Audizioni al via in Senato per l'esame del decreto contenente la riforma dell'esame di maturità. Molte le cose che andrebbero cambiate
Domani, martedì 16 settembre, inizieranno le audizioni per le esame del decreto 127 sulla riforma dell’esame di maturità, che dovrà essere convertito in legge entro il prossimo 9 novembre. Sono stati invitati a partecipare alla discussione i rappresentanti di Confindustria, delle sigle sindacali, delle pubbliche amministrazioni e di alcune associazioni professionali di categoria.
La “straordinaria necessità e urgenza” – come recita il testo della disposizione legislativa – è stata suggerita dagli eclatanti episodi di rifiuto dell’orale che hanno visto protagonisti alcuni candidati della scorsa tornata d’esame. Considerando, tuttavia, che l’impostazione delle prove finali ha un significativo contraccolpo su tutta la concezione didattica e l’organizzazione del curricolo, almeno degli ultimi tre anni della secondaria di secondo grado, sarebbe auspicabile che si permetta maggior tempo perché le novità siano decantate e condivise nella pratica didattica. Il continuo rimaneggiamento della formula d’esame, a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, non ha certo favorito questo processo di stabilizzazione delle “buone pratiche”.
Non suscita certamente maggiori rassicurazioni il fatto che “sono individuate annualmente, entro il mese di gennaio, le discipline oggetto della seconda prova, nell’ambito delle materie caratterizzanti i percorsi di studio, l’eventuale disciplina di una terza prova scritta, per specifici indirizzi di studio, le discipline oggetto del colloquio d’esame, nonché le modalità organizzative relative alla conduzione del colloquio medesimo” (art. 1 comma 2 ex c. 7).
Come è possibile, infatti, attendere fino alla prima metà dell’anno scolastico la comunicazione dei criteri di conduzione del colloquio? Non erano state chiaramente definiti, fin dalla legge 425/1997, i principi che dovevano guidare l’avvio del colloquio d’esame? Con la ribadita centralità delle quattro discipline orali, nominate per decreto, che fine faranno i “nuclei tematici multidisciplinari”? Saranno ancora validi?
Vorremmo ricordare al ministro Valditara che, fin dai primi giorni di settembre, i colleghi della scuola sono all’opera per tracciare le linee generali della programmazione dipartimentale, nella quale fissare le linee essenziali per la selezione e la definizione degli argomenti da proporre agli studenti, declinate entro il mese di ottobre nella varie programmazioni dei consigli di classe. Risulta, quindi, difficile avviare l’inizio di un anno scolastico senza che siano chiare le regole del gioco.

Prendendo a prestito una metafora sportiva, l’uso della moderna tecnologia digitale associata a precisi regolamenti ha permesso di ridurre le discussioni sulla palla dentro o fuori in diverse discipline sportive. Non sarebbe necessario anche nel mondo della scuola giungere ad un risultato paragonabile?
E a che cosa farebbe riferimento, poi, la scelta di una disciplina per la conduzione di una terza prova scritta “per specifici indirizzi di studio”? Fino a qualche anno fa, un’ulteriore prova scritta, a carattere multidisciplinare, aveva come scopo proprio il rafforzamento di quelle “competenze trasversali” maturate nella sintesi delle diverse conoscenze disciplinari. In che cosa dovrebbe consistere, altrimenti, la proposta di un terzo scritto? E tra quali materie dovrebbe essere, quindi, selezionata se non in una della quattro già indicate dal ministero alla fine del mese di gennaio?
Sarebbe auspicabile, inoltre, sempre per la chiarezza delle regole del gioco, che si coordinino le competenze in uscita della scuola secondaria con quelle in entrata dell’università, per due ministeri che – caso unico in Europa – sembrano non sapersi mettere d’accordo tra loro, costringendo la maggior parte dei nostri studenti ad un incredibile tour de force per preparare le prove d’ingresso nei mesi di luglio e agosto.
Insomma, se l’urgenza di certe misure è, in un certo senso, imposta dall’evidenza dei fatti, e se per altro l’obiettivo dichiarato è quello di accertare la “maturità” dei ragazzi, quindi di rendere ancora più significativo l’esame, siamo sicuri che tempi e soluzioni proposte siano davvero in grado di far fare questo salto di qualità?
Il merito nella scuola non lo si può ottenere per decreto, ma attraverso una ragionata riforma degli insegnamenti che miri, ad esempio, a non frammentare la preparazione degli studenti in una miriade di proposte progettuali, spesso senza un reale coordinamento tra di loro, e ad una valutazione – durante l’anno e nell’esame conclusivo – che sia legata a questo lavoro e valorizzi davvero il percorso e “il merito” degli studenti.
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