L’inviato USA per Siria e Libano in Medio Oriente. Israele vuole il disarmo di Hezbollah ma non lascia il sud del Paese. Dopo la tregua morte 252 persone
Ore decisive per Libano e Siria: l’inviato USA Thomas Barrack è in Medio Oriente per mettere a punto le strategie per pacificare definitivamente questi due fronti. E, mentre Damasco sembra orientata a un accordo con Israele, in Libano – spiega Camille Eid, giornalista libanese residente in Italia, collaboratore di Avvenire – tiene banco ancora la questione del disarmo di Hezbollah e dei gruppi palestinesi: gli USA chiedono che venga fatto subito, per poi allontanare l’IDF dal Sud Libano, mentre i libanesi hanno difficoltà ad accontentarli proprio perché, nel frattempo, Israele resta nelle colline dentro il confine.
Dopo il cessate il fuoco Israele ha continuato in realtà con le operazioni militari, nelle quali sono morte oltre 250 persone. Netanyahu vorrebbe anche un cuscinetto tra i due Paesi, in una zona nella quale 70mila persone attendono di tornare ai loro villaggi, anche se sono distrutti.
Netanyahu ha incontrato l’inviato americano per Siria e Libano Thomas Barrack: due fronti ancora aperti?
Oggi Barrack sarà anche a Beirut e si capirà la risposta israeliana alle proposte USA per il Libano. Gli americani hanno presentato un piano sul disarmo e sulla situazione del Sud del Paese, approvato in due sedute del Consiglio dei ministri, 5 e 7 agosto, dai libanesi. Ci sono alcuni punti discutibili: gli Stati Uniti chiedono di disarmare tutte le organizzazioni che operano in Libano, incluso Hezbollah, per poi arrivare al ritiro di Israele dalle colline strategiche ancora occupate nel Sud, ma per il governo libanese è difficile chiedere il disarmo proprio perché il Sud è ancora occupato. Barrack, inoltre, ha un mandato per fare pressioni su Beirut, ma non per esercitarle nei confronti di Tel Aviv.
C’è poi la questione della zona cuscinetto che Israele vorrebbe tra i due Paesi, proposta che ai libanesi non sarebbe stata comunicata ufficialmente. In che termini sta la questione?
Per ora si tratta di voci che riguardano un’area dove i villaggi sono distrutti. Ci sono due ipotesi sulle intenzioni di Israele: alcuni parlano di una zona cuscinetto vuota, perché Israele non vuole villaggi sul confine. Ora ce ne sono diversi, tre o quattro dei quali sono cristiani. Il cuscinetto, in questo caso, sarebbe una zona completamente vuota, terra bruciata, dove i centri abitati sono distrutti, colpiti anche dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco.
E l’altra soluzione?
Sarebbe quella di una zona industriale. Nel documento degli americani, di tutto questo non c’è traccia. Se Barrack dovesse annunciarlo, sarebbe grave: parliamo di 70mila abitanti che non sono stati ancora reintegrati nelle loro abitazioni.
C’è da affrontare anche il tema della missione UNIFIL, nella quale sono presenti anche i soldati italiani. Verrà rinnovata?
Nella delegazione americana, oltre a Barrack, c’è anche Morgan Ortagus, ex inviata USA per il Libano, ora nella delegazione americana all’ONU. Le Nazioni Unite dovevano decidere in questi giorni il rinnovo della missione, che scade il 31 agosto, ma la decisione è stata rinviata al 29. Israele è contrario a un prolungamento della presenza dei caschi blu e gli americani vorrebbero assecondare le sue richieste. C’è una bozza di accordo che i francesi continuano ad aggiornare per accontentare Washington: prevede una diminuzione degli effettivi della missione o l’assicurazione che si tratta dell’ultima iniziativa di questo tipo.
Come potrebbe cambiare la presenza dell’UNIFIL?
Secondo gli israeliani la missione è fallita perché non ha impedito a Hezbollah di armarsi, di costruire un arsenale nel Sud del Libano. Potrebbero essere cambiate le regole d’ingaggio: prima i caschi blu dovevano sempre informare l’esercito libanese ed essere accompagnati dai suoi soldati per entrare in un villaggio e cercare depositi di armi. Adesso si chiede di poterlo fare senza preavviso, pur rimanendo una forza di peacekeeping.
La questione fondamentale, tuttavia, rimane il disarmo di Hezbollah. Come procede?
Il governo libanese ha passato la patata bollente all’esercito, incaricandolo di predisporre un piano per il disarmo di tutte le organizzazioni. Il documento è in via di preparazione e verrà discusso il 2 settembre nella prima seduta del governo. Secondo alcune voci, i militari avrebbero chiesto di spostare la scadenza entro la quale rendere operativo il disarmo: era stato chiesto di fare tutto entro fine anno, ma probabilmente si punterà a far slittare tutto di qualche mese. Intanto si è iniziato con i palestinesi.
Il primo intervento ha riguardato milizie di Fatah, per il resto cosa è stato fatto?
Hanno iniziato con un piccolo campo profughi di Beirut. Abu Mazen, a maggio, era arrivato nella capitale concludendo un accordo sul disarmo dei palestinesi. Due giorni dopo le organizzazioni palestinesi sono insorte perché il capo dell’ANP aveva deciso per tutti. Alcune di loro, come Hamas e la Jihad, non fanno neanche parte dell’OLP. Inoltre, in Libano ci sono organizzazioni fondamentaliste e altre frange, nate anche dalle scissioni di Fatah.
Hezbollah cosa dice, rifiuta il disarmo?
Si rifiuta se una parte del territorio libanese è ancora sotto occupazione. Ora è Nabih Berri, presidente del Parlamento libanese, che sta cercando di arrivare a un compromesso e, per far questo, vuole un segnale da Israele. Il cessate il fuoco aveva due garanti, Francia e Stati Uniti, ma il comitato creato per controllare che le armi tacciano veramente si è riunito solo due o tre volte. Berri ha proposto una tregua di due settimane di cessazione delle violazioni israeliane: dopo il cessate il fuoco, infatti, ci sono stati 252 morti, dato relativo a metà agosto. Ora, però, c’è un elemento di novità da tenere in considerazione.
Quale?
Con Barrack e la Ortagus a Beirut è annunciato anche il senatore Lindsey Graham, noto per le sue dichiarazioni filoisraeliane. L’ultima è stata questa: “Se gli Stati Uniti dovessero staccare la spina a Israele, Dio staccherà la spina agli Stati Uniti”. È presidente della Commissione Bilancio e la sua presenza viene giustificata in questo modo.
Al Sharaa, intanto, dice che stanno proseguendo i colloqui con Israele: la Siria arriverà a un’intesa? Perché è importante anche per il Libano?
I siriani chiedono di tornare ai termini degli accordi del 1974, ma non tengono conto del fatto che Israele ha ampliato il suo controllo sul monte Hermon, a Sweda, e che ha messo a segno diverse incursioni in Siria. Sono sicuro, tuttavia, che Damasco raggiungerà un accordo: non ha fiatato quando Israele, nei primi giorni del dopo Assad, ha distrutto tutte le basi militari del vecchio esercito siriano e, quando Netanyahu minacciò Assad dicendogli che stava giocando con il fuoco, il giorno dopo partì l’offensiva di HTS da Idlib verso Aleppo. In quell’offensiva, insieme a quella della Turchia, c’era la mano di Israele. Infine, Trump ha promesso ad al Sharaa di sostenerlo in cambio della pace con Tel Aviv.
La trattativa Siria-Israele su cosa verte?
Israele chiede che la Siria meridionale non sia presidiata da soldati che fanno capo al governo di Damasco, come il Sinai per l’Egitto.
I rapporti tra Siria e Libano, invece, a che punto sono?
Il primo ministro libanese Nawaf Salam è stato a Damasco, ma nessun responsabile di primo piano siriano si è recato a Beirut. Adesso, però, si parla dell’arrivo in Libano di una delegazione siriana perché Barrack preme per la delimitazione dei confini tra Libano e Siria, ma non per bloccare il traffico di droga e benzina che arricchisce bande libanesi e siriane, quanto per dare un taglio al passaggio delle armi. Secondo fonti vicine a Hezbollah, qualora Israele dovesse riprendere la sua offensiva militare nel Sud, bisogna aspettarsi una contemporanea offensiva da parte siriana: al Sharaa ha un conto aperto con Hezbollah, che ha combattuto contro i suoi per anni.
C’è la possibilità che i rapporti tra i due Paesi rimangano tesi?
Al Sharaa dice che il Libano deve beneficiare della rinascita della Siria, altrimenti subirà perdite significative. Non è chiaro cosa intenda per perdite.
(Paolo Rossetti)
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