Sondaggi UK: Labour e Reform pari al 26%. Farage trionfa nelle locali, Tory crollano. Starmer in crisi, il Paese cerca una nuova identità
I sondaggi politici nel Regno Unito ci forniscono uno scenario a dir poco inedito: Labour e Reform UK sono appaiati in testa al 26%, mentre i Conservatori arrancano al 22%, secondo l’ultima rilevazione di Survation; sondaggi che che riflettono perfettamente l’inatteso successo elettorale di Nigel Farage – leader di Reform – nelle elezioni locali, dove il partito – erede dell’euroscettico UKIP – è riuscito a strappare seggi storici al Labour nel cosiddetto “muro rosso” del Nord Inghilterra, una zona considerata – fino a pochi anni fa – la spina dorsale della sinistra.
A Runcorn and Helsby – collegio considerato inespugnabile per i conservatori dal 1997 – la candidata Sarah Pochin di Reform ha vinto con soli 6 voti di margine, simbolo di un’onda populista che fa da eco all’ascesa di Trump negli Stati Uniti e mette in crisi l’establishment politico tradizionale, inoltre, il crollo dei Tory – ridotti ai minimi storici dal ritorno al governo di Keir Starmer nel 2024 – rappresenta l’altra faccia della crisi in corso: Kemi Badenoch, attuale leader dei Conservatori, non è riuscita a ricostruire un ponte con l’elettorato euroscettico, ormai attratto dalla retorica aggressiva e senza compromessi di Farage, incentrata su immigrazione, identità e costo della vita.
Nel frattempo, i Liberal Democratici si attestano al 12%, i Verdi restano marginali al 7%, mentre lo Scottish National Party – fermo al 3% – perde slancio dopo l’ennesima sconfitta nel referendum per l’indipendenza; uno scenario frammentato e incerto, in cui Reform riesce a sfruttare a suo vantaggio il malcontento diffuso verso le politiche economiche del governo, con Starmer accusato di aver tradito le promesse su energia e welfare.
Sondaggi: il Regno Unito tra populismo e sfiducia
Farage dopo il trionfo nelle amministrative dichiara come il panorama politico stia cambiando per sempre con toni da leader d’opposizione, l’ex volto della Brexit si presenta ora come alternativa credibile al vecchio duopolio, decisa a spodestare i Tory dal ruolo di riferimento della destra britannica e la strategia è lineare quanto efficace: sfruttare la rabbia popolare per l’aumento delle tasse, l’immigrazione fuori controllo e la percezione di un sistema politico autoreferenziale, sempre più distante dalle esigenze della classe media inglese, uno schema già visto nel 2016, ma che oggi conosce un’accelerazione inedita.
Reform controlla ormai dieci consigli locali, contro zero nel 2024; ha conquistato il sindaco di Greater Lincolnshire, Andrea Jenkyns – ex conservatrice passata nelle file celesti – e avanza anche nei sobborghi metropolitani, un tempo fortemente progressisti ma Starmer, dal canto suo, tenta di contenere il tracollo minimizzando i risultati e promettendo una “nuova fase” di governo ma le parole non bastano, soprattutto se non accompagnate da una visione chiara su come conciliare austerità e sostegno alle famiglie.
Il Labour – tornato al potere dopo 14 anni di opposizione – soffre di una debolezza strutturale: fatica a differenziarsi dai Conservatori su temi considerati essenziali come la difesa, la sicurezza e la gestione delle frontiere, tutti argomenti su cui Farage continua a guadagnare consensi trasversali, anche tra gli elettori storici della sinistra. Intanto, i Tory di Badenoch sembrano destinati a un ruolo sempre più marginale, compressi tra il populismo anti-establishment e il centrismo tecnocratico, incapaci di ritrovare una propria identità dopo l’era Johnson, appaiono oggi come i veri sconfitti di questa stagione politica.
