I vescovi si oppongono alla legge sul suicidio assistito in Sardegna: importante è tutelare la vita e potenziare le cure palliative
Come facilmente prevedibile, dopo l’approvazione di ieri da parte del Consiglio regionale della Sardegna sulla legge sul suicidio assistito, è arrivato il messaggio di ferma condanna da parte dei vescovi sardi che ha ricalcato a somme linee quanto già detto diversi mesi fa – dopo l’entrata in vigore di un testo simile a quello di cui parliamo oggi, in Toscana – dalla Conferenza episcopale italiana; abbracciato (ma ci arriveremo) anche dall’arcivescovo cagliaritano Giuseppe Baturi, da diverse aree della società civile e da alcune figure politiche sarde e nazionali.
Partendo dal principio, prima di arrivare al parere dei vescovi, è utile ricordare che attualmente non si conoscono ancora i dettagli effettivi della legge sul suicidio assistito approvata in Sardegna: l’ipotesi è che, appunto, ricalchi quella toscana e la proposta dell’associazione Luca Coscioni, permettendo al paziente che ne fa richiesta di ottenere tramite il SSN il farmaco letale a fronte di determinate condizioni fisiche, mediche e mentali; salvo precisare che la somministrazione deve essere autonomamente gestita, anche con il supporto di un medico statale, purché non sia in servizio in quel momento e sia assunto come libero professionista.
I vescovi contro la legge sul suicidio assistito in Sardegna: “Si lavori all’adozione delle cure palliative”
Come dicevamo prima, già ieri dopo l’approvazione del testo sui suicidio assistito in Sardegna erano stati parecchi i messaggi di condanna da parte del mondo politico sardo d’opposizione che – compatto – ha ricordato che non spetta alle Regioni legiferare sul tema, soprattutto perché nel frattempo è allo studio da parte del governo un testo nazionale che darà una cornice normativa al tema: in ogni caso, sul tema della competenza stato-regioni sta decidendo la Corte Costituzionale dopo che il governo ha impugnato la legge toscana.
Quasi certamente la stessa sorte dell’omologa toscana spetterà anche alla legge sui suicidio assistito approvata in Sardegna, ma nel frattempo possiamo tornare al parere dei vescovi che hanno accolto il disegno di legge con grande “preoccupazione”: il rischio, a loro avviso, è che il suicidio assistito è in completa controtendenza alla necessità di “difendere la vita” che – inevitabilmente – nega l’idea di “aiutare un malato a morire”.
La difesa della vita – continuano i vescovi sardi – “non può essere un’occasione per contrapposizioni politiche” o elettorali e richiede un “serio e convincente (..) approfondimento” che metta al centro la “dignità delle persone”, ricordando – peraltro – l’esistenza di un piano regionale per le cure palliative approvato solamente nel 2024 e ancora largamente ignorato dal sistema sanitario sardo: secondo i vescovi la dignità personale “non finisce con la malattia” e andrebbe sempre tutelata, anche davanti alle ingerenze politiche sul suicidio assistito.