Finita la scuola, gli studenti del centro festeggiavano la maturità. Alcuni erano egiziani, e sarebbero tornati a casa. Non senza qualche domanda in più
Mohamed, Fatima, Omar, Lucia, Sara erano andati a festeggiare la maturità dal kebabbaro del paese, con loro era andato anche un insegnante che li aveva aiutati durante l’anno al centro di aiuto allo studio, Alessandro, insegnante di italiano e soprattutto di storia.
I ragazzi e le ragazze erano entusiasti, finalmente la maturità era finita. “Ho fatto una dormita di ventiquattro ore” aveva detto Omar, e Fatima aveva aggiunto un “anch’io finalmente!”.
Ognuno di loro aveva raccontato il suo esame, tutti erano più o meno soddisfatti, l’importante era averla in tasca questa maturità, poi sul voto si poteva essere scontenti o contenti, ma come aveva detto Lucia “è una questione di questi giorni, poi del voto ce ne ricorderemo in modo soft, i problemi saranno altri, come superare il test per entrare in università, dove aver preso 60 o 90 è lo stesso, cioè il voto non conta, vale chi siamo, quello che abbiamo imparato e tanta, tanta fortuna.”
“E adesso?” aveva chiesto ad un certo punto Alessandro mentre gustava il suo piatto di kebab.
“Io vado a fare le vacanze in Egitto, poi a settembre penserò all’università” aveva risposto Sara.
“Bello. C’è ancora qualcuno dei tuoi là?” aveva incalzato Alessandro e Sara aveva raccontato dei suoi nonni che abitano al Cairo e dei suoi cugini che hanno una casa proprio sul Nilo.
“Sei contenta di tornare in Egitto?” le aveva allora chiesto Alessandro, curioso di che cosa volesse dire per lei questo ritorno al suo paese di origine.
“Sì” aveva risposto con decisione Sara poi aveva aggiunto “però è sempre un’esperienza che mi lascia dentro qualcosa di strano”.
“Cioè?” Alessandro era sempre più incuriosito.
“Quando torno in Egitto i miei cugini mi considerano italiana, non hanno proprio l’idea che io sia egiziana. Così mi faccio sempre delle domande. Qui in Italia tutti mi considerano egiziana, in classe nessuno pensa che io sia italiana, eppure ho la cittadinanza. Durante l’anno non ci penso, poi quando arriva l’estate e torno in Egitto mi esplode questa cosa, e mi chiedo ‘ma io chi sono’? Sono italiana o egiziana, sono entrambe o non sono nessuna di queste nazionalità? È tutto molto strano.”
“È la stessa esperienza che faccio io” aveva allora detto Mohamed. “Io non ho la cittadinanza italiana, masono qui da quando avevo due anni, per cui praticamente sono più italiano che egiziano, però quello che dice Sara è vero, quando vado in Egitto e sto con quelli della mia famiglia mi colpisce che mi parlano come se fossi uno straniero.”
“È una bella domanda” aveva allora detto Alessandro “mi interroga tanto, perdonatemi se non siamo riusciti a farvi capire che non c’è un noi e un voi!”
“No, no!” aveva reagito Sara. “No, qui da voi al centro questa distinzione non c’è, per questo io mi trovo bene, perché posso essere me stessa, e in fondo è quello che cerco. Italiana, egiziana? Importante è potersi guardare in faccia e accogliersi come si è.”
“È vero” aveva sottolineato Alessandro, “ma questa divisione che sentite facciamola diventare un’occasione di lavoro per capire di più chi siamo e che ricchezza siamo gli uni per gli altri. Tornate a raccontarci dell’Egitto e io vi racconterò un po’ di più di me.”
“Era una cena di fine scuola, come se poi ognuno dovesse andare per la propria strada, invece abbiamo trovato qualcosa da iniziare, bello, proprio bello!” Lucia aveva voluto fissare quella proposta di Alessandro, contenta che quei rapporti che avevano costruito in cinque anni potessero continuare.
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