Il conto è salato: 6,7 miliardi di euro l’anno, l’equivalente di 114 euro per ogni cittadino italiano. A tanto ammontano le perdite dovute a furti, scarti ed errori che gravano sui conti delle aziende del settore del retail e della Gdo. A rivelarlo sono i risultati dello studio “La Sicurezza nel Retail in Italia 2023” realizzato da Crime&tech, spin-off di Transcrime – Università Cattolica del Sacro Cuore, con il supporto di Checkpoint Systems Italia e la collaborazione dell’associazione Laboratorio per la Sicurezza.



L’analisi – condotta su 10.300 punti vendita appartenenti a 40 gruppi aziendali – ha dunque quantificato un fenomeno che rappresenta una spina nel fianco per la distribuzione. Scoprendo come gli ammanchi accusati dalle insegne siano soprattutto dovuti alle differenze inventariali che nel 2022 hanno raggiunto in media l’1,38% del fatturato annuo del comparto, per un valore di circa 4,6 miliardi di euro. E va detto che per la maggior parte dei casi queste differenze non sono riconducibili a cause note e accertabili. Ma si deve tenere conto anche che a questo valore devono essere anche aggiunti altri 2,1 miliardi di spesa sostenuta per mettere a terra misure di sicurezza o di contrasto alle perdite. Che, tuttavia, non sempre riescono a risultare efficaci. I dati parlano chiaro: rispetto al 2021 – rileva l’indagine -, l’82% delle aziende intervistate ha registrato un aumento dei casi di taccheggio nei propri punti vendita. Casi che costano caro, dal momento che il valore medio della merce rubata o recuperata nei singoli episodi è pari a 40 euro.



Una piaga, dunque, che pesa in modo particolarmente significativo su Lombardia e Lazio, le regioni dove il valore totale della merce rubata risulta complessivamente più alto. Anche se va segnalato che nella classifica dell’ammontare sottratto per singolo episodio a emergere sono Trentino-Alto Adige, Calabria e Abruzzo.

A fare gola tra gli scaffali dei supermercati – conclude la ricerca – sono soprattutto alcolici, tonno e carne in scatola, che guidano il ranking delle referenze rubate a più alto valore economico, mentre a livello numerico gli ammanchi più significativi si registrano nel caso dei formaggi e, ancora una volta, degli alcolici.



Quanto, infine, all’identikit dei responsabili, lo studio rileva che la maggioranza degli autori di furti attribuibili a persone identificate esterne alle insegne è di genere maschile, mentre nei casi che riguardano il personale interno alle aziende, a essere più frequentemente coinvolti sono i cassieri. Ma anche i fornitori recitano un ruolo. Il dito in questo caso è puntato soprattutto contro gli operatori di servizi logistici, come corrieri e trasportatori: l’83% degli intervistati afferma infatti di avere subito furti o di frodi da parte di questa categoria. Occorre però non dimenticare neppure i fornitori di altri servizi, quali ad esempio società di sicurezza, pulizia e vigilanza, citati da ben due terzi del campione (66%).

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