Scoppiano nuove tensioni tra Thailandia e Cambogia: scontri sul confine, collegati alla storica disputa sul tempio di Preah Vihear e sui terreni circostanti
Sembra essersi riaperta – peraltro con un’intensità mai raggiunta in precedenza – la disputa territoriale tra Thailandia e Cambogia che dopo diversi mesi di tensioni politiche sono passate all’azione militare nella giornata di giovedì 24 luglio 2025: per ora il bilancio è ancora abbastanza incerto e dopo un iniziale scambio di colpi sembra che i due eserciti si siano (relativamente) calmati, ma sono in molti a credere che nelle prossime ore la situazione potrebbe ulteriormente degenerare.
Per quello che sappiamo fino a questo momento, negli scontri di giovedì sarebbero rimaste uccise almeno 12 persone dal lato della Thailandia, tutte – a parte una – civili, con 24 civili rimasti feriti, così come sarebbero già migliaia di sfollati, costretti a lasciare il confine ormai pesantemente militarizzato; mentre dal lato della Cambogia non sono state rilasciate informazioni ufficiali sul numero di persone e soldati coinvolti negli scontri.
Dalle prime ricostruzioni, peraltro, pare che attualmente la Thailandia abbia già chiuso tutti i valichi di confine e abbia espulso ogni diplomatico; mentre non è chiara neppure quale sia l’effettiva origine delle tensioni con entrambi i paesi che si rimbalzano le responsabilità parlando di attacchi deliberati e mirati contro i civili e chiedendo al contendente di deporre le armi, tutto con la Cina – partner di entrambi i paesi – che si è già fatta avanti per mediare una de-escalation.
Cosa succede tra Thailandia e Cambogia: la secolare disputa sul tempio di Preah Vihear
L’origine degli scontri, però, sembra essere ormai secolare, risalente addirittura all’epoca coloniale in cui la Francia occupò la Cambogia e ne disegnò – arbitrariamente – i confini: nelle linee fu incluso anche il tempio di Preah Vihear che si trova al confine thailandese e propri quell’area (incluse anche alcune terre circostanti) è da decenni al centro delle conteste di tutti e due i paesi; specialmente a partire dal 1953 quando i cambogiani ottennero l’indipendenza.
Pochi anni più tardi la Corte Internazionale di Giustizia diede ragione alla Cambogia e la questione sembrò (sulla carta) risolta, ma la situazione è esplosa nuovamente con l’arrivo del nuovo millennio e – soprattutto – della decisione dell’Unesco di inserire il tempio nel patrimonio dell’umanità: da quel momento gli scontri sono continuanti in modo quasi ininterrotto fino al 2013 – fortunatamente sempre lievi e con pochissimi morti – quando la Corte dell’Aja ha dato nuovamente ragione a Phnom Penh.
Nuova pausa negli scontri – senza tuttavia trovare alcuna reale soluzione dato che l’Aja non incluse nella sua sentenza alcuni territori altrettanto contesi, circostanti al tempio -, fino alla scorso maggio quando un soldato dalla Cambogia è stato ucciso in un incidente non ancora del tutto compreso: la soluzione in quel caso fu politica, ma dopo lo scoppio di un piccolo caso politico interno alla Thailandia (con la premier che criticò apertamente l’operato del suo stesso esercito, venendo destituita dagli stessi soldati) la situazione è nuovamente esplosa.