La Francia, come la maggior parte degli altri stati, si appresta a vivere l’inizio della scuola, con l’inaugurazione di un nuovo anno accademico. Così come in Italia, però, il sistema accademico francese si trova a vivere una profonda crisi, che parla soprattutto di pochi docenti di ruolo, pagati per lo più male, troppi studenti iscritti, che finiscono quasi inevitabilmente per scegliere un’istruzione privata, e orari sempre più rigidi.
Per comprendere bene cosa non funzioni nella scuola in Francia, il sito l’Humanité ha intervistato Sophie Vénétitay, segretaria generale di un sindacato di categoria, Camille Taillefer, professoressa di geografia storica al liceo e Claude Lelièvre, docente e ricercatore in storia dell’educazione. Il punto focale attorno a cui ruoterà l’istruzione francese nell’anno accademico 2023/24 è il cosiddetto “patto pedagogico“, fortemente criticato dai docenti e che sembra accentuare quella tensione verso il sistema privato. Un patto per la scuola che, secondo Vénétitay, non farà altro che aumentare i ritmi di lavoro dei docenti al solo fine di “essere pagati meglio”, sintomo del fatto che l’istituzione “si assume la responsabilità di non assumere”.
La crisi della scuola in Francia, tra salari bassi e docenti missionari
Insomma, il patto per la scuola in Francia, che baratta aumenti di stipendio con il compimento di determinati compiti, non farà altro che peggiorare una situazione già critica. Il patto, infatti, ovvia al problema da sempre ripetuto dai docenti, ovvero che in vent’anni si è “perso tra il 15 e il 25% del potere d’acquisto“, spiega ancora Vénétitay, in un contesto in cui, peraltro, “il numero di studenti per classe continua ad aumentare”.
L’esito, inevitabile, è che la scuola in Francia attraversa anche una crisi dal punto di vista della professione del docente, propriamente intesa. “Molti insegnanti”, spiega Lelièvre, “si sentono trattati come dipendenti di linea anche se sono a livello dirigenziale, sempre più senior manager, e sono pagati come quadri intermedi”. Taillefer, invece, ritiene che con il patto pedagogico, “i nostri lavori non sono considerati lavori“, che secondo lei dimostra come la scuola in Francia “disprezza e ignora cosa significhi insegnare a coloro a cui affidiamo il nostro Paese” e ritiene che “dietro questo patto c’è un progetto politico“, con cui il presidente Macron “privilegia gli istituti privati” penalizzando quelli pubblici.
Vénétitay: “La scuola pubblica in Francia è sotto attacco”
“Il patto degli insegnanti” proposto per la scuole in Francia, rilancia e accusa Vénétitay, “fa parte di un progetto politico”, il cui obbiettivo “è indebolire il servizio pubblico. Stiamo assistendo ad un attacco frontale al servizio pubblico dell’istruzione e al personale che lo sostiene. Le riforme”, sostiene ancora la sindacalista, “hanno come bussola la competizione tra personale e strutture“.
Infatti, con il patto la scuola in Francia cambia aspetto, perché si “contrattualizza una parte della professione. Firmando un patto”, spiega ancora Vénétitay, “entriamo in un rapporto contrattuale con il capo dell’istituto, quindi gli dobbiamo qualcosa”. Similmente, ricevendo pagamenti in base ai compiti portati a termine “allontana il core business, che è la costruzione dell’apprendimento“. Taillefer, invece, ritiene che “dal momento in cui il lavoro viene suddiviso in piccoli compiti, con obiettivi quantificati e fissati in anticipo, si possono reclutare in dieci minuti persone che realizzeranno moduli pronti all’uso e che saranno vittime di un turnover”, ovvero “l’opposto del nostro lavoro“.