La recente storia di Dorothy ha impazzato sulla rete, complice l’estate, anche se le notizie importanti non mancano. È sembrata più che altro un fatto curioso, ma in realtà nasconde una questione cruciale.
Dai primi resoconti, circolati in rete e anche sulla stampa, la madre di Dorothy, una ragazzina americana di 15 anni, le avrebbe vietato l’accesso a Twitter dopo che questa stava per provocare un incendio domestico, probabilmente mentre era distratta proprio dal social network.
Dorothy avrebbe quindi escogitato una serie di metodi sempre più esotici per ritornare online usando anche la playstation, venendo di volta in volta scoperta e bloccata. Al culmine della vicenda, Dorothy sarebbe addirittura riuscita a twittare attraverso il frigorifero smart della cucina, aggirando per l’ennesima volta il divieto in modo particolarmente creativo.
L’hashtag #FreeDorothy, inizialmente creato dagli amici e seguaci della ragazza in segno di protesta contro il castigo inflittole, è quindi diventato virale, arrivando persino ad attirare l’attenzione dell’azienda produttrice del frigorifero che lo ha ripreso sul proprio account Twitter ufficiale.
Approfondendo un po’, i contorni della vicenda non sono però ancora del tutto definiti. Ad esempio sembra che, forse per avvantaggiarsi della curiosa escalation alla ricerca di un po’ di notorietà digitale, Dorothy abbia falsificato il passaggio attraverso il frigorifero che, secondo gli stessi produttori, non sarebbe ancora in grado di postare e “firmare” tweet come quello della ragazza.
In ogni caso, la storia la dice lunga su come sta cambiando il mondo anche grazie all’avvento dell’IoT, l’Internet delle cose, che vede sempre più apparecchi ed elettrodomestici capaci di connettersi alla rete nell’interesse della comodità e dell’automazione, con conseguenze a volte inattese. E dimostra anche come le nuove generazioni siano in grado di afferrare al volo le opportunità fornite dai nuovi sistemi.
Ma pone anche una importante questione educativa: un crescente numero di neurologi e psicologi asserisce che l’eccessivo tempo trascorso sui media digitali (smartphone, tablet, console per videogiochi…) potrebbe indebolire la capacità di concentrazione di bambini, ragazzi e anche adulti, per cui è raccomandabile servirsene con moderazione. Anche nel mondo dell’impresa ci sono esempi di pratiche volte a limitare gli eccessi di connettività, ed è noto da tempo che il patron della Virgin Richard Branson abbia addirittura istituito due ore alla settimana di “digital detox” per alcuni dei propri dipendenti.
Inoltre, nel momento in cui si parla tanto di responsabilità sociale di impresa, fa un po’ effetto che una grande azienda produttrice di elettrodomestici abbia deciso di cavalcare l’evento rilanciando l’hashtag #FreeDorothy, che a ben vedere rischia di diventare una forzatura, per quanto animata da intenti ludici e ironici, del sacrosanto diritto/dovere dei genitori di educare i figli, insegnando loro a gestire adeguatamente il proprio tempo.
E fa piacere che ci sia anche chi, servendosi dello stesso linguaggio leggero, abbia proposto l’hashtag #FreeMom, sostenendo il valore della responsabilità educativa dei genitori. I quali però, e questo riguarda anche gli insegnanti, non si possono limitare a vietare, ma sono anche obbligati ad aggiornarsi sulle nuove tecnologie, che offrono, insieme ai problemi, anche molte opportunità di educazione e formazione tramite applicazioni di carattere ludico e quindi comunque gradite a bambini e ragazzi. Come sempre, “in medio stat virtus” – a patto di aggiornarsi continuamente.