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Home » Educazione » Storie ed esperienze » SCUOLA/ Marim, il vero modo di accostarsi alla strage di Capaci

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SCUOLA/ Marim, il vero modo di accostarsi alla strage di Capaci

Gianni Mereghetti
Pubblicato 5 Novembre 2023
La strage di Capaci del 1992

La strage di Capaci, 23 maggio 1992 (Foto dal web)

Marim non aveva seguito la lezione di storia perché pensava alla sua figuraccia in diritto. Aveva cercato la prof, ma senza sapere bene cosa dirle

“Io non ho capito nulla” aveva detto Marim a Sara dopo che l’insegnante di storia aveva parlato per un’ora della strage di Capaci nel giorno del suo anniversario. A Marim la cosa non interessava, ciò che le premeva era come fare a recuperare l’insufficienza in diritto dopo che si era rovinata la media prendendo un 2 per aver fatto scena muta.


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L’insegnante  si era accorta che Marim era distratta, ma non le aveva detto nulla. Marim aveva capito, anche perché l’insegnante l’aveva fissata con un tono interrogativo che parlava da sé.

All’intervallo Marim era andata a cercare l’insegnante, voleva farsi perdonare la sua distrazione. Quando si era trovata a tu per tu davanti alla prof non le erano venute le parole, l’aveva guardata con un sorriso ed era scappata via.


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“Marim!” aveva gridato l’insegnante, ma Marim si era involata in mezzo agli studenti e studentesse che erano affollati davanti alle macchinette delle bibite e del caffè. La docente non si era arresa e si era fatta largo tra ragazzi e ragazze fino a raggiungerla.

“Hai qualcosa da dirmi?” le aveva detto fissandola.

“No! Niente di importante” aveva risposto Marim, che si chiedeva come mai fosse finita in quella strana situazione, anche se avrebbe dovuto pensarci prima.

“Volevo sapere che cosa sia poco importante da spingerti a venirmi a cercare. Un po’ strano, non credi?”

“Veramente non è importante!” Marim aveva voluto chiudere così il discorso, e non c’era stata possibilità di smuoverla.


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Al pomeriggio Marim era andata al centro di aiuto allo studio con Sara e aveva raccontato a Guido ciò che era successo con la sua insegnante. Guido era stato deciso e le aveva suggerito di parlare a chiare lettere il giorno dopo con la sua prof.

“E cosa le dico? Che continuo a pensare al mio 5,45 di diritto, chiedendomi se mi re-interrogherà o se mi porterà allo scrutinio con quel voto e se mi promuoveranno ugualmente?”

“Ma lei è la tua prof di diritto?”

“No” aveva risposto Marim, “è la prof di storia.”

“Vai a dirle che cosa ti distraeva, vai!” aveva insistito Guido.

“Ma non capisco perché dovrei” continuava a difendersi Marim.

“Allora perché lo hai detto a me? Io non ti posso salvare in diritto.”

“Perché di te mi fido!”

“E della tua prof di storia?”

“Anche di lei mi fido!”

“E allora c’è solo questo da fare, domani mattina parla con lei. Anche perché questo pensiero fisso ti ha fatto perdere qualcosa che lei aveva preparato anche per te.”

Il giorno dopo si era vista la stessa scena all’intervallo, ma questa volta Marim aveva parlato alla sua prof, dicendole tutto, la sua distrazione, il suo pensiero fisso.

“Grazie Marim” le aveva detto l’insegnante di storia.

“Perché mi ringrazia?” Le aveva chiesto Marim, spiazzata.

“Grazie per la tua attenzione, per la tua attenzione nei miei confronti, intendo.”

“Ma io ieri non ho seguito nulla, se mi chiedesse di che cosa abbiamo parlato non saprei ridire una parola.”

“E allora? Ciò che importa non è essere perfetti, ma essere come te, che ha riaperto la questione con me. Io ti avevo vista distratta, ma più della tua distrazione vale che sei venuta a dirmelo.”

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