di motivazione.
Si tratta per certi versi del metodo utilizzato nell’ambito di Portofranco (associazione di aiuto allo studio costituita da volontari, operante a livello nazionale e gratuita) dove lo studente è al centro dell’apprendimento e il docente cerca di facilitare il compito dello studio esplorando diverse strategie fino a trovare quella più confacente che renda il discente autonomo, motivato e con una consapevolezza maggiore sul metodo di studio.
Come tutti gli strumenti di aiuto, anche i percorsi possono venir accolti in diverse modalità. Si può aver a che fare con lo studente “furbetto” (generalmente pluriripetente e con molte assenze a suo carico) che, meno propenso ad imparare un durevole metodo di studio, è sicuramente interessato a colmare velocemente le lacune per salvare l’esito scolastico (come dargli torto del resto!).
Si può aver a che fare con lo studente “indolente”, spinto dalla famiglia e caldamente invitato dai professori ad un apprendimento maggiormente costante, il quale partecipa svogliatamente, ma poi, obbligato dal rapporto a tu per tu, impara ad appassionarsi e a mettersi in gioco riscoprendo abilità e capacità sopite che riteneva perdute o troppo laboriose da recuperare.
Infine c’è lo studente “disponibile”, un po’ intimidito inizialmente per la modalità diretta di insegnamento, ma che in seguito, non sottraendosi al lavoro e al confronto richiesti, recupera sia l’autostima che modelli efficaci da utilizzare in autonomia.
I piccoli gruppi di lavoro (generalmente composti da alunni con le stesse lacune ma con livelli di apprendimento diversi) funzionano perché innanzitutto l’alunno è a proprio agio rispetto alle difficoltà che accomunano ciascuno, si sente anche maggiormente ascoltato e quindi diventa più audace nel prendere iniziativa e nel proporsi. Si hanno davvero delle belle sorprese e si scopre che anche lo studio può essere appassionante e non noioso o estraneo ai propri interessi.
Il decreto va considerato un’importante risorsa per le scuole dove non tutti raggiungono il successo formativo e si evidenziano importanti lacune negli apprendimenti individuali. I percorsi realizzati costituiscono indubbiamente un vantaggio per gli insegnanti, ai quali è offerta un’ottima occasione per instaurare rapporti di fiducia con i propri studenti e al tempo stesso permettono di sperimentare strategie e metodologie adeguate allo scopo, proponendo attività mirate che non sempre sono condivisibili con tutto il gruppo classe.
Nella progettazione delle attività sono comunque emersi alcuni aspetti critici da migliorare e di cui tener conto per il futuro.
In alcuni casi infatti non è stato possibile attivare tutti i percorsi finanziati, sia per mancanza di personale disponibile, sia soprattutto per carenza di spazi e tempi (considerando che le scuole destinatarie si trovano in ambienti con forte disagio e strutture non sempre accoglienti e disponibili).
È opportuno pertanto che la candidatura sia resa accessibile ad un maggior numero di docenti (precari ed esterni) per aumentare l’efficacia dei percorsi da un lato e rafforzare la diffusione di buone pratiche di insegnamento dall’altro, favorite dalla condivisione di progetti e metodologie utilizzate.
Talvolta i criteri, pur necessari, per assegnare le candidature risultano troppo selettivi e finiscono per favorire coloro che hanno maggiore anzianità (anche se con più esperienza) a scapito di forze giovani ma con tanto da offrire e da cui comunque imparare.
Per ovviare ai problemi di spazio sarebbe utile creare reti di scuole contigue o collaborare con enti presenti sul territorio (Comune, biblioteca) al fine di rendere questa opportunità fruibile dal più grande numero possibile di partecipanti.
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