Siria, Al Sharaa nomina un consigliere simpatizzante jihadista: si conferma il sospetto di una deriva fondamentalista. E fa il moderato in vista del voto
Il nuovo consigliere politico e mediatico del presidente siriano Al Sharaa è un ex giornalista di Al Jazeera, esperto di jihadismo e ritenuto a sua volta simpatizzante jihadista. Anzi, secondo alcune testate, Ahmad Muwaffaq Zidan avrebbe collaborato con Osama Bin Laden.
Una decisione che conferma l’orientamento fondamentalista nei fatti di un governo che si presenta al mondo, almeno a parole, come intenzionato a pacificare la Siria garantendo il rispetto di tutte le etnie e le religioni.
Una nomina, insomma, racconta Vincenzo Giallongo, generale dei Carabinieri con all’attivo missioni in Iraq, Albania, Kuwait e Kosovo, che dovrebbe mettere in guardia l’Occidente, che invece in questi mesi si è reso disponibile ad aperture di credito nei confronti del potere che ha sostituito quello di Assad.
Anche gli USA hanno tolto le sanzioni che gravavano sulla Siria, ma Trump, con il pensiero di realizzare affari pure a Damasco e dintorni, forse si è fatto convincere troppo facilmente dai turchi sulla bontà del sostegno al governo di Hayat Tahrir al Sham (HTS).
Con la nomina di Zidan a consigliere, Al Sharaa ha gettato la maschera? Il suo governo mantiene ancora legami con il jihadismo?
Ahmad Muwaffaq Zidan era amico di Osama Bin Laden: il suo arrivo non mi meraviglia. Ho sempre detto che il regime di Bashar al-Assad era stato sostituito da uno più integralista. Al Sharaa, per quanto voglia apparire come agnello, in realtà resta lupo. Continua a non piacermi. Chi se n’è accorto finora sono solo gli israeliani: gli Stati disuniti d’Europa, invece, non si accorgono di nulla.
Cosa vuole Al Sharaa?
Il regime siriano alla fine credo voglia istituire uno stato islamico integralista: non è riuscito a prendere tutto con la violenza e con gli attentati, adesso ci prova piano piano attraverso la Siria. La nomina di Zidan a consigliere di Al Sharaa va in questa direzione.
Ma chi è il nuovo consigliere?
È stato un giornalista di Al Jazeera, amico personale di Osama Bin Laden. È un integralista per convinzione, che sono i più pericolosi in tutti i sensi.
Il regime attuale in Siria, quindi, rimane ideologicamente jihadista?
Non credo proprio che possa democratizzarsi. Al massimo, Al Sharaa troverà mille scuse per giustificare le sue decisioni, dicendo per esempio che non riesce a controllare tutti i gruppi che lo appoggiano. Si sforza di presentarsi diversamente, si mette in giacca e cravatta nella speranza di ottenere prestiti e soldi che poi magari spenderà in gran parte per riarmarsi. Che non si possa credere alle sue parole lo dimostrano anche i fatti che si sono succeduti in questi primi mesi di governo: gli attentati ai cristiani, ai drusi, questa nomina a consigliere del presidente.
Il nuovo corso siriano però è stato in qualche modo avallato dagli americani: Trump si è fidato dei turchi, ha parlato con Al Sharaa e ha tolto le sanzioni contro il Paese. Come si spiega questo atteggiamento?
Trump è un affarista. E, al di là del business, è uno che si fida un po’ troppo, non è un animale politico come può essere Putin. Il suo approccio per gli affari, tuttavia, non può essere replicato in politica estera. Ci può stare che abbia voluto dare una chance al governo siriano, ma forse sarebbe stato meglio prima chiedere garanzie su come verrà gestito il Paese. Forse si è fidato anche per il fatto che dietro Al Sharaa c’è il governo di Ankara, che sovrintende alle questioni siriane e gli ha messo una mano sul capo, ma anche quello turco non dico che sia un regime integralista, ma non è islamico moderato.
Altri errori?
Trump, come ha sbagliato a fidarsi di Putin, ha sbagliato anche a togliere subito le sanzioni alla Siria, così come è stato un errore toglierle da parte dei Paesi europei. E un errore ancora più grave è stato riconoscere questa Siria come Stato. Non sono comportamenti lungimiranti.
Perché allora si è deciso di puntare proprio su Al Sharaa: era l’unico sulla piazza o c’è un disegno dietro?
Secondo me c’è un disegno dietro. Sicuramente Al Sharaa vuole pian piano indirizzare il Paese verso un regime islamico. Probabilmente sa che non riuscirà a controllare i gruppi integralisti che si rendono protagonisti di attentati ai cristiani e ai drusi. E le loro iniziative non gli fanno gioco. Ma sono convinto che abbia un progetto integralista: la scelta di Zidan va verso quell’obiettivo. Avrebbe potuto rivolgersi a qualcuno più moderato, ma ha scelto lui.
Anche tra i gruppi che compongono HTS prevalgono quelli fondamentalisti?
Sì, in HTS prevale l’anima integralista. Al Sharaa non fa altro che esprimere la maggioranza del gruppo che lo sostiene, che è integralista.
Secondo lei la Siria potrebbe anche tornare ad avere rapporti con l’Iran?
Probabilmente sì. È vero che fra sunniti e sciiti non c’è molta simpatia, però quando l’obiettivo è comune si può far fronte per combattere l’Occidente. A mio avviso è ancora presto: Al Sharaa ha la necessità di creare consenso, soprattutto adesso che si va verso nuove elezioni a settembre. Se fossi in lui, in questo momento aspetterei a fare un’apertura del genere, penserei a fortificarmi, a evitare che le mie minoranze iper-integraliste attacchino cristiani o drusi.
Gli americani sembra che vogliano spingere anche per un accordo di Abramo tra Siria e Israele. Che senso ha in questo contesto? Sarebbe un accordo di facciata?
Gli israeliani non si fidano assolutamente dei siriani, la loro durissima reazione in occasione degli attacchi ai drusi forse è dovuta anche a questo, a far capire che non abbassano la guardia. Se firmano l’accordo lo fanno con una mano e nell’altra hanno già pronta una gomma per cancellare tutto. Come spesso succede, potrebbero firmare un accordo ben sapendo che non avrà vita lunga.
(Paolo Rossetti)
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