Risale a 38 anni fa la più grave crisi diplomatica tra Usa e Italia. Nota come la crisi di Sigonella, per la base aerea presso cui scaturì, in Sicilia, fu un caso che rischiò di sfociare in uno scontro armato tra l’Aeronautica Militare e i Carabinieri da una parte, e i militari americani della Delta Force dall’altra. La vicenda riguarda il dirottamento dell’Achille Lauro, su cui è stato realizzato il documentario “1985: Allarme nel Mediterraneo” che va in onda oggi su Rai 3. Ci fu la rottura politica tra il presidente del Consiglio italiano Bettino Craxi e quello degli Stati Uniti Ronald Reagan per la sorte dei terroristi palestinesi che avevano sequestrato e dirottato la nave da crociera italiana Achille Lauro, uccidendo un passeggero statunitense. Craxi si oppose all’intervento Usa, chiedendo il rispetto del diritto internazionale.
Quindi, la Vigilanza Aeronautica Militare (VAM) e i carabinieri di stanza all’aeroporto si schierarono a difesa dell‘aereo Boeing 737 egiziano che si era alzato in volo per portare a Tunisi i membri del commando di dirottatori, alla luce degli accordi raggiunti, cioè salvacondotto per i dirottatori e la possibilità di essere trasportato in un altro Stato arabo. Ma mentre era in volo, alcuni caccia Usa lo intercettarono e lo costrinsero a dirigersi verso la base aerea di Sigonella, in Italia, dove fu autorizzato ad atterrare dopo la mezzanotte. La Delta Force statunitense giunse nella base aerea di Sigonella con due C-141, poi sopraggiunge un altro gruppo di carabinieri, fatti arrivare da Catania dal comandante generale Riccardo Bisogniero.
CRISI SIGONELLA, LE TENSIONI DIPLOMATICHE TRA ITALIA E USA
La questione centrale era Abu Abbas, uno dei due negoziatori proposti da Arafat che per gli americani erano coinvolti nella vicenda del sequestro e dirottamento dell’Achille Lauro. Il governo italiano sembrò disposto a rischiare lo scontro armato con gli Usa pur di proteggerlo. Ma Craxi spiegò che la giustizia italiana avrebbe processato i sequestratori, chiarendo che non era possibile indagare su persone ospiti del governo egiziano a bordo di quel Boeing, visto che era protetto con l’extraterritorialità. Quindi, i terroristi furono presi in consegna dalla polizia e condotti nel carcere di Siracusa, per poi essere condannati e scontare la pena in Italia.
Ma quella fu una giornata di intense trattative diplomatiche e tensioni che rischiarono di esplodere dopo la partenza del Boeing 737 verso l’aeroporto di Ciampino. Il governo italiano dispose, infatti, lo spostamento per consentire ulteriori accertamenti, in particolare per verificare «il coinvolgimento dei due dirigenti palestinesi nella vicenda». Ma quando l’aereo si alzò in volo, insieme ad un velivolo del SISMI e a una piccola scorta di quattro F-104S, un F-14 Usa decollò proprio dalla base di Sigonella senza alcuna autorizzazione e senza comunicare il piano di volo, per rompere la formazione di aerei, sostenendo di voler prendere in consegna quello con Abbas a bordo. Ma fu respinto proprio dagli F-104 di scorta.
SIGONELLA, L’ULTIMATUM E LA SVOLTA CON LE INTERCETTAZIONI
Mentre gli aerei atterravano a Ciampino, un altro aereo Usa finse un guasto, ottenendo così l’autorizzazione per un atterraggio di emergenza. Ma si posizionò sulla pista proprio davanti all’aereo egiziano, per impedirne un’eventuale ripartenza. Il velivolo americano ebbe allora l’ultimatum di cinque minuti per liberare la pista, altrimenti sarebbe stato spinto fuori pista. Dopo tre minuti, il caccia Usa decollò di nuovo, ma montarono le proteste del governo con l’ambasciatore Usa. In virtù degli accordi di estradizione con l’Italia, gli Stati Uniti tornarono alla carica per la consegna di Abu Abbas, senza però fornire prove del reale coinvolgimento del negoziatore nel dirottamento, motivo per il quale i legali del ministero della Giustizia ed esperti di diritto internazionale consultati dal governo giudicarono non valide le richieste americane. Pertanto, il Boeing egiziano fu trasferito a Fiumicino, dove Abbas e l’altro mediatore salirono su un altro volo la cui partenza fu però ritardata.
In questo modo, infatti, l’Italia ebbe il tempo di fare delle verifiche. Grazie alle informazioni raccolte dai servizi segreti israeliani, si ottennero alcuni stralci di intercettazioni che potevano legare Abu Abbas al dirottamento. Alcuni giorni dopo la CIA inviò i testi completi che provavano con certezza le responsabilità di Abbas, che venne processato e condannato all’ergastolo in contumacia. Stando alle dichiarazioni rese da uno dei terroristi, Omar Ahmad, il piano originario era di portare l’Achille Lauro in un porto militare israeliano, sparare ai soldati presenti e scappare in Libia, ma le cose andarono diversamente proprio per Abbas. I ministri Spadolini, Mammì e Visentini si dimisero in segno di protesta contro Craxi, causando una crisi di governo che rientrò. Così come quella diplomatica con gli Usa.