Il sistema finanziario è in bilico su un baratro, occorre che vengano garantite almeno swap lines in dollari con operatività immediata
Spero che ormai sia chiaro a tutti come la cosiddetta guerra commerciale non sia altro che una copertura, una cortina fumogena per nascondere la resa dei conti di un crash finanziario che non era più possibile evitare con mezzi ordinari.
Di fatto, gli Usa hanno ristretto il campo tariffario solo alla Cina. La quale contrattacca. Ma tutto solo a parole. Scadenze che continuano a slittare proprio in virtù di quegli aumenti spacciati come rappresaglia.
Nel frattempo, il basis trade è letteralmente esploso di nuovo nella notte fra giovedì e venerdì e con esso lo swap spread a 30 anni, di fatto l’indicatore più serio di stress di liquidità.
Nel frattempo, il cambio dollaro/yen raggiungeva la quota da allarme rosso di 143. Tanto per capirci, 145 è il Rubicone. Mentre 140 è la porta del non ritorno. Siamo a metà. E qualche trilione di carry trades comincia a presentare conti sempre meno occultabili attraverso margin calls, la cui entità da brividi è implicitamente confermata dall’indebolimento record del dollaro.
Ora date un’occhiata a questi altri due grafici, i quali ci mostrano cos’è accaduto giovedì a Londra. Nella settimanale asta di Short Term Repo, la Bank of England ha fornito qualcosa come oltre 60 miliardi di sterline alle banche. Casualmente, poco dopo l’allotment, il Gilt a 30 anni ha respirato un pochino, dopo due giorni di rendimenti ben più ampi di quelli raggiunti nel corso del Governo Truss e che hanno generato la crisi dei fondi pensione.
Avete letto da qualche parte di tutto questo? No, soltanto analisi senza senso sul nulla. Perché la cosiddetta crisi dei dazi è il nulla. Non esiste. Se non come paravento. Persino Il Corriere della Sera ha scoperto la svalutazione cinese come arma geo finanziaria e da ieri tutti quanti hanno deciso che l’eventuale vendita di titoli di Stato Usa da parte di Pechino possa essere argomento di interesse. Ben arrivati. Ben svegliati.
E adesso? Sinceramente, io non ho molto altro da dire. Perché l’ho già scritto e detto in tempi non sospetti. Posso solo confermarvi che questo weekend, sicuramente, una fra Fed, Bank of Japan e Bank of England deciderà qualcosa. Chiaramente a porte chiuse. Forse addirittura via Skype. O via telefono. Sicuramente in via informale. E segreta all’opinione pubblica. Ma se non vengono garantite almeno delle swap lines in dollari con operatività immediata e disponibilità emergenziale, qualcuno la prossima settimana dovrà ammettere di essere nei guai. E a quel punto, sarà stigma. E soprattutto rischio contagio.
Questo weekend può tranquillamente essere paragonato a quello del 13-14 settembre 2008. Quello che nelle stanze della Fed di New York decretò la fine di Lehman Brothers, sacrificata per salvare il Sistema. Perché per quanto tutti neghino o evitino direttamente l’argomento, il sistema finanziario è in bilico su un baratro simile. Ma con un grado di leverage tre volte tanto a quello del 2008. Finora le Banche centrali hanno operato in silenzio. Comprando bond per imporre al mercato impliciti e silenti ceiling ai rendimenti sotto stress. Lasciando intendere che ogni tipo di eventuale Qt verrà, se non abbandonato, rilassato enormemente in tempistiche e controvalori. Reinvestimento titoli Bce compreso. Altrimenti il nostro spread non sarebbe al livello attuale, statene certi.
I futures ma soprattutto i primi scambi sui mercati asiatici di domenica notte ci daranno forse qualche indicazione. Sicuramente il cambio dollaro/yen sarà il principale canarino nella miniera. Ma il problema resta. Da una situazione simile si esce solo con un Qe come quello lanciato dalla Fed nel marzo del 2020. Ovvero, alluvionale. E casualmente, il déjà vu inquieta ma chiarifica. Anche allora si intervenne con volontario e strumentale ritardo sull’esplosione del basis trade che avvenne fra il 9 e il 13 marzo. Si attese. E quando ormai lo spillover aveva raggiunto ogni angolo del globo e ogni singolo media esistente, il casus belli giunse in dote come un regalo di cui tutti erano già a conoscenza. Ma che necessitava, comunque, dell’educazione ipocrita della falsa sorpresa da mostrare in favore di telecamera.
All’epoca c’era il Covid a offrire copertura e il basis trade fu il detonatore. Oggi ci sono i dazi e il basis trade è ancora il detonatore. Come identica è la radice del problema: l’indebitamento strutturale di Stati, mercati e cittadini. Perché per renderlo sostenibile, si ricorre a mille mezzucci. E mille derivati per occultare cartolarizzazioni basate spesso sull’immondizia. Ogni tot, però, il conto arriva in tavola. Chi pagherà la quota più sostanziosa?
Una cosa è certa: il silenzio tombale della Bce è qualcosa che dovrebbe far riflettere. Perché trattasi o di pressappochismo dilettantesco o di necessità sempre crescente di dissimulare un evento ormai prossimo e che va tamponato. La prossimità della crisi britannica, in tal senso, non lascia tranquilli. A meno che non crediate davvero che al centro di tutto ci siano i dazi con la loro evangelica facoltà moltiplicatrice. In quel caso, buon fine settimana. Nel vostro weekend ci sarà come unica preoccupazione il risultato della squadra del cuore. Panem et circenses.
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