SCUOLA/ Se il Pnrr va ad aiutare il centralismo, la Costituzione viene tradita

- Maria Paola Iaquinta

La sfida posta dal Pnrr all gestione della scuola consiste nel non lasciare le scuole da sole nei territori più difficili valorizzandone l'autonomia

scuola_ministero_istruzione_miur_lapresse La sede del ministero dell'Istruzione (LaPresse)

Sin dallo scorso mese di novembre le scuole italiane sono entrate nel vivo di una serie di azioni progettuali volte a migliorare gli esiti degli studenti in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza finanziato dalla Ue. Inoltre, lo scorso 22 dicembre sono state emanate dal ministero dell’Istruzione e del Merito le Linee guida per l’orientamento, in attuazione della “Riforma del sistema di orientamento”, anch’essa prevista nel Pnrr.

Non siamo di fronte ad un’organica riforma, bensì ad una serie di singoli intermiuventi che occorre armonizzare all’interno del sistema di istruzione pubblica affrontando le seguenti problematiche: dispersione scolastica, transizione digitale, orientamento scolastico e lavorativo.

In tema di dispersione, a tutt’oggi l’Italia ancora si attesta a macchia di leopardo su percentuali elevate rispetto alla media europea; il processo di transizione al digitale procede a rilento secondo i dati statistici recentemente forniti dal ministero della Funzione pubblica e le azioni di orientamento non sono ancora andate a regime. Prima di individuare quali siano gli investimenti e le azioni da realizzare, la scuola deve dunque scegliere di dar senso all’ambiente di apprendimento e cioè realizzare spazi fisici, digitali e di vita che consentano la trasmissione culturale da una generazione all’altra, secondo paradigmi educativi improntati alla personalizzazione (cfr. su questo A. Gavosto, La scuola bloccata, Laterza, 2022) e all’equità.

A tal fine, le comunità educanti debbono porsi alcune importanti domande chiave: quale dev’essere il contributo dell’adulto per stimolare dialogo sociale ed azione civica negli alunni;  quale preparazione professionale è richiesta ai docenti  per interagire con gli alunni in modo vero, sviluppando i talenti di ciascuno? E soprattutto, quanto è realmente cambiata la scuola italiana e la società tutta dal 1967, anno in cui don Lorenzo Milani scuoteva le coscienze con il libro Lettera a una professoressa, scritto assieme ai ragazzi della scuola di Barbiana?

La sfida posta dal Pnrr consiste nel non lasciare le scuole in solitudine nei territori più difficili e aprire, forzando la struttura centralista del sistema di istruzione, ad azioni di sussidiarietà per contrastare la deriva di una logica classista che mira a spingere avanti soltanto i più forti, consolidando le stratificazioni sociali.

Il risultato delle decisioni in tema di contrasto alla dispersione, di innovazione digitale e di orientamento sarà generativo se le singole scuole, nelle scelte che sono chiamate a fare, metteranno al centro le persone e dunque una realtà di scuola intesa come luogo di esperienze di bellezza e di crescita. La scuola deve poter rappresentare per i ragazzi il cuore della loro esperienza di vita. E se la scuola accetta la sfida, lo stesso dovrà fare l’intero sistema formativo integrato che la circonda (sanità, sicurezza, trasporti, ecc.) agendo e rendicontando assieme alla scuola autonoma. Si tratta dell’unica valida alternativa al pericolo del peggioramento sociale che ci attende in un futuro sempre più caratterizzato da crisi mondiali e da profonde disuguaglianze tra cittadini in contraddizione con il principio di uguaglianza sostanziale enunciato nel secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione italiana, a tutt’oggi, come ci ricordava nel 1955 Calamandrei, “polemica contro il presente”, con parole che è bello riportare: “c’è una parte della nostra Costituzione che è una polemica contro il presente, contro la società presente, perché quando l’articolo 3 vi dice ‘è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana’, riconosce con questo che questi ostacoli ci sono, di fatto, e che bisogna rimuoverli. Dà un giudizio la Costituzione, un giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale, che la Costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani; ma non è una Costituzione immobile che abbia fissato un punto fermo, è una Costituzione che apre le vie verso l’avvenire”.

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