Accade che in Lombardia, modello della sussidiarietà, ci sia un comune che per statalismo farebbe impallidire perfino l’Emilia Romagna degli Anni ‘70: è Cesana Brianza, un comune della Provincia di Lecco.
A Cesana, l’amministrazione comunale ha sfrattato una scuola materna gestita da un ente morale. Un ente morale nato “dal basso” nel 1878, quando il signor G. Redaelli destinò la sua eredità esattamente per la finalità dell’educazione dei bambini, e che da allora la gestisce con grande passione e competenza educativa. Una realtà viva che la comunità di Cesana sente profondamente sua, tanto che oggi conta oltre duecento soci (su 2300 abitanti), perché i genitori non solo iscrivono i figli alla scuola dell’infanzia, ma si iscrivono essi stessi all’ente.
Qual è, allora, la “colpa” dell’ente morale “G. Redaelli”? Il fatto di non aver accettato, giustamente, la richiesta (meglio sarebbe dire il diktat) del Sindaco e della Giunta che pretendeva di nominare il Presidente dell’ente morale per poterne chiedere la statalizzazione. A questo punto la ritorsione dell’Amministrazione è stata lo sfratto. Il Sindaco ha comunicato all’ente che al 30 giugno deve lasciare liberi i locali. E ha chiesto che lo Stato istituisca una sezione di scuola materna a Cesana.
Di che colore politico sia la Giunta di Cesana è difficile saperlo. È una lista civica e il sindaco, dopo trascorsi nella Margherita, poi Pd, poi UdC, poi PdL (col quale è stato eletto un anno fa in Provincia) è passato qualche giorno fa alla Lega Nord.
In realtà, è difficile comprendere le motivazioni dell’Amministrazione. Se il motivo fosse di tipo economico, in quanto il Comune sostiene la scuola e, quindi, le famiglie, bastava sedersi intorno a un tavolo a discuterne; e l’ente avrebbe dato la propria disponibilità ad affrontare responsabilmente eventuali problemi. Ma ciò non è accaduto.
E anche oggi, a fronte di una lettera del dirigente scolastico che nella sostanza afferma che non potrà esserci una scuola statale dell’infanzia a Cesana, il Comune non intende in alcun modo ritornare sui suoi passi, come la logica e il buonsenso vorrebbero.
A seguito di una mia interrogazione parlamentare, il Ministro Gelmini ha risposto che non ci sarà una scuola statale a Cesana, essendocene già una paritaria. L’idea del Sindaco è invece quella di “uccidere” l’ente morale, impedendogli l’attività, per poter dire che a Cesana non c’è nessun servizio. Così, il Sindaco intende ora indire un referendum popolare chiedendo ai cittadini se vogliono l’istituzione della scuola statale.
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A parte il fatto che un comune non può porre un quesito che esula dalle sue competenze (è come chiedere se vogliono che il comune possa battere moneta o istituire l’esercito), il massimo della protervia del potere è mettere ai voti uno dei tre principi non negoziabili: vita, famiglia e, appunto, libertà di educazione. Un referendum che, tra l’altro non avrà alcun valore, come ha affermato lo stesso sindaco al quotidiano la Provincia di Lecco: “Qualora passi il no, la consultazione sarà pur sempre consultiva e non potrà certo interferire con le decisioni dello Stato. L’iter non subirà battute d’arresto”.
La motivazione vera, dunque, non può essere altro che una misera affermazione di potere, che non si cura di garantire la continuità di un servizio così importante per le famiglie, perché lo scenario più probabile è che a settembre non ci sia nessuna scuola materna a Cesana.
Come disse don Giussani ad Assago, la politica ha infatti solo due possibilità: o serve ciò che nasce dalla generosità e dalla responsabilità delle persone oppure diventa prepotente sui cittadini e sulla società. E il test più significativo di quale politica si segue è esattamente quando sono in ballo la libertà religiosa e la libertà di educazione, che sono le libertà fondamentali, da cui dipendono tutte le altre.
Inoltre, questa amministrazione sta violentando due diritti costituzionali, quello della libertà di educazione delle famiglie e quello della libertà dei soggetti sociali nei quali si forma e si esprime la personalità dei cittadini. Che sono poi i due diritti sui quali si gioca la sostanza della libertà e della democrazia.
La battaglia per la sussidiarietà è solo all’inizio: casi come questo insegnano che lo statalismo è sempre in agguato, e non solo a Bruxelles o a Roma. Per parafrasare una storica battuta di Vittadini, se non abbiamo certo bisogno dell’imperatore ad Aquisgrana, tantomeno possiamo sopportare un valvassino sotto casa!