Siamo in un’epoca post-ideologica su tanti aspetti della vita, ma su uno rischiamo di essere tutt’ora ancorati a pregiudizi ideologici, si tratta della parità scolastica. Troppo spesso confusa con la scuola privata. C’è un dato che spero aiuti a superare questo pregiudizio. Il governo, rispondendo ad un’interrogazione di Italia viva, ha fornito i dati delle ispezioni svolte nelle scuole paritarie nel triennio 2015-2018. Su 1.179 ispezioni, 39 si sono tradotte in decreti di revoca della parità scolastica. Circa il 3%. Quel percorso di ispezioni, soprattutto rivolto alle secondarie di secondo grado, fu richiesto dal Parlamento e dal sottoscritto, allora sottosegretario. Nessuno mai aveva effettuato un piano di ispezioni così.
Le ispezioni sono doverose per controllare e verificare il rispetto dei criteri che portano alla parità scolastica, ma fatemi anche dire che è doveroso capire che le paritarie sono parte integrante del sistema nazionale di istruzione. 1.179 ispezioni, accurate e in tutte le Regioni d’Italia, e 39 decreti di revoca della parità sono la dimostrazione che la stragrande maggioranza delle paritarie sono scuole pubbliche che aiutano i ragazzi in una crescita educativa.
Basta con le ideologie, si guardi la realtà.
I dati dimostrano nero su bianco che le scuole paritarie fanno veramente scuola e che queste, insieme alle scuole statali, costituiscono la seconda gamba su cui si regge il nostro sistema di istruzione nazionale.
Alla luce di questi dati come Italia viva abbiamo più volte chiesto che nel prossimo concorso straordinario per l’abilitazione siano ammessi anche gli insegnanti che hanno svolto nelle scuole paritarie i 36 mesi di insegnamento richiesti ed in questo senso condivido quanto il governo ha riferito rispondendo ad una interrogazione. Noi di Italia viva lo abbiamo sempre detto con forza: gli insegnanti delle paritarie non sono insegnanti di serie B e meritano gli stessi diritti di accesso al concorso dei loro colleghi statali, e soprattutto le scuole paritarie hanno bisogno di insegnanti abilitati.
Questo vale per i ragazzi con disabilità che frequentano le paritarie e che dal 2015 hanno un fondo, che prima non esisteva, ma ancora mancano risorse per consentire che il costo dell’insegnante di sostegno non ricada sulla scuola e sulle rette. Mi auguro infine che il prossimo percorso di formazione e tirocinio dei futuri insegnanti sia studiato tenendo conto non solo delle esigenze delle scuole statali ma anche di quello delle scuole non statali, che in fondo vogliono solo rispettare le norme che obbligano ad assumere insegnanti abilitati.
Perché, statale o non statale, tutte e due fanno lo stesso mestiere: educazione.