Un’inchiesta del New York Times ha fatto luce sulla morte della giornalista palestinese-americana Shireen Abu Akleh, uccisa durante un agguato avvenuto nel mese di maggio. Il proiettile, come rivela l’inchiesta, è stato sparato da un convoglio militare israeliano. L’indagine è stata condotta dal noto quotidiano statunitense ed è durata più di un mese. Il colpo sarebbe stato sparato da un soldato di un’unità d’élite. Una delle prove, secondo il New York Times, è che non c’erano palestinesi armati vicino alla giornalista di Al Jazeera.
Inoltre, secondo il giornale americano, questa circostanza smentirebbe le dichiarazioni dell’esercito di Israele che aveva spiegato che se fosse stato un soldato israeliano a colpire la giornalista, l’avrebbe fatto per errore. La reporter, uccisa a Jenin in Cisgiordania lo scorso 11 maggio, è stata colpita in totale da 16 colpi, come rivelano le indagini del New York Times. Secondo la versione ufficiale di Israele, invece, i colpi partiti sarebbero stati 5.
Le indagini sulla morte
L’indagine del New York Times, come spiega SkyTg24, non ha spiegato se gli assassini della giornalista fossero a conoscenza di chi stavano uccidendo. Non è infatti chiaro se il soldato che ha sparato, abbia visto sul giubbotto anti-proiettile di Shireen Abu Akleh e dei suoi colleghi la scritta “press”. Dopo la morte, il corpo della giornalista è stato sottoposto ad autopsia. Il 26 maggio scorso l’Autorità Palestinese ha dichiarato, anche in seguito all’esame forense del proiettile, che la reporter di Al Jazeera era stata uccisa da soldati israeliani.
Secondo il governo, un soldato di Israele l’avrebbe uccisa intenzionalmente. La prova, secondo i palestinesi, sarebbe il colpo subito alla testa da dietro, nonostante la giornalista indossasse un giubbotto con la scritta “press”. Israele, che invece ha condotto un’indagine parallela e ne ha chiesta una congiunta con l’autorità palestinese, non ha ancora pubblicato i risultati della propria inchiesta. Il governo palestinese ha rifiutato l’indagine congiunta.