In molti (in “Occidente”) temono la guerra di Trump. Come se alla Casa Bianca non ci fosse qualcuno che ha superato ogni “linea rossa” ormai da tempo
Ieri un generale russo al vertice della difesa nucleare è rimasto ucciso a Mosca in un attentato subito rivendicato dai servizi di sicurezza ucraini. Un’azione militare che nelle modalità ha ricordato quella – di stampo terroristico – che l’intelligence israeliana ha utilizzato qualche settimana fa per neutralizzare a distanza centinaia di combattenti di Hezbollah in Libano (a Mosca in luogo di cellulari esplosivi è stato usato un monopattino).
È avvenuto poche ore dopo che il presidente Usa eletto – Donald Trump – ha prospettato un suo intervento presso il leader russo Vladimir Putin e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky per “far cessare la carneficina” (forse promuovendo inizialmente una “tregua di Natale”). Eppure i grandi media americani – per larga parte vicini ai dem – continuano a essere visibilmente infastiditi: lamentano che Trump si stia occupando in modo improprio della crisi geopolitica in Ucraina e in Israele mentre il presidente uscente Joe Biden è in carica fino al 21 gennaio.
In concreto: rimangono sul fronte ucraino e restano trincerati sulla decisione di Biden – successiva alla vittoria di Trump alle presidenziali – di superare la linea rossa dell’autorizzazione a Kiev dell’utilizzo dei missili a lungo raggio in territorio russo, formalmente per rafforzare la “difesa” di Kiev. Ma in Medio Oriente non è andata diversamente: il governo di Benjamin Netanyahu ha potuto ignorare senza la minima conseguenza l’ultimatum finale di Biden sulla sospensione delle forniture militari in caso di mancato cessate il fuoco a Gaza. Un passaggio che ha solo accentuato interrogativi ormai datati: chi sta decidendo – da molti mesi, forse da anni – alla Casa Bianca?
Chi ha deciso per la guerra o per la pace tre anni fa e poi ogni giorno da allora, in Ucraina come in Medio Oriente? Chi e come ha deciso, finanziato, controllato gli ingenti aiuti a un Paese descritto come una democrazia occidentale, ma in realtà un’oligarchia non troppo diversa da quella russa? Chi vorrebbe oggi continuare il più possibile quella guerra, insistendo sullo sviluppo dei droni e ritardando la ricostruzione, meglio se più costosa?
Chi ha lasciato che Israele – una potenza nucleare – potesse dimostrare al mondo che può uccidere in un istante migliaia di persone anche senza bomba, oggi a Beirut, domani chissà dove? Chi ha lasciato che – a Gaza, in Libano, in Siria – si affermasse il principio che una democrazia occidentale può negarsi per decenni a ogni sforzo di pace e infine “difendersi” al prezzo di decine di migliaia di morti civili, di milioni di profughi, della distruzione a tappeto di un’entità assimilabile a uno stato-nazione?
È in questo clima – con Biden ancora nel pieno dei suoi poteri – che il New York Times ha aperto ieri un dibattito sul “potere del presidente di iniziare una guerra nucleare”. Perché il dito sul grilletto che spaventa i dem assortiti di tutto l’Occidente è solo quello di Trump (e solo fra un mese)? Di come Biden ha usato il suo negli ultimi quattro anni (se la mano è stata davvero la sua) “si occuperanno gli storici”.
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