Serbia nel caos, nella notte nuovi scontri tra manifestanti e polizia nella capitale Belgrado: il presidente Vucic promette il pugno duro

Proseguono gli scontri tra manifestanti anti-Vucic e polizia che da cinque giorni a questa parte stanno imperversando in tutta la Serbia, raggiungendo – specialmente la scorsa notte – anche la capitale Belgrado, teatro di una protesta che era iniziata in modo pacifico ed è rapidamente esplosa dopo l’intervento delle forze dell’ordine in assetto antisommossa; il tutto nel completo silenzio della comunità internazionale e nell’indifferenza dello stesso presidente Vucic che promette di reagire con una dura e netta repressione.



Partendo proprio dall’ultima nottata di tensioni in Serbia, secondo i resoconti dei media locali la manifestazione – sempre condotta in larghissima parte dai movimenti studenteschi – era iniziata in alcune aree chiave della capitale: il gruppo di dissidenti, al grido di “Arrestate Vucic“, ha poi raggiunto la sede del partito del presidente – ovvero l’SNS, il Partito progressista serbo – che è stata distrutta con l’uso di alcune pietre contro le finestre; costringendo le forze dell’ordine a intervenire.



I manifestati – dopo aver incendiato alcuni cassonetti della spazzatura e aver lanciato pietre, bottiglie e lacrimogeni contro gli agenti della Serbia – sono stati spinti forzatamente fino all’area dello stadio Tasmajdan e si sono rapidamente dispersi; e mentre, fortunatamente, non si sono registrati feriti e non è chiaro quanti arresti siano stati effettivamente conclusi, sembra che oltre alla che nella capitale, situazioni analoghe si siano registrate anche in decine di altre città più o meno importanti.

Cosa succede nella Serbia logorata dalle proteste: Vucici promette il pugno duro, accusando l’occidente di alimentare le proteste

Insomma, non sembra arrestarsi l’ondata di dissenso scoppiata in Serbia ormai da diversi mesi e che negli ultimi cinque giorni è progressivamente sfociata in una diffusa violenza che sta coinvolgendo tutto il paese: l’origine delle protese è collegata al crollo di una tettoria di cemento che lo scorso novembre ha causato la morte di 16 persone, ritenuta dai movimenti studenteschi l’espressione della (presunta) corruzione del governo guidato da Vucic.



Dalle manifestazioni inizialmente pacifiche, si è passati alla vera e propria violenza dopo il tentativo di soppressione da parte delle forze dell’ordine della Serbia, accusate dai manifestanti di uso eccessivo della forza; tutto alimentato dallo stesso presidente Vucic che si è sempre rifiutato di riconoscere la legittimità delle proteste, di aprire un dialogo con i manifestanti e – soprattutto – di accettare la richiesta di dimissioni.

Aleksandar Vucic, presidente della Serbia (Foto Ansa 2025 EPA/ANDREJ CUKIC)

Non solo, perché dopo i recenti scontri che hanno interessato le maggiori città in Serbia, il presidente ha anche annunciato che nei prossimi giorni varerà una nuova legge con la quale verranno messe in campo “misure più severe”, con il timore che prima o poi i manifestanti possano “uccidere qualcuno”; tutto – peraltro – accusando una non meglio precisata entità occidentale di alimentare le proteste al fine di instaurare un governo “anarchico di sinistra”.