C'è da chiedersi come mai negli ultimi 12 mesi le Banche centrali di tutto il mondo abbiano operato ben 168 tagli dei tassi
Questo articolo è la naturale sintesi di quanto vi sto raccontando ormai da mesi. Forse addirittura da trimestri. Ma su larga scala. Larghissima. Globale. Di fatto una visione d’insieme che, al netto dello scetticismo da rasoio di Occam, ormai soltanto una interessata malafede può negare come figlia legittima di un progetto generato a tavolino.
Dalla mezzanotte di Washington, stante il nulla di fatto ampiamente annunciato della mediazione al Senato, gli Stati Uniti sono in shutdown federale. Stipendi congelati. Probabili tagli occupazionali. E questo: 6 miliardi erogati overnight dalla Fed alle banche Usa che si sono presentate alla cassa con in bocca 5 miliardi in Treasuries e 1 in Mbs come fossero le pantofole da portare al padrone. Tipico segnale da timore di bank run.

Perché non si sa quanto andrà avanti lo shutdown. E se anche il dovuto verrà poi liquidato in un’unica soluzione, garantendo un Natale tranquillo, da qui in avanti meglio avere in casa dei contanti. Da tenere via. Perché finché il plafond regge, chiaramente si andrà avanti a colpi di carta di credito. Lo Stato congela la mia paga? Io rimando al mese prossimo il dovuto di quanto consumo. E lo faccio a forza quattro.
Il problema? Lo mostrano questi grafici, i quali sintetizzano le poco lusinghiere performance – non fosse altro per il clima da El Dorado equities ancora imperante – di due giganti dell’erogazione del credito come il Secured Lending Fund di Blackstone e Blue Owl Capital rapportate a quella dello Standard&Poor’s 500.


Come mai chi finanzia lo schema Ponzi di indebitamento spacciato come consumi personali che regge l’economia Usa sta affondando, mentre Nvidia con le sue supercazzole da soldi del Monopoli ha appena toccato i 4,5 trilioni di market cap? Semplice, perché non puoi dire Bnpl senza che saltino fuori Npl. Ovvero, la falsa ricchezza garantita dal credito al consumo terminale del Buy Now, Pay Later (Bnpl, appunto) sta chiaramente deflagrando in un potenziale festival del non-performing loans, le sofferenze bancarie (Npl, appunto).
Ma sapete qual è la cosa grave che nessuno vi racconta? Il contesto in cui tutto questo va a inserirsi. Detonatore dello shutdown in testa. Guardate qui: negli ultimi 12 mesi, le Banche centrali di tutto il mondo hanno tagliato i tassi di interesse per 168 volte. Il terzo ammontare di interventi al ribasso sul costo del denaro della storia. Prima dell’ondata che stiamo vivendo, solamente la crisi finanziaria del 2009 con 249 tagli e la pandemia da Covid con 196 tagli.

In quale crisi stiamo vivendo? Non c’è e non c’è stata un’altra Lehman. Non si vede all’orizzonte un altro virus in grado di paralizzare il mondo. Stando all’ultima rilevazione del GDPNow della Fed di Atlanta, il Pil statunitense del terzo trimestre è al +3,9%. Nonostante quanto avete appena letto, nonostante il repo e il rischio Npl! Wall Street sfonda un record al giorno.
Perché tagliare i tassi? Il Nikkei in Giappone fa faville, nonostante rendimenti obbligazionari tornati alle stelle a tempo record, come dimostra la fallimentare asta del titolo a 2 anni tenutasi martedì e che ha registrato la domanda più bassa dal 2009 e il premio di rischio corrisposto al collocamento più alto dal 2008. Ma a dispetto dell’economia reale, persino il Ftse 100 britannico sfavilla. E fino a poco tempo fa, il Dax tedesco sembrava un vettore della Nasa. Planato ora su un Pianeta in cui Bosch taglia 13.000 posti di lavoro.
Perché 168 tagli dei tassi a livello globale? Il dollaro sta sprofondando. I futures dell’oro l’altra notte hanno sfondato 3.900 dollari l’oncia. Nonostante la chiusura fino all’8 ottobre dei mercati cinesi per la Golden Week. Naturale reazione a una politica così strutturalmente espansiva: le valute si deprezzano e gli hard assets stimolano domanda.
Ma perché i rendimenti obbligazionari sovrani continuano a restare su livelli record nelle scadenze più lunghe? Perché il decennale giapponese è al massimo dal 2009 e il Gilt britannico ha bisogno ormai di 80 sterline alla settimana di Short Term Repo della Bank of England per vedere compresso il suo yield dagli acquisti in partita di giro di banche, assicurazioni e fondi accreditati? Quale meccanismo si è rotto?
Quello che mostrano questi ultimi due grafici. Di fatto, Fed in testa, le Banche centrali sanno due cose. Primo, l’indebitamento globale (pubblico e privato) necessita un regime di sostegno strutturale. E il Qe genera inflazione, una volta che le equities si tramutano in una piscina traboccante dai bordi. Secondo, gli stock di debito sovrano necessitano inflazione per essere sostenibili.


Cosa sa il Sistema che il mondo dei comuni mortali ignora? Che la Fed già opera con un tasso di inflazione-obiettivo al 3%. E che non è stato Donald Trump a deciderlo. Lui lo ha solo implementato con le sue scelte. Lo mostra plasticamente il grafico di Bank of America che si conclude temporalmente nel luglio 2024, quantomeno a livello di proiezione su base annua ponderata a un tasso di crescita mensile del core Cpi dello 0,3%. Ampiamente in linea con le dinamiche della Bidenomics. La variabile? Nulla di speciale. Solamente il potere d’acquisto.
E in terza istanza, il Qe serve anche a generare e giustificare deficit che finanzino la cosiddetta stimmy money, gli stimoli. Emergenziali. Ma destinati a diventare strutturali. Come quel 3% di inflazione che da transitorio è divenuto target. E questo 1% fa tutta la differenza del mondo. Una differenza che vale 168 tagli dei tassi unicamente per evitare che il Sistema saltasse e vivesse davvero un’altra Lehman. Ma in modalità Nagasaki.
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