E’ una vicenda alquanto controversa, quella che arriva da Roma, dove una mamma ha tentato di assassinare la figlioletta iniettandole una siringa piena di psicofarmaci. A ricostruire il caso è stato il quotidiano Il Messaggero: la donna, immaginando di poter essere monitorata attraverso il sistema di videosorveglianza, aveva infilato la mano sotto le lenzuola al fine di iniettare la dose letale alla figlia, ma gli spasmi prontamente prodotti e l’atteggiamento ambiguo della madre fecero scattare l’allarme. La piccola era stata così salvata e trasferita in terapia intensiva nel maggio dello scorso anno, presso il Policlinico Umberto I. La bimba di 8 anni soffre di una malattia genetica; la madre aveva tentato di ucciderla in corsia e di nascosto iniettandole una dose di Lamictal, un forte psicofarmaco antiepilettico, al fine di provocarle una overdose. Adesso la donna potrebbe essere processata con l’accusa di tentato omicidio aggravato. Il pm, nell’atto di chiusura delle indagini ha escluso ogni forma di giustificazione sottolineando la gravità del gesto, seppur inspiegabile. Le sue azioni, si legge nell’atto, sono state considerate “idonee a cagionare la morte della bambina, evento non verificatosi solo grazie al tempestivo intervento dei sanitari in servizio”. L’imputata, trentenne sposata con un ufficiale delle forze armate, era stata arrestata ma dopo un periodo di detenzione a Rebibbia è ora ai domiciliari. In più occasioni si è difesa respingendo le accuse: “Ho sempre curato la mia bambina con la massima attenzione. Perché avrei dovuta ucciderla?”.
TENTA DI UCCIDERE FIGLIA DI 8 ANNI CON PUNTURA
Quando i medici scoprirono ciò che aveva fatto la donna, riuscendo a salvare la bimba, avevano recuperato sotto le lenzuola una sola siringa, mai repertata né sequestrata. Dagli esami emerse che con quella siringa la donna aveva eseguito sulla piccola varie iniezioni. Le conseguenze sulla salute della bimba sono state gravi al punto da dover essere sottoposta a cure mirate per ulteriori 40 giorni. Secondo quanto emerso dalle perizie, l’iniezione choc avrebbe causato nella piccola febbre, gravi sintomi neurologici, e cardiologici, ma anche successivamente perdite di coscienza, alternati a stati soporiferi o di agitazione. Durante la convalida dell’arresto la mamma aveva detto che forse il suo atteggiamento era stato frainteso: “Avevo le mani sotto le lenzuola, ma solo per fare le coccole alla mia bambina”, si era giustificata. E la sua difesa avrebbe anche giustificato i valori anomali derivanti, a loro detta, dalla malattia genetica che farebbe schizzare i livelli di alcune sostanze nel corpo del malato. Per la difesa inoltre mancherebbe il movente, dal momento che non avrebbe avuto alcun motivo per assassinare la sua bambina. Secondo la procura, tuttavia, potrebbe realmente esserci una spiegazione: è possibile che la donna possa soffrire della sindrome di Munchhausen, disturbo psicologico che porterebbe la paziente a fingere una malattia o un trauma psicologico, come in questo caso, al solo scopo di attirare l’attenzione.