Sondaggio Ipsos Europals impietoso con la Commissione Von der Leyen: è lontana dalla vita della gente. La UE come idea, però, resiste ancora
Sulla Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen il giudizio impietoso della gente. Un recente sondaggio Ipsos Europals, condotto in sei Paesi, fotografa un’istituzione che raccoglie più critiche che consensi: appena il 23% dei cittadini intervistati le riconosce un giudizio positivo, mentre prevalgono freddezza e scetticismo. I dati sorprendono anche per il volto inatteso della critica: giovani e millennials, tradizionalmente europeisti, sono oggi i più severi, con appena il 17% di approvazioni. L’Unione nel suo insieme resta però sostenuta, specie in Italia e Spagna, dove la maggioranza si dichiara favorevole, anche se profondamente insoddisfatta della gestione.
“È un momento cruciale – avverte Enzo Risso, direttore scientifico di Ipsos e docente di teoria e analisi delle audience all’Università La Sapienza di Roma –. Se Bruxelles non saprà allinearsi ai bisogni sociali ed economici dei cittadini, rischia di perdere il suo capitale più prezioso, quello della fiducia”.
Che opinione ha la gente della Commissione europea?
La Commissione appare opaca, non riesce a trasmettere un’immagine nitida di sé. La gente non vede benefici tangibili nelle proprie vite e così la percezione diventa sfocata, nebulosa. È un problema che va oltre la politica: sociologicamente lo chiameremmo deficit di legittimazione sociale.
In altre parole, la Commissione oggi appare distante dai cittadini. È così?
Esatto. I nostri dati mostrano che solo il 23% degli europei promuove l’attuale Commissione. La maggioranza relativa, il 36%, esprime giudizi negativi. Poi c’è un 27% che resta indifferente e un ulteriore 13% che non risponde. Sommando questi numeri, vediamo che il consenso attivo è minoritario.
Ma l’Unione Europea in quanto tale continua a essere sostenuta dalla gran parte dei cittadini?
È una delle sorprese più forti del sondaggio. In Paesi come l’Italia, il 68% dei cittadini è favorevole all’Unione, ma quasi 6 su 10 di questi giudicano insoddisfacente il suo funzionamento. È un paradosso: si crede nel progetto, ma non nella sua gestione attuale. La stessa cosa accade in Spagna, con un 75% di favorevoli ma oltre la metà critici. Questo disallineamento ci dice che l’Unione, come idea, tiene; la Commissione, come governo, convince molto meno.
Ci sono differenze significative tra i Paesi?
Sì, e anche molto marcate. La Svezia è il Paese più favorevole: lì il 49% giudica positivamente la Commissione e il 78% si dice europeista convinto. All’opposto troviamo la Francia: solo il 13% approva l’attuale Commissione, mentre il 41% la boccia. L’Italia si colloca un po’ sotto la media con il 22% di positivi e il 37% di negativi. La Spagna è simile. La Polonia è spaccata: 34% positivi, 40% negativi. E in Croazia prevale l’indifferenza, con il 37% che non prende posizione.
Un dato colpisce più di altri: la generazione Z e i millennials sono i più critici. Come si spiega?

Sì, è forse l’elemento più controintuitivo. Parliamo dei segmenti anagrafici tradizionalmente più europeisti, eppure oggi solo il 17% dei giovani tra 18 e 40 anni promuove la Commissione. Per loro l’Europa non è riuscita a incarnare un progetto di futuro, non ha offerto risposte su lavoro, equità, ambiente. Questa frattura generazionale è un campanello d’allarme molto serio.
Anche le differenze di genere sono sorprendenti, giusto?
Sì. Le donne mostrano un atteggiamento meno severo: solo il 29% boccia la Commissione, contro il 44% degli uomini. È come se ci fosse una diversa sensibilità, forse legata al tipo di priorità percepite.
Quali sono, appunto, le priorità che i cittadini vorrebbero vedere al centro dell’agenda europea?
Il primo tema, senza alcun dubbio, è la crescita economica e l’innovazione: il 60% degli europei chiede investimenti lì. Subito dopo viene la difesa della democrazia e dello stato di diritto, al 56%. Poi ci sono sicurezza e difesa militare, che interessano il 40%, ma non sono in cima. Seguono ambiente, equità sociale, protezione della natura. Sono priorità chiare: la gente non chiede armi, chiede opportunità, giustizia, sostenibilità.
Il disallineamento tra élite e cittadini come si manifesta?
Le élites politiche europee negli ultimi anni hanno messo molta enfasi sul riarmo e sulla sicurezza militare, mentre l’opinione pubblica ha altre priorità. Questo divario rischia di alimentare ulteriore sfiducia. Non è solo un problema di consenso politico: è una frattura di senso, di rilevanza.
Quindi la vera sfida per Bruxelles non è solo politica?
Esatto. La sfida non è semplicemente raccogliere più voti alle elezioni o avere un’immagine migliore. È riconquistare rilevanza nell’immaginario collettivo. Oggi i cittadini non percepiscono la Commissione come un soggetto che porta benefici concreti. Se questo non cambia, anche il sostegno all’Unione rischia di erodersi nel tempo, soprattutto tra i giovani.
In altre parole, la Commissione deve tornare a sembrare utile?
Proprio così. Deve mostrare che l’Europa non è solo trattati, bilanci o summit, ma un attore capace di migliorare la vita quotidiana. Se la gente non lo sente, se non vede un futuro in questa istituzione, allora la fiducia si logora. E quando la fiducia viene meno, non bastano slogan per ricostruirla.
(Max Ferrario)
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