Il vertice SCO sancisce la presenza di molti Paesi in rapida crescita fuori dall'Occidente. Che pensa ad altro e a vivere di rendita
Il recente 25esimo vertice dello SCO (Shanghai Cooperation Organization) ha sottolineato la crescente importanza che la Cina rappresenta nell’economia mondiale, un aspetto che non sembra preoccupare eccessivamente l’Occidente che continua ad agire come se potesse vivere di rendita all’infinito.
Una rendita storico-politica per quanto ha rappresentato negli ultimi secoli e specialmente per la sua primogenitura nell’industrializzazione, ma ormai in esaurimento e che rischia di contare sempre meno nel futuro.
Tutto sta cambiando, l’introduzione dell’AI e delle nuove tecnologie ha ribaltato il concetto di potenza industriale, ma soprattutto gli oltre 8 miliardi di abitanti del pianeta stanno mettendo in un angolo quella parte del mondo (ovvero la nostra) che ne era stata ai vertici fino alla Seconda guerra mondiale.
L’India è diventata la nazione più popolosa, gli USA sono tuttora il Paese economicamente più importante, ma le linee di tendenza sottolineano come sia soprattutto il Sud del mondo a crescere e già oggi la Cina si è allineata da sola con il suo PIL a tutti i Paesi europei messi insieme (Gran Bretagna compresa) ed è alla vigilia del sorpasso. La Germania vale un quarto di Pechino, noi poco più di un decimo.
Solo 25 anni fa lo scenario era completamente diverso, eppure l’attacco alle Torri Gemelle ci sembra avvenuto l’altro ieri. Di fatto lo SCO che si è riunito in Cina rappresentava nel 2001 solo il 5% del prodotto mondiale, oggi il 25%. E limitandoci solo ai Paesi fondatori.
Se la Cina è passata da 50 miliardi di dollari di PIL dei primi anni 60 ai 1.400 di inizio secolo ai 18mila di oggi ci si rende conto di cosa significhi un aumento composto del 10% l’anno di PIL a confronto di un’Europa che considera l’1% annuo un grande successo.
Se consideriamo che oggi il reddito medio nel mondo è di circa 14.000 teorici dollari a testa vediamo che la Cina (con un miliardo e 400 milioni di abitanti!) si è quasi allineata alla media, ma altri Paesi corrono, mentre noi – i più ricchi – siamo sostanzialmente fermi.
Questa lunga premessa sottolinea come le dinamiche politiche e militari seguono necessariamente quelle economiche e quindi non tenerne conto significa semplicemente illudersi per un futuro che non ci sarà.
Sempre più cinesi visiteranno insomma il Colosseo, ma cinesi saranno anche gli hotel di Via Veneto (forse lo sono già), le linee aeree, i ristoranti romani e avanti così.
Il blocco USA-UE rappresenta ancora oggi la maggioranza di molte leve di comando, ma fino a quando? Se politicamente, ad esempio, al Consiglio di Sicurezza dell’ONU su pressione di decine di Paesi emergenti si cambiassero le regole sul diritto di veto (obiettivamente discutibile, visto che detenuto dai “grandi” che vinsero la guerra 80 anni fa), e ammesso che l’ONU conti effettivamente qualcosa, avremmo comunque un rovesciamento immediato delle maggioranze.

In questa situazione alcune scelte vanno fatte e non più rinviate, cominciando dall’informarsi meglio. Per esempio, siamo abituati ad una narrazione in tv di notizie “atlantico-centriche”, ma già la moderata tv araba Al Jazeera dà letture totalmente diverse dei fatti, anche se pochissimi la seguono. La “nostra” lettura degli avvenimenti (per esempio sulla crisi in Medio Oriente o la guerra in Ucraina) è opposta a quella numericamente ben più seguita del mondo arabo o asiatico.
Non porsi il problema di queste nuove realtà travalica i limiti dell’economia e sottolinea la nostra debolezza anche politica e culturale.
Per questo la Cina di Xi Jinping aspira legittimamente a dirigere il mondo e c’è da temere che ci riuscirà, perché – ci piaccia o meno – ha tutti i numeri per farlo.
Certamente potremo (dovremo) accordarci, ma se non si dovrà ricorrere alle guerre nucleari (ovvero alla sconfitta di tutti) non si può prescindere da queste tendenze che pochi hanno il coraggio di affrontare.
La Cina ha fatto un lavoro silenzioso di progressivo controllo dell’Africa e delle sue materie prime, l’Europa – che nel secolo scorso la dominava – è sparita dalla scena, così come gli USA ed Israele, che stanno dando di sé nel mondo un’immagine spaventosa.
Giusta o sbagliata che sia, questa visione è un dato di fatto ed è comune sia all’informatico cinese come al taxista pakistano o filippino che vi porta in giro per Dubai; ma pure al piccolo commerciante boliviano o al contadino dell’altipiano etiope. Provare per credere.
Sono queste le tematiche che dovrebbero preoccupare ed interessare le giovani generazioni rapite da TikTok (figlia occidentale dell’app cinese Douyin). Invece da noi non se ne parla e restiamo ai dibattiti sugli omicidi casalinghi che riempiono le nostre cronache televisive.
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