In Ucraina le trattative sono ormai dimenticate. Gli USA ridurranno gli aiuti ma Kiev non negozia senza una tregua. E i russi ora vogliono Kharkiv

Gli ucraini continuano ad attaccare le industrie belliche in Russia. L’ultimo blitz è stato contro uno dei più grandi impianti chimici russi, il Nevinnomyssk Azot, nel territorio di Stavropol. I russi, per contro, oltre ai “soliti” bombardamenti, hanno attaccato un deposito di aiuti umanitari a Zaporizhzhia e, come spiega Giorgio Battisti, generale già comandante del Corpo d’armata di reazione rapida (NRDC-ITA) della NATO in Italia e capo di stato maggiore della missione ISAF in Afghanistan, hanno bruciato campi di grano nella zona di Kherson.



Gli spiragli di pace aperti dalle trattative iniziate a Istanbul sembrano già del tutto richiusi e l’unica prospettiva rimane quella del conflitto. Kiev, però, deve fare i conti con l’annuncio di Pete Hegseth, segretario della Difesa USA, secondo il quale gli americani, nel prossimo bilancio, diminuiranno gli aiuti per gli ucraini.



I problemi per Zelensky e la sua amministrazione riguardano, però, anche il fronte interno, dove crescono le critiche al generale Syrskyi, e mancano le risorse umane per rimpiazzare le perdite al fronte. L’Ucraina non è sul punto di crollare, ma le prospettive non sono rosee, neanche se qualche Paese europeo dovesse subentrare negli aiuti agli USA.

Hegseth ha annunciato un taglio degli aiuti all’Ucraina nel prossimo bilancio: Kiev ha una ragione in più per trattare con i russi?

Qualche mese fa Zelensky ha dichiarato che la Crimea poteva essere recuperata per via diplomatica, dopodiché aveva lasciato intendere di essere disposto a cedere territori pur di arrivare a una trattativa di pace. In seguito, probabilmente convinto da qualche Paese che lo sostiene, come la Gran Bretagna, si è rimangiato tutto, dicendo che l’Ucraina avrebbe combattuto fino alla fine per riottenere tutti i territori persi, Crimea compresa.



Ora siamo tornati a una posizione di stallo dal punto di vista militare: il conflitto si sta trascinando con stanchezza, anche se gli ucraini hanno avuto il via libera per colpire in profondità nel territorio russo. In questo quadro, le dichiarazioni di Hegseth possono essere una forma indiretta di pressione nei confronti del governo ucraino per accettare qualche compromesso.

Adesso gli ucraini attaccano soprattutto le fabbriche dell’industria bellica russa: la guerra continuerà così?

Gli ucraini attaccano anche le raffinerie, i soliti depositi di carburanti. I russi, invece, continuano con il lancio di centinaia di droni: in una notte sono arrivati fino a 400. E avanzano progressivamente, esercitando una pressione su oltre mille chilometri di fronte, da Sumy fino giù al Mar Nero. Prosegue pure il lancio di missili balistici. Noto, tuttavia, che su questi aspetti l’attenzione dei media non è la stessa di prima.

L’Ucraina sostiene che le trattative non riprenderanno finché non si parlerà di tregua subito. Il negoziato è un’arma spuntata?

I colloqui avvenuti in Turchia, a Istanbul, oltre allo scambio di prigionieri e dei loro cadaveri, non hanno portato a niente. L’Ucraina chiede almeno 30 giorni di tregua, ma la Russia ha sempre respinto prontamente questa proposta: prima vuole gli accordi, che però per il Cremlino devono contenere la cessione di quattro oblast e della Crimea, oltre che un’Ucraina neutralizzata con un mini-esercito da non più di 80mila uomini, con alcuni assetti di aerei e carri armati. Putin tiene da mesi questa posizione.

Il capo dei negoziatori russi a Istanbul, Vladimir Medinsky, ha dichiarato che se l’Ucraina non tratta perderà altri territori. La Russia vuole anche Odessa?

In questo momento la Russia non è in grado di progredire se non di qualche chilometro al giorno e con perdite elevate. Odessa era uno degli obiettivi dei primi giorni dell’invasione, ma è troppo lontana per le capacità attuali russe. Nel febbraio 2022 si parlava di uno sbarco anfibio per occupare il porto di Odessa, ma adesso l’Ucraina ha sviluppato una capacità tale, in termini di missili e droni, da poter fermare sul nascere un’eventuale operazione anfibia.

A forza di colpire la flotta del Mar Nero nel porto di Sebastopoli, Kiev ha costretto la Russia a spostare le proprie navi militari sulla costa russa, per allontanarle dalla gittata dei droni.

Dove possono puntare allora gli uomini di Putin?

Da qualche tempo hanno aperto un nuovo fronte a nord, verso la Bielorussia, nell’oblast di Sumy, di fronte alla città di Kharkiv. Proprio Kharkiv è stata uno degli obiettivi delle prime settimane di guerra, poi i russi si sono ritirati, ma ora penso che vogliano occuparla: è un centro logistico e un’area importante anche dal punto di vista simbolico, è stata la prima capitale della Repubblica Socialista quando l’Ucraina fu inglobata nell’Unione Sovietica nei primi anni Venti.

Kiev, negli ultimi giorni, ha affermato che i russi starebbero ammassando truppe a nord per entrare in quel settore, tant’è vero che hanno dato l’ordine di evacuare più di 200 villaggi. C’è una novità poco nota, ma che non è da sottovalutare.

Quale?

I russi hanno lanciato droni e missili nelle campagne dietro Kherson, bruciando 15mila ettari di raccolti agricoli ucraini. Un elemento importante, se pensiamo che l’Ucraina veniva chiamata il “granaio d’Europa”.

Gli USA diminuiranno gli aiuti e il 24-25 giugno ci sarà un nuovo vertice NATO, che però non prenderà in considerazione l’adesione dell’Ucraina. Tuttavia, il ministro della Difesa tedesco Pistorius è stato a Kiev: l’Europa vuole provare davvero a sostituirsi agli Stati Uniti?

Non basta stanziare i soldi per l’Ucraina, ci vogliono le industrie per produrre armi a un ritmo adeguato allo stato di guerra. Vedo, però, che ci sono sempre più Paesi, soprattutto dell’Europa del Nord e del Baltico, che si sono espressi per fornire maggiore assistenza militare all’Ucraina. Penso che, entro l’anno prossimo, i Paesi che supportano Kiev potrebbero riuscire a sopperire a un’eventuale riduzione delle forniture americane.

Ormai l’unico scenario è quello della guerra? In questo caso l’Ucraina rischia il collasso?

La guerra continua. Sul campo di battaglia vedo progressi russi, ma non il pericolo che l’Ucraina collassi. Certo, le mancano soldati, perché non riescono a coprire tutte le perdite che subiscono. Gli ucraini hanno detto di avere bisogno di almeno 12mila uomini o donne in più ogni mese, mentre i russi riescono ancora ad arruolare 30-40mila uomini al mese. Non vedo un collasso imminente dell’Ucraina perché la Germania ora ha un ruolo più attivo di sostegno e poi ci sono Gran Bretagna e Francia. E non ci sono segnali di una possibile ritirata.

La situazione critica potrebbe portare l’Ucraina a cambiare strategia?

Gli ucraini potrebbero ritirarsi su posizioni più difendibili lungo la sponda del fiume Dnepr. Per le sue dimensioni, il fiume risulterebbe di difficile passaggio per i russi.

Ci sono da segnalare, tuttavia, forti contrasti tra il capo delle forze armate Syrskyi e i suoi principali sottoposti, che lo accusano di non tutelare a sufficienza la vita dei propri militari, ostinandosi a mantenere determinate posizioni nonostante portino a numerose perdite. Non mi sembra abbastanza, però, per parlare di collasso, e dal governo ucraino non vedo dichiarazioni che possano anticipare una possibile resa.

Di sicuro non basteranno a risollevare le sorti ucraine le incursioni in territorio russo. Oppure Kiev spera di rilanciarsi con queste azioni?

Gli attacchi in territorio russo, in particolare quello sugli aeroporti militari, hanno avuto un effetto mediatico fortissimo, ma non si può dire per questo che Zelensky abbia ripreso l’iniziativa militare. Nella Seconda guerra mondiale, gli incursori della marina italiana sono stati capaci di attacchi alle navi inglesi che hanno avuto una risonanza mediatica notevole, ma la guerra è stata persa malamente. Stiamo attenti a sopravvalutare queste operazioni.

(Paolo Rossetti)

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