Sembra possano ripetersi gli eventi di circa un anno fa, che portarono a un taglio dei tassi da parte della Fed di 50 punti base

Bombardando la Siria, Israele ha gettato un sasso in un covo di serpenti. Ha svegliato il can che dorme. Ma, soprattutto, ha inviato un segnale tutt’altro che prono a interpretazioni all’ipocrisia occidentale.

Certo, la scusa della difesa dei drusi fa molto Netflix. Ma la realtà è che nelle moschee siriane, già si incita al jihad. E oggi a Damasco non c’è più Bashar al-Assad. Per volontà del medesimo Occidente che esprime preoccupazione per il nuovo fronte militare deciso dal Governo di Gerusalemme, c’è infatti un ex Isis. Piaccia o meno ammetterlo. Certo, veste elegante e con giacca e cravatta. Viene accolto all’Eliseo con tutti gli onori. Ma sempre un tagliagole di lungo corso rimane.



E Israele ha scelto il metodo più drastico per ricordarlo a tutti. Ma anche il più pericoloso. Perché appunto, quando il covo di serpenti viene colpito, alcuni scappano. Altri attaccano. E per quanto ci piaccia pensare di aver sostituito un feroce e sanguinario despota filo-russo con un illuminato islamista dal passato magari un po’ borderline, chi oggi comanda a Damasco certamente non ha reciso i legami con la sua precedente vita da capo jihadista. E riattivare cellule dormienti che mai sono state sciolte, sicuramente non è operazione complicata. Nemmeno nel cuore dell’Europa. Dove tra Molenbeek e banlieue assortite, il nemico ci dorme in casa. Più o meno eterodiretto. Poco importa, quando si arriva a situazioni come quelle attuali.



Direte voi, cosa c’entra tutto questo con i mercati? C’entra eccome. Perché dal momento che viviamo fra due tettoniche a placche che rischiano di dar vita al Big One, occorre mettere in campo soluzioni fantasiose.

Donald Trump sta per entrare in modalità di scarsezza di argomenti. Lo stress test legato all’imminente licenziamento di Jerome Powell andato in scena mercoledì, parla chiaro in tal senso. Lo staff della Casa Bianca fa filtrare la notizia, il mercato sbanda e i rendimenti esplodono ulteriormente al rialzo. Il Presidente lascia passare un quarto d’ora e smentisce. Wall Street respira. I rendimenti obbligazionari, no. Anzi, il Treasury a 30 anni vola sempre di più. Il 5% come Rubicone di allarme è stato varcato.



Insomma, Wall Street ragiona pavlovianamente in base al TACO trade su qualsiasi argomento esca dagli spifferi di Pennsylvania Avenue. Ovvero, ha settato un algoritmo simbolico che prezza in automatico il bluff del Presidente, la smentita che garantisce il rimbalzo. Condizione di una pericolosità spaventosa. Perché rientra appieno nella logica proverbiale del ragazzino che grida al lupo, al lupo. Quando il lupo si paleserà davvero, tutto o almeno la gran parte del mercato avrà la guardia abbassata. E il fucile scarico.

Date un’occhiata a questa tabella: nel pieno di un’impennata dei rendimenti a lungo termine addirittura peggiore di quella Usa, il Giappone si appresta a emettere nuovo debito. Proprio su scadenze a rischio. Per l’esattezza carta a 10 e 30 anni. Nell’arco di 48 ore.

Il 5 e 7 agosto sono date da segnare sul calendario. E attenzione, perché a volte il destino si diverte a far il simpatico. Perché proprio il 5 agosto 2024 esplose la crisi del carry trade che fece spaventare il mondo intero con i suoi smobilizzi di massa. E la condizione dei rendimenti obbligazionari attuali di Giappone e Usa ricorda terribilmente la fase precedente a quel mezzo terremoto. Saltato fuori dal nulla, almeno per chi non segue certe dinamiche. Come chi cadde dall’albero dell’ipocrisia da rating il 15 settembre 2008, quando già a luglio i tassi dell’interbancario overnight in doppia cifra ci dicevano che l’iceberg stava per colpire un transatlantico.

Ma cosa accadde al board della Fed del 17-18 settembre 2024, il primo dopo quello tsunami valutario che bruciò arbitraggi per decine e decine di miliardi? La Banca centrale Usa stupì il mondo tagliando i tassi di interesse addirittura di 50 punti base in un solo colpo. Il famoso pivot che generò i prodromi all’ennesimo, mega-rally di mercato. Lo stesso che si concluse solo lo scorso aprile con la correzione da dazi e tariffe (almeno questa fu la scusa ufficiale, un po’ come i drusi per Israele).

E ora? Nuova pausa, nuovo spavento per mettere all’angolo un Jerome Powell già oggetto di stalking più che di mera pressione politica da parte della Casa Bianca? Alla faccia dell’indipendenza della Fed, qui ormai siamo al gioco delle parti. Perché nessuno pensi che quegli attacchi così diretti, personali, sguaiati e ormai quotidiani siano un qualcosa che generi nell’imperturbabile Governatore della Fed qualcosa più di un plissé. Il prossimo maggio Jerome Powell vedrà scadere il suo mandato e finirà nel board dei consulenti di qualche grande banca d’affari, godendosi quindi un buen retiro milionario da conferenziere e adviser. Esattamente come Janet Yellen.

Occorre stare al gioco. Occorre far credere che tutto si dipani in questo modo perché Donald Trump è un vero anti-sistema, un sovranista, la scheggia impazzita dell’establishment che si è votata alla salvezza della Real America. E altre idiozie simili. Donald Trump sta recitando una parte. E casualmente, il copione sta cominciando a ricalcare alla perfezione quello del 2024. Stesse dinamiche, stesse tempistiche. Con un qualcosa in più, però. Rendimenti obbligazionari alle stelle a fronte di 7 trilioni di debito da rifinanziare da qui a meno di 6 mesi. Che diventano 9 da qui a fine marzo 2026.

Paradossalmente, quindi, in elaborazione sottotraccia potrebbe esserci qualcosa di ancora più drastico e sorprendente di quei 50 punti base di taglio del settembre scorso. Perché è necessario. E la storia recente ci dice che i Qe in purezza o comunque sotto mentite spoglie di programmi o facilities emergenziali a pioggia necessitano di shock reali. Quantomeno come percezione.

La querelle fra Russia e Ucraina ormai appare una minestra riscaldata, il flip-flop sulle armi a Kiev degli ultimi giorni deve averlo confermato nelle segrete stanze. L’Iran è sparito dalle carte geografiche dopo quella settimana di Armageddon a reti unificate. Dazi e tariffe sono ormai un alibi talmente abusato da necessitare appunto un effetto sorpresa che sbaragli la convinzione del TACO trade. Su cosa Donald Trump potrebbe passare in tempi brevissimi dalla minaccia ai fatti, cogliendo tutti impreparati e scatenando il caos ordinato necessario?

Capito ora perché la mossa di Israele in Siria c’entra eccome con i mercati?

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