Cos'è successo alla scuola Diaz durante il G8 di Genova: la "macelleria messicana" in cui rimasero ferite 82 persone, per mano delle Forze dell'Ordine

Protagonista questa sera del film “Diaz – Non pulire questo sangue” – diretto da Daniele Vicari – la macelleria messicana (come venne definita vicequestore Michelangelo Fournier) alla scuola Diaz in occasione dei noti disordini del G8 di Genova del 2001 è tra la pagine più dure e crude della storia repubblica italiana, all’ordine di una ancora oggi piuttosto diffusa diffidenza nei confronti delle Forze dell’Ordine che quella notte – proprio alla scuola Diaz – agirono impunemente ferendo decine e decine di innocenti.

Prima di arrivare alla scuola Diaz, ripercorrendo nel dettaglio l’accaduto, è bene tornare un attimo indietro per ricordare che quel G8 di Genova passò alla storia proprio per i disordini che scoppiarono in tutta la città ligure che venne trasformata in un vero e proprio campo di guerriglia tra Forze dell’Ordine, manifestanti e – soprattutto – black bloc: proprio questi ultimi costrinsero la procura ad alzare esponenzialmente i livelli di allerta e il punto di rottura fu la morte – durante la guerriglia – di Carlo Giuliani.



Proprio a causa della guerriglia, a livello internazionale (e anche nazionale) passò il chiaro messaggio che le Forze dell’Ordine non era state capaci di limitare i disordini ed evitare i tafferugli e fu sentimento comune nelle caserme quello di dover lanciare un forte e chiaro messaggio che funzionasse da deterrente: nella notte del 21 luglio 2001, infatti, fu organizzato un enorme blitz alla scuola Diaz di Genova che divenne teatro della mattanza di innocenti.

Cos’è successo alla scuola Diaz durante il G8 di Genova: cronache dalla “macelleria messicana”


La scuola Diaz in quei giorni di tafferugli fu messa a disposizione del comune e della provincia come punto di ricovero, ristoro e riposo per i manifestanti non violenti, con la vicina Pertini che funzionò da punto d’appoggio per giornalisti e avvocati, oltre che da sede di un ufficio stampa e della Radio Gap: accerchiata da quelli che furono descritti e stimati come 500 agenti, la scuola sarebbe dovuta essere soggetta di una retata per individuare e arrestare i black bloc dopo la segnalazione di alcuni movimenti sospetti da parte dei residenti genovesi dell’area.

La scuola Diaz dopo il blitz delle Forze dell’Ordine (Foto: web)


Nell’arco di pochi minuti, un vero e proprio plotone di agenti vestiti in antisommossa, con i caschi in testa, gli scudi, il volto coperto da foulard e armati dei famosi (famigerati?) tonfa, fece irruzione alla scuola Diaz e “cominciò – scrissero qualche anno più tardi tribunali e corti – a colpire gli occupanti con pugni, calci e manganelli, gridando e minacciando le vittime”, molte colpite “mentre si trovavano ancora nei loro sacchi a pelo (..), mentre tenevano le braccia in alto in segno di resa o mostravano le loro carte d’identità”, in alcuni casi – addirittura – “tirati fuori dai loro nascondigli per i capelli“.

Quella della scuola Diaz fu una vera e propria carneficina nella quale rimasero ferite 82 persone (la quasi totalità manifestanti) e ne furono arrestate altre 93 con l’accusa di essere degli agitatori, poi tutte – giusto a riprova dell’inutilità dell’intera operazione – assolte; mentre gli agenti coinvolti e la catena di comando che impartì gli ordini non sono mai stati resi noti e nonostante numerose sentenze più o meno gravi sull’accaduto, non c’è mai stata nessuna reale condanna, alimentando proprio quel sentimento di impunità che citavamo in apertura.

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