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Home » Energia e ambiente » SPILLO UE/ I “dazi” sul gas svelano la falsa solidarietà europea

  • Energia e ambiente
  • Economia UE
  • Economia e Finanza

SPILLO UE/ I “dazi” sul gas svelano la falsa solidarietà europea

Paolo Annoni
Pubblicato 16 Dicembre 2023
price cap

Impianto di stoccaggio del gas (LaPresse)

L'Arera propone di adottare anche in Italia una tassa sul gas esportato applicata in Germania: la solidarietà europea è solo di facciata

Questa settimana Arera, l’Autorità di regolazione per energia reti e Ambiente, ha pubblicato un documento di consultazione interessante. Il documento prende le mosse da un’oscura e poco pubblicizzata decisione con cui il Governo tedesco ha deciso di imporre una tassa, una “neutrality charge”, da applicare ai punti di interconnessione con l’estero della rete gas nazionale. La neutrality charge è lievitata e da 0,59 €/MWh, per il periodo 1 ottobre 2022-30 giugno 2023, passerà dal primo gennaio a 1,86 €/MWh. La tassa viene pagata dai Paesi che comprano gas che arriva dalla Germania e ha già impattato significativamente i flussi fisici di gas tra la Germania e l’Austria e la Germania e la Repubblica Ceca che ricevono gas dalla rete tedesca. Alcuni Paesi europei avrebbero già interpellato la Commissione europea. Infatti, la tassa, impattando i prezzi del gas, rischia di spostare al rialzo anche i prezzi dell’elettricità dei sistemi che importano gas tramite la Germania. Berlino non ha giacimenti di gas/a>, ma è un punto nodale del network europeo.


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La tassa, spiega l’Arera, è “stata giustificata dal regolatore tedesco con l’argomentazione che il gas stoccato in Germania attraverso le misure emergenziali viene poi reso disponibile liberamente sul mercato ed è pertanto esportabile verso altri sistemi esteri, recando un beneficio europeo generale in termini di maggiore sicurezza degli approvvigionamenti”. In sostanza, secondo i tedeschi, la tassa finanzia gli incentivi a riempire gli stoccaggi di Berlino e quindi ha un impatto positivo, anche se indiretto, su tutto il sistema europeo.


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Passiamo ora al documento dell’ente regolatore italiano su una possibile introduzione di una tassa speculare da parte dell’Italia. L’Arera spiega di aver scelto di non coprire i costi dello stoccaggio presso i punti di interconnessione con l’estero, come la Germania, con una tassa pagata dagli importatori, “nella convinzione che un aumento dei costi di trasporto transfrontalieri potesse avere effetti distorsivi e non essere conforme allo spirito di solidarietà richiesto a livello europeo nonché alle norme relative al buon funzionamento del mercato interno del gas”. In queste poche righe Arera sembra svelare il senso della tassa tedesca che nei fatti è un grande disincentivo a fare uscire dal Paese, verso altri membri dell’unione, il gas che arriva in Germania. Oggi, complice il secondo inverno mite di fila, ciò non implica enormi distorsioni se non per alcuni Paesi, Austria e Repubblica Ceca su tutti, che comunque hanno alternative. L’alternativa dell’Austria, per esempio, è l’Italia. L’anomalia degli ultimi due inverni, particolarmente miti, non è un’assicurazione sulla vita come ha ricordato, Markus Krebber, amministratore delegato di Rwe, uno dei principali gruppi energetici tedeschi, sul Financial Times il 4 dicembre. Secondo Krebber, “l’Europa è ancora vulnerabile a shock sull’offerta di gas” e il sistema europeo “non ha margini o cuscinetti”.


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Torniamo all’Arera. Nel documento l’autorità propone una neutrality charge, una tassa, da applicare ai punti di interconnessione con l’estero; nei fatti una tassa sulle esportazioni di gas dall’Italia per allocare “i costi legati all’implementazione del servizio di riempimento degli stoccaggi di ultima istanza”. La proposta forse è una minaccia che solleva la questione perché dopo la decisione tedesca altri Paesi europei hanno deciso di valutare tasse simili.

Dire gas in Europa, dopo le sanzioni contro la Russia, vuol dire andare molto oltre la competitività dei sistemi. La competitività economica è certamente toccata dal gas, ma la questione trascende l’economia perché una crisi energetica seria imporrebbe scelte dolorose per le imprese e le famiglie e metterebbe a rischio, oltre all’economia, la tenuta sociale. I sistemi in Europa che hanno modo di resistere meglio, tutto o quasi sono disposti a compiere, in caso di crisi energetica, pur di non compromettere la stabilità interna, economica e sociale.

Così, mentre si discute della grande unità europea presente e di quella ancora maggiore futura, negli interessi vitali l’Europa cede al passo a dazi e limiti all’export. Oggi l’Europa si gode il secondo, finora, inverno mite di fila e una relativa calma sui mercati globali del gas, ma al fondo valgono le considerazioni di Klebber sulla fragilità strutturale del continente contro cui ci si tutela già adesso singolarmente. Qualsiasi aumento della volatilità sui mercati energetici ha come effetto nuove spinte centrifughe dentro l’Ue contrariamente a quanto sembra in superfice.

Questo sarebbe un monito anche per l’approccio europeo alla transizione “green”.

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