Perché processo d'appello per omicidio Serena Mollicone va rifatto per la Cassazione: dalle motivazioni incomprensibili alle testimonianze da rivalutare

Il processo d’appello per l’omicidio di Serena Mollicone dovrà essere celebrato nuovamente. La Cassazione ha demolito le motivazioni che hanno portato all’assoluzione della famiglia Mottola, definendole talmente contraddittorie da risultare incomprensibili. Nelle 34 pagine delle motivazioni riguardanti la sentenza di marzo, la Suprema Corte ha disposto la riapertura del processo d’appello nei confronti dell’ex comandante dei carabinieri di Arce, Franco Mottola, di sua moglie Anna Maria e del figlio Marco, questi ultimi due accusati di concorso nell’omicidio di Serena Mollicone.



Secondo i giudici di legittimità, la Corte d’appello ha fallito gravemente: si è limitata a riproporre le incongruenze già emerse nel primo grado, senza affrontarle con la necessaria profondità e ignorando le obiezioni mosse dalla procura generale. Non solo i fatti non sono stati esaminati con rigore, ma l’intero impianto motivazionale si è ridotto a un mero riepilogo delle prove, privo di un confronto sostanziale con le deduzioni delle parti.



OMICIDIO SERENA MOLLICONE, LA CASSAZIONE BACCHETTA I GIUDICI D’APPELLO

La sentenza d’appello, di fatto, si è appiattita su quella di primo grado, che già riconosceva una certa plausibilità nella ricostruzione dei fatti, ma che ha comunque giudicato insufficienti gli indizi senza fornire una spiegazione logica, né indicare se esistessero letture alternative più coerenti. Un approccio definito inaccettabile dalla Cassazione, che ha imposto un nuovo processo per ristabilire la piena trasparenza e il corretto esercizio della giustizia.

La Cassazione ha rimarcato un principio fondamentale: quello dell’assoluzione se si nutrono dubbi sulla colpevolezza. Ma questo ragionamento non può fermarsi a metà: bisogna prima valutare bene le incertezze e provare a ricostruire coerentemente i fatti; solo se permangono dubbi seri, si può procedere con l’assoluzione.



CASSAZIONE: RIVALUTARE LE TESTIMONIANZE

Oltre a chiedere una migliore valutazione delle prove, la Cassazione suggerisce di fare lo stesso con le testimonianze. A tal riguardo, potrebbe essere riconsiderata la testimonianza del brigadiere Santino Tuzi, che aveva dichiarato di aver visto Serena Mollicone in caserma. Per la Cassazione è “inspiegabile” il motivo per cui non sia stato ritenuto credibile. Inoltre, potrebbe essere ammessa la testimonianza di un altro carabiniere, Tersigni, il quale aveva ascoltato il collega Tuzi, ma senza verbalizzarne le dichiarazioni.

Nelle motivazioni si affronta anche la testimonianza di Ramon Iommi, coetaneo di Marco Mottola, a cui tagliava i capelli: ricordò che il figlio del carabiniere, all’epoca dell’omicidio, aveva i capelli con le meches, ma dopo il ritrovamento del cadavere di Serena Mollicone, prima del funerale, si fece tagliare i capelli, dicendo che glielo avevano detto i genitori.

Si tratta di un particolare importante, in quanto Carmine Belli, ingiustamente arrestato per l’omicidio, aveva riferito di aver visto la vittima litigare con un ragazzo dai capelli biondi. Quindi, la testimonianza del barbiere potrebbe rafforzare la versione sopracitata e collegare Marco Mottola alla scena descritta. Sempre in merito alla lite tra il giovane e Serena Mollicone, la Cassazione ha stabilito che si può ritenere provata, in quanto vi sono dati concreti che suggeriscono vi sia stato un conflitto forte tra i due.