Appare interessante guardare ad alcuni movimenti intorno al mondo delle cryptovalute, che interessano anche BlackRock

Dei numeri di Nvidia resi noti mercoledì sera avremo modo di parlare molto presto. E non in quanto tali. Le fredde cifre della trimestrale potete leggerle ovunque. Cosa ci sta dietro, invece, potete leggerlo solo qui. Ripeto, l’attesa sarà breve. Promesso.

Oggi invece è il caso di mettere le mani avanti rispetto alla questione cryptovalute. Prossimo stress test finanziario globale nel grande reset del debito. Cryptovalute che, come avrete notato, sono finite nuovamente (e ciclicamente) nel dimenticatoio. Nonostante questo: la scorsa settimana, le fughe di capitali dal comparto è stata la maggiore dallo scorso marzo, qualcosa come 1,4 miliardi di dollari.



E di cosa sia stato prodromo l’outflow della scorsa primavera lo ricordiamo tutti: la correzione azionaria di aprile. Ma non basta. A inizio settimana, esattamente nella notte fra domenica e lunedì, qualcuno ha scaricato in un solo blocco di trading 24.000 Bitcoin per un controvalore di oltre 2,7 miliardi di dollari. Nell’arco di minuti, la madre di tutte le cryptovalute ha perso 4.000 dollari di valutazione.



E per quanto il nome di quella balena sia ancora sconosciuto a livello ufficiale, si sa che trattasi di un soggetto che detiene ancora 152.874 Bitcoin per un controvalore di oltre 17 miliardi. Una balena, appunto. La quale, nonostante l’ammontare di crypto detenute e quindi l’implicita fiducia nelle stesse come assets, non ha atteso lunedì mattina per scaricare. Ha operato overnight. Ma Bitcoin, subito dopo quel tonfo e nel corso delle contrattazioni asiatiche prima ed europee poi, ha recuperato.

Bene, stampate in testa questa ultima dinamica. Questo strano dump’n’pump. Fondamentale. Ora entriamo nel vivo. E per farlo, occorre prestare attenzione a Microstrategy. Ovvero, l’azienda di Michael Saylor che da sempre opera come proxy assoluto di Bitcoin presso la finanza istituzionale, una sorta di ponte fra fiat e crypto, fra Wall Street e blockchain.



Partiamo da queste due immagini, di fatto le due facce di una medesima medaglia che a breve potrebbe rivelarsi per ciò che è realmente. Totalmente differente da entrambe le facce pubbliche.

Il primo grafico ci mostra come la strategia di Microstrategy di forzare la mano nell’acquisto di Bitcoin anche attraverso aumenti di capitale e azzardate emissioni obbligazionarie senior convertibili non pare aver convinto il mercato. Detto questo l’azienda siede su qualcosa come 629.000 Bitcoin e le sue riserve sono interamente denominate in cryptovaluta. Il secondo grafico ci parla una lingua di un epocale prodromo di standardizzazione: a oggi, sono infatti 35 le public companies Usa che detengono oltre 1.000 Bitcoin. Corporate treasury standard, insomma. Un qualcosa che, formalmente, potrebbe cominciare a cozzare con l’intero impianto delle stablecoins intese come alternativa al regime fiat.

Ma attenzione a due particolari. Primo, la mossa del Segretario al Tesoro, Scott Bessent di cui abbiamo parlato nell’articolo dedicato alle cryptovalute pubblicato la scorsa settimana e che, di fatto, escluderebbe acquisti diretti del Governo Usa per il Fondo strategico crypto. Questo nonostante le fanfare collaterali al Genius Act.

Secondo, le continue vendite di cryptovalute da parte di BlackRock, ancorché per ora limitate nell’ammontare. Più che altro, chirurgiche. La stessa BlackRock che dallo scorso febbraio è azionista al 5% di Microstrategy. Un controsenso, apparentemente. Se investi in un’azienda che è storicamente il proxy per antonomasia di Bitcoin presso Wall Street, perché vendi crypto? Tanto per tenere il mercato sulle spine, magari acquistando i tuoi stessi cali in silenzio e in punta di piedi? O magari BlackRock punta al bacio di Giuda verso Microstrategy?

Se infatti vendesse il suo 5% o anche solo lasciasse subodorare al mercato un possibile disimpegno o alleggerimento, magari giustificato da una delle tante capriole governative rispetto alla regolamentazione crypto, il titolo di Microstrategy calerebbe. Pesantemente. E a tempo zero. A quel punto, le margin calls andrebbero coperte. Ma avendo solo Bitcoin, ecco che la cryptovaluta verrebbe immessa sul mercato a cascata unicamente per tamponare il fallout delle richieste di copertura dei creditori. Detto fatto, Bitcoin precipiterebbe.

A qualcuno potrebbe far comodo, tanto da operare un clamoroso buy the dip, un acquisto di massa sui minimi? E se quel qualcuno fosse un soggetto istituzionale che ha utilizzato la quota azionario per operare dall’interno? Difficile dirlo con certezza. Ma non vi ricorda la dinamica che poc’anzi vi avevo pregato di tenere ben a mente?

Certo, come anticipato, gli effetti collaterali non mancherebbero. Non foss’altro perché un crollo del prezzo legato a una crisi dal profilo finanziario tutt’altro che 2.0 potrebbe infliggere un danno reputazionale enorme all’intero comparto crypto. Il quale, giova sempre ricordarlo, a oggi e nella sua interezza vanta un market cap fiat-adjusted pari a circa 4 trilioni di dollari. Meno di Nvidia da sola.

Tamponabile? Quasi certamente, sì. Perché allora ipotizzare uno scenario apparentemente complottista? Semplicemente perché, a differenza della rivalutazione dell’oro, Bitcoin e l’universo crypto si presterebbe a un utilizzo parallelo di gestione degli stock di debito pubblico senza il rischio collaterale di un’esposizione finanziaria via futures e derivati. Non a caso, il Giappone proprio la scorsa settimana ha annunciato la creazione di una stablecoin legata allo yen da un peg fisso. Di fatto, la replica digitale. Raddoppio della base monetaria senza dover stampare via Banca centrale e senza quindi generare squilibri?

Attenzione alle mosse di Microstrategy. Potrebbe – in caso questo scenario presentasse un qualche profilo di credibilità – perdere il sangue freddo finora dimostrato dal suo fondatore, nonostante i cali azionari, quantomeno come azzardo obbligato per cercare di stanare Blackrock e le sue eventuali agende parallele. Nel frattempo, ogni eventuale ripensamento da parte del Tesoro Usa potrebbe offrire implicita conferma della volontà di tramutare le crypto in una riserva supplementare a tutela di stock sempre crescenti di debito. Altro che ispezione a Fort Knox. E si sa, Blackrock è come la Ford dei tempi d’oro: ciò che garantisce il suo benessere, lo garantisce anche per il Sistema Usa. Bipartisan.

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