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Home » Politica » SERVIZI SOCIALI/ I passi avanti e i miglioramenti possibili con il Piano 2024-26

  • Politica

SERVIZI SOCIALI/ I passi avanti e i miglioramenti possibili con il Piano 2024-26

Alessandra Servidori
Pubblicato 15 Dicembre 2024
Ansa

Ansa

Presto verrà pubblicato il Piano Nazionale degli Interventi e dei Servizi Sociali 2024-2026, che rappresenta un'occasione importante

Prossimamente verrà pubblicato il “Piano Nazionale degli Interventi e dei Servizi Sociali 2024-2026” atteso per la programmazione delle politiche in materia e che delinea le normative, i principi ispiratori e la governance del sistema sociale, basandosi su una lettura attuale del contesto socioeconomico.

Il Piano descrive gli interventi e le priorità strategiche per migliorare i servizi sociali a livello locale e nazionale e il Piano per il Contrasto alla Povertà che concentra le azioni contro la povertà estrema, con strumenti come l’Assegno di Inclusione Sociale (Adi). Ogni sezione mira a rafforzare la coesione sociale, migliorare la qualità della vita e garantire l’accesso universale ai servizi essenziali.


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Il Piano ha il pregio di presentare con chiarezza i riferimenti normativi, con richiami all’Agenda 2030 e al Pilastro Europeo dei Diritti Sociali. Principi di trasparenza, accountability e partecipazione civica. Centralità dei Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali (Leps) per garantire uguaglianza territoriale. Permangono persistenti disparità territoriali e difficoltà di integrazione tra livelli istituzionali e il rischio di eccessiva burocratizzazione nella governance multilivello.


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L’opportunità che si riscontra è nella digitalizzazione dei sistemi informativi e interoperabilità (Sioss e Pas) e nelle sinergie con Pnrr e fondi europei per il rafforzamento infrastrutturale. Nel Piano si individuano priorità trasversali come la promozione dell’integrazione tra politiche sociali, sanitarie ed educative e gli investimenti per il potenziamento dei servizi per famiglie, disabili e minori. Si registrano alcune persistenti disomogeneità nell’erogazione dei servizi a livello regionale e la sostenibilità a lungo termine dei finanziamenti. Va però evidenziato, nonostante le criticità economiche, l’aumento della spesa sociale pro capite in diverse aree geografiche e contemporaneamente il rafforzamento del ruolo degli Ambiti Territoriali Sociali (Ats) e dell’inclusione del Terzo settore.


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Sul piano di contrasto alla povertà va apprezzata l’implementazione di misure innovative come l’Adi e i Patti per l’Inclusione Sociale (Pais). Da una parte, la centralità delle reti di servizi territoriali e approccio multidimensionale devono affrontare la criticità della complessità organizzativa per attuare i Leps in territori fragili e l’ancora sovrapposizione tra competenze statali e locali. Nel contempo, l’utilizzo del Pnrr per finanziare programmi pilota e l’attivazione di interventi specifici per giovani, donne e minorenni sta implementandosi.

Dobbiamo contemplare la sostenibilità finanziaria poiché la spesa complessiva per il sociale rappresenta il 28,6% del Pil (2023), con un aumento di quasi 90 miliardi rispetto al 2019. Ciò evidenzia la problematica di fondi insufficienti per sostenere il livello minimo di servizi in alcune regioni del Sud e soprattutto la dipendenza da fondi straordinari (Pnrr e Next Generation Eu), con rischi per la sostenibilità post-2026. Ciò evidenzia lo sforzo di provvedere a maggiore integrazione tra risorse nazionali, locali ed europee e l’ottimizzazione attraverso monitoraggio e rendicontazione trasparenti.

Il Piano rappresenta un’opportunità per modernizzare e rendere più inclusivo il sistema sociale italiano. Tuttavia, per il successo a lungo termine è fondamentale: garantire una maggiore omogeneità territoriale nell’erogazione dei servizi, assicurare la sostenibilità economica anche dopo la fine dei finanziamenti straordinari, rafforzare la collaborazione tra pubblico, privato e Terzo Settore, promuovendo un welfare comunitario basato su trasparenza e partecipazione.

Peraltro c’è la consapevolezza che in questi anni l’Italia ha dovuto affrontare un doppio declino: di reddito delle famiglie e di popolazione, che nei prossimi 50 anni potrebbe calare di 4 milioni di persone. A ciò si aggiungono problemi noti: debito pubblico alto, disoccupazione giovanile, ridotti investimenti e possibilità di accesso al credito. Aumentare la spesa pubblica non è la strada per aumentare la crescita. Il problema è dal lato dell’offerta: uso inefficiente delle risorse disponibili. L’obiettivo deve essere avere più persone possibile nel mercato del lavoro e la soluzione è intervenire sul cuneo fiscale, ridurre le tasse sul lavoro, vero nodo cruciale in un Paese che sta invecchiando.

Per realizzare queste misure senza aumentare il debito pubblico è necessario ridurre gli sprechi delle amministrazioni, aumentando l’efficienza e la trasparenza dei bilanci; spostare tasse dal lavoro ad altri cespiti, ad esempio fiscalizzando i contributi sociali e previdenziali dei giovani lavoratori; aumentare la base fiscale e contributiva.

L’Italia è cambiata e la coperta è sempre più corta.

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