Ieri Mps ha presentato una semestrale con un utile netto in forte crescita. E va avanti l'Ops su Mediobanca
Piazza Affari ieri ha tributato al titolo Mps una ottima performance fra il +3 e il +4 per cento durante l’intera seduta: caratterizzata invece da una stasi dell’indice, legata alle incertezze degli scenari macro. La reazione è stata dunque lineare e piena alla comunicazione dei dati semestrali, approvati l’altra sera dal cda presieduto da Nicola Maione.
A esso il Ceo Luigi Lovaglio ha presentato un bilancio intermedio caratterizzato da una crescita effettiva dell’utile netto (+21,4%): oltre le stime e pur previsto in calo contabile rispetto a un anno fa, quando però il risultato era stato spinto da non trascurabili componenti straordinarie. Tutti gli indicatori della semestrale appaiono in miglioramento: da quelli gestionali (anzitutto la diversificazione dei ricavi finanziari e di servizio) alla qualità del credito ai numeri attinenti la solidità patrimoniale.
La carta d’identità con cui Rocca Salimbeni si è presentata sul mercato con l’Ops su Mediobanca appare quindi intatta e semmai tirata a lucido: e questo al virtuale giro di boa del periodo d’offerta, che si concluderà l’8 settembre. Montepaschi ha quindi potuto confermare senza esitazioni l’obiettivo dell’operazione condotta e voluta, in primis, dal “regista” Nicola Maione: “creare una nuova forza competitiva – tra i leader del settore bancario; creare valore sostenibile per tutti gli stakeholder, con una chiara e solida remunerazione per gli azionisti”.

È una postura che ha convinto in particolare un grande azionista di Siena: Banco Bpm, che nell’autunno scorso ha rilevato il 9% dal collocamento privatizzatorio del Mef, cui hanno preso parte anche i gruppi Caltagirone e Delfin. Banco ha presentato la sua semestrale giusto ieri e il Ceo Giuseppe Castagna ha sottolineato come “Mps segni la via” del consolidamento bancario nel sistema-Paese. Che sembra quindi già dispiegarsi in orizzonti successivi al successo dell’iniziativa del Monte su Mediobanca-Generali.
Il mercato al momento non sembra nutrire riserve del buon esito dell’offerta: per quanto osservi gli sviluppi dei tentativi frenetici di autodifesa del management Mediobanca. Dopo l’abbandono del residuo patto di sindacato di piazzetta Cuccia da parte di Mediolanum, il Ceo Alberto Nagel sta verificando l’estrema possibilità di realizzare un’operazione difensiva annunciata lo scorso maggio e imperniata su un’offerta di scambio su Banca Generali, controllata della compagnia triestina nel segmento del wealth management.
L’offerta si era subito incagliata sulle porte dell’assemblea straordinaria Mediobanca: all’ultimo congelata da Nagel, costretto a una manifestazione di evidente debolezza dall’alta probabilità di non mancare la maggioranza. Ora – nel cuore di agosto – sarebbero riprese consultazioni fra Mediobanca e il vertice delle Generali per sciogliere i nodi prospettici della partnership strategica se e quando potesse essere rilanciata l’Ops su Banca Generali.
Un passo giudicato fin dal primo istante anomalo, visto il ruolo di azionista-pivot mantenuto da Mediobanca nel Leone. Nel cui azionariato, però, Caltagirone e Delfin sono assieme più forti: essendo già, fra l’altro, i titolari di un pacchetto-zoccolo Mediobanca (25%) che fra un mese sarà di proprietà di Mps. Ma prevedibilmente molto più consistente.
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