Per trovare la notizia sui media cosiddetti mainstream, domenica occorreva la lente d’ingrandimento. E un supplemento di pazienza. Mentre Maurizio Landini e suoi amici di Cisl e Uil giocavano a fare i partigiani in piazza San Giovanni, al Mise falliva la trattativa sullo stabilimento Whirlpool di Napoli. Da ieri, 321 lavoratori con relative famiglie, mutui e bollette da pagare, consumi da far giocoforza contrarre e oneri bancari da non trasformare in sofferenze, saranno a piedi. Anzi, dal 22 ottobre. Data quest’ultima che rappresenta la deadline di congelamento dei licenziamenti, in attesa dell’ultimo tentativo di mediazione previsto per oggi.
Speranze? Non troppe. Almeno stando alle parole di Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico: «Purtroppo le cose non sono andate come volevamo e da parte di Whirlpool abbiamo registrato una rigidità inamovibile». Sta tutto qui il senso di una realtà capovolta che questo Paese in preda alle ossessioni elettorali da ballottaggio non vuole comprendere, intenti come siamo a pattinarci l’ego di un Pil al 6% che fra non molto mostrerà crepe e traiettorie di sgonfiamento cinesi.
Davanti a noi non ci sono le praterie serene su cui lanciare i cavalli al galoppo, grazie ai miliardi del Recovery Fund e al taumaturgico tocco del Pnrr. Non fosse altro per una questione che svela ulteriormente gli altarini dell’ipocrisia imperante: l’ultimo Consiglio dei ministri si è spaccato sul rifinanziamento del Reddito di cittadinanza, stante la necessità di trovare le coperture per il 2022. Al netto di come la si pensi al riguardo, a conti fatti si tratta di 800 milioni. Non 8 miliardi. Eppure, l’Europa non ci aveva regalato 209 miliardi? Non si riesce a farne saltare fuori meno di 1, a fronte anche soltanto del caro-energia che sta già mordendo il potere d’acquisto delle famiglie? A quanto pare, no. E non per scelta di impostazione politica o per critica del metodo, bensì perché i pasti gratis non esistono.
E se la realtà di bilancio comincia a svelare tutta la panna montata che si è utilizzata nei mesi finali del Governo Conte-2 come topping di una narrativa trionfalistica degna di miglior causa, fra poco potrebbe essere la non transitorietà dell’inflazione creata da oltre 30 miliardi di stamperia globale messa in campo come risposta al Covid a reclamare il conto. Guardate questo grafico, il quale ci mostra come la Spagna sia il canarino nella miniera della crisi energetica che sta per attanagliare l’Europa alle porte dell’inverno.
Con il 75% della sua energia importata, Madrid ha infatti visto salire il costo della sua bolletta dell’11% ad agosto. E attenzione, perché se la linea lilla nel grafico mostra appunto l’impennata iberica, quella arancione riguarda il nostro Paese, mentre quella bianca la media europea. Siamo ben al di sopra anche noi. Già ora. Costi che gli operai della Whirlpool dovranno pagare e che, a occhio e croce, li tengono svegli la notte più della presenza al mondo di Forza Nuova.
Qualcuno lo dica ai sindacati, però. I quali si sono voluti regalare un pomeriggio da romanzo di Beppe Fenoglio, fra bandiere rosse e Bella ciao, garantendo al contempo ai candidati di centrosinistra ai ballottaggi un salutare bagno mediatico-elettorale in pieno sabato di silenzio pre-voto. Sui giornali si sono scomodati paragoni pesanti, ad esempio evocando il palco di Enrico Berlinguer ed è stato tolto dalla naftalina tutto l’armamentario delle occasioni che contano: sono tornate le tute blu, la classe operaia, la rivendicazione salariale. Sembrava una brutta e un po’ patetica rivisitazione di un film con Gian Maria Volontè, Lulù Massa ai tempi dei social network. Oltre, ovviamente, alla lotta contro tutti i fascismi.
Insomma, è andato in scena un sabato da anni Settanta ma con la scenografia d Maria De Filippi. Tutt’intorno, però, la realtà. Quella della Whirlpool. O delle altre 72 crisi aziendali giacenti sui tavoli di trattativa dei ministeri di Lavoro e Sviluppo economico. O quella di altri due morti sul lavoro proprio nella giornata di sabato, ormai protagonisti di una quotidiana contabilità funebre da Paese in via di sviluppo. O da costruzione delle Piramidi, stante il perdurare di condizioni di lavoro che sia sindacati che Confindustria paiono non vedere come prioritarie nella loro necessità di contrasto in alcuni comparti dell’economia italiana. D’altronde, occorre contrastare il fascismo, una cosa alla volta. E tenere le telecamere bene accese sul porto di Trieste, epicentro di un allarme mediatico che pare costruito a tavolino. Ma è anche la realtà denunciata da Tom Horter, Presidente della Matalco Inc.
Di cosa si tratta? Dell’azienda leader nella produzione di billette di alluminio, fondamentali per settori come automotive e delle costruzioni. Praticamente, carne e sangue dell’economia reale. E cos’ha scritto in una lettera al Consiglio di amministrazione, ottenuta e rilanciata da S&P Global, il nostro signor Horter? «Nelle ultime settimane, la disponibilità di magnesio sul mercato si è prosciugata e non siamo stati in grado di approvvigionarci per le necessità produttive relative al 2022. La finalità di questa mia nota è quella di un allarme preventivo riguardo al fatto che, se la scarsità dovesse proseguire o peggiorare, Matalco potrebbe essere costretta a ridurre e limitare la produzione per l’anno prossimo, impattando negativamente sulle necessità dei nostri clienti». E per quanto la disponibilità di billette di alluminio sul mercato sia argomento decisamente meno elegante ed engagé dell’antifascismo nelle discussioni di piazza o salotto, il mondo reale gira attorno a loro e non ai no pasaran fuori tempo massimo di piazza San Giovanni. E chi dice di rappresentare e difendere i diritti dei lavoratori, mostrando in favore di telecamere le tute blu accorse al comizio, dovrebbe saperlo meglio di tutti.
Il tutto, poi, mentre lo zinco a Londra ha toccato il prezzo massimo dal 2007, come mostra il grafico, dopo che il leader di settore Nyrstar – a sua volta – ha già annunciato il dimezzamento della produzione in tre dei suoi stabilimenti europei, proprio a causa dei continui aumenti dei costi.
Insomma, il cane che si morde la coda: le aziende energivore come le fonderie devono tagliare l’output proprio a causa dell’aumento del costo dell’elettricità. E quest’ultima immagine pare confermare come la narrativa dell’inflazione transitoria sia definitivamente destinata a rimanere argomento di convinta e rassicurata discussione solo nelle stanze di quel pianeta remoto chiamato Bce.
Attenzione ad agitare l’allarme del fascismo, ignorando quelli veri che saltano fuori quotidianamente come girini in uno stagno. Perché una volta partita la palla di neve, l’effetto valanga è quasi assicurato. Dopodiché, la messa al bando di Forza Nuova o la beatificazione laica e socialmente responsabile del green pass non serviranno più ad ammansire le piazze. Perché l’Europa ha un’agenda. E intende rispettarla. Come d’altronde dimostra il crono-programma da tappe forzate e l’incidere da Caterpillar nell’azione del governo Draghi. Attenzione a cosa stiamo cercando, insomma. Perché potremmo trovarlo.
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