Simonetta Cesaroni, uccisa il 7 agosto del 1990, potrebbe a breve trovare la verità: disposte nuove indagini approfondite su dna e alibi
Il giallo di Simonetta Cesaroni, il delitto di via Poma – uno dei cold case più misteriosi della storia recente del nostro Paese – potrebbe clamorosamente riaprirsi. I carabinieri del nucleo investigativo di Roma si stanno concentrando sul dna grazie ad una nuova perizia che potrebbe permettere di individuare il killer della povera Simonetta a quasi 35 anni esatti. Era infatti il 7 agosto del 1990 quando la 20enne veniva ammazzata brutalmente con ben 29 diverse coltellate negli uffici di via Poma, dove la stessa lavorava come contabile.
Se quel delitto fosse avvenuto nel 2025 molto probabilmente si sarebbe potuto risolvere in tempi brevi grazie ad eventuali telecamere e ai dati degli smartphone, ma il 1990 era un’epoca completamente diversa dal punto di vista tecnologica e alla fine il killer è riuscito a farla franca per più di tre decadi. Ancora una volta – un po’ come sta avvenendo con Garlasco – sono le nuove tecnologie che potranno dare le risposte che gli inquirenti cercano da anni e una grossa mano in tal senso è arrivata dalla giudice per le indagini preliminari Giulia Arcieri, che aveva deciso di non accogliere la richiesta di archiviazione sul giallo di via Poma, imponendo invece nuove indagini ancora più approfondite alla Procura, rianalizzando tutti i vari reperti e gli indizi emersi in questi 35 anni.
Secondo quanto riferisce il magistrato, il delitto di Simonetta Cesaroni è rimasto impunito in quanto negli uffici dove lavorava la vittima vi erano dei documenti dei servizi segreti che non dovevano diventare di dominio pubblico, o per lo meno, di finire nelle mani di pubblici ministeri e investigatori, non si sa bene per quale motivo.
SIMONETTA CESARONI, TRA NUOVE INDAGINI SCIENTIFICHE E TRADIZIONALI
Obiettivo, quindi, collocare un profilo genetico sulla scena del crimine che possa far finalmente emergere la verità ed è per questo che i carabinieri stanno ripassando tutti quei reperti che tra l’altro erano dati anche per dispersi, come ad esempio i vestiti di Simonetta Cesaroni quando venne uccisa. Fra le analisi anche il telefono dell’ufficio, ma anche i tasselli della porta dello stesso. Le tecnologie moderne riusciranno quindi a dare un volto al killer?
Di pari passo proseguiranno le indagini tradizionali, di conseguenza i carabinieri stanno già vagliando gli alibi delle varie persone che potrebbero essere coinvolte nell’omicidio di Simonetta Cesaroni, fra cui ad esempio i colleghi e datori di lavoro della povera ragazza, ricordiamo, all’epoca dei fatti solo 20enne. Da segnalare che il giudice per le indagini preliminari ha disposto anche la richiesta di ascoltare Sergio Costa, all’epoca dei fatti agente dei servizi segreti e responsabile del 113, nonché Carmine Belfiore, ex questore di Roma.

SIMONETTA CESARONI, LE PISTE ALTERNATIVE DA VAGLIARE
Fra i fatti che gli inquirenti vorranno rianalizzare anche le piste alternative sempre collegate all’omicidio di via Poma, come ad esempio un furto che avvenne in un caveau di piazzale Clodio, risalente però a 9 anni dopo, al 1999, e per cui fu condannato anche Massimo Carminati. C’è poi la pista dell’avvocato Francesco Caracciolo di Sanro, che abitava vicino a via Poma. Si tratta di un personaggio mai indagato e mai coinvolto (è già purtroppo deceduto) ma secondo quanto spiegava la Digos nel 1992 ci sarebbero state delle molestie reiterate nei confronti di alcune ragazze, che non sono comunque mai state denunciate.
Infine si cercherà di capire se vi fossero degli appartamenti dei servizi segreti nel condominio di via Poma e infine la pista che porta a Pietrino Vanacaro, morto suicida nel 2010: era il portiere del palazzo e fu anche il primo sospettato dell’omicidio di Simonetta Cesaroni. Sono quindi tanti gli aspetti che dovranno essere approfonditi una mole di lavoro ingente che speriamo possa permettere di arrivare, dopo 35 anni, alla verità.
