Il ministro Faeser annuncia scuole e giovani pronti alla guerra: un tradimento della pace mentre la Germania si riarma
In Germania, il Ministro dell’Interno Nancy Faeser ha recentemente rilasciato dichiarazioni capaci di far raggelare il sangue anche dei più imperturbabili: le scuole devono preparare i giovani alla guerra.
Non parliamo esclusivamente di una semplice misura di protezione civile, ma di un colpo alla flebile speranza che le nuove generazioni potessero vivere lontane dall’ombra dei conflitti che hanno caratterizzato la recente storia tedesca; è l’ammissione che l’infanzia può essere trasformata in anticamera del fronte, che l’innocenza può essere assoggettata alle regole della paura.
Con 500 miliardi destinati al riarmo e una base militare permanente in Lituania – la prima oltre confine dal 1945 – la Germania pare strappare con rabbia le pagine della propria memoria collettiva; quel “mai più” sussurrato tra i reticolati di Dachau, quel senso di colpa trasformato in impegno pacifista si dissolve come fumo al vento dinanzi all’incubo di una nuova guerra.
La voce impersonale e asettica della burocrazia non riesce a celare l’angoscia crescente: stiamo dicendo ai bambini che la guerra non è più una minaccia remota, un timore ormai sorpassato, ma una lezione da imparare tra i banchi, un’esercitazione da interiorizzare, un trauma da preventivare.
Come se i rifugi antiaerei ritornassero nei programmi scolastici, come se le bombe fossero già in viaggio, come se il futuro fosse stato già scritto in modo incontrovertibile in un linguaggio costituito da armi, allarmi e sacchi di sabbia, e anche se sirene non squillano ancora, nel silenzio si avverte il peso dei passi che avanzano, pesanti, metallici, antichi.
Germania tra guerra nelle scuole e giovani armati: fantasmi che riappaiono
C’è qualcosa di profondamente straziante, quasi insopportabile, nel vedere una generazione crescere con l’idea che l’allarme sicurezza sia la nuova normalità: un tempo si costruivano sogni e desideri tra i banchi di scuola, oggi si insegnano scenari di sopravvivenza.
La Bundeswehr, per anni simbolo di un esercito docile, controllato, ora si mostra armata fino ai denti: droni kamikaze, missili intelligenti, brigate corazzate che si muovono con meccanica e scrupolosa efficienza; il Ministro Faeser lo etichetta come “prevenzione”, come se si potesse proteggere un bambino privandolo della sua serenità, ma chi prepara un bambino alla guerra non solo lo sottrae dall’infanzia, ma gli infonde anche l’idea che il mondo sia un luogo buio e ostile, dove sopravvivere vale più che vivere.
La Germania, che aveva fatto del ricordo un vaccino morale contro l’orrore, sembra oggi dimenticare non per distrazione, ma per disperazione e paura, e, travolta da un cinismo lucido che non conosce remore, è pronta ad accettare l’inaccettabile.
Forse è davvero finita l’illusione di una pace lunga e duratura; un popolo disposto a preparare i suoi figli alla guerra è la chiara dimostrazione che ci stiamo progressivamente adattando all’incubo, prendendo sempre più confidenza con ciò che significa “guerra”.
