ACEA (Association des Constructeurs Europeens d’Automobiles), ha diffuso i dati relativi alle immatricolazioni di vetture in Europa nel mese di marzo 2012 e il panorama è tutt’altro che rassicurante. Preso nel suo insieme (area UE27 più paesi dell’Efta) il mercato europeo dell’auto fa registrare il sesto calo consecutivo, facendo segnare un -6,6% rispetto all’anno precedente.
Se si allarga la valutazione a tutto il primo trimestre dell’anno il calo è ancora più sensibile: -7,3%. Ovviamente questi risultati si inseriscono in un più generale rallentamento dell’economia europea, dove gli unici a salvarsi sono i marchi di lusso che nel primo trimestre restano stabili o addirittura crescono leggermente. Questo in Europa, perché in Italia come vedremo più avanti non va esattamente così.Ma se dai numeri compessivi scendiamo nel dettaglio dei singoli Paesi scopriamo che l’andamento registrato nel corso del 2011 non dà segni di inversione.
A fronte di un’aumento delle immatricolazioni di Germania e Gran Bretagna, rispettivamente del 3,4% e dell’1,8%, fanno da contraltare il calo in Spagna del 4,5% (che si riferisce a un 2011 segnato da un vero e proprio crollo delle immatricolazioni) ma soprattutto il -23,2% della Francia e il -26,7% dell’Italia.
Vero che nel nostro Paese ha influito molto lo sciopero delle bisarche, i camion addetti al trasporto di vetture, che non hanno reso possibile la consegna delle vetture ai clienti finali, ma anche al netto di questo fattore resta comunque un calo che può essere assimilato a quello dei primi mesi dell’anno (-17,8%). Da sottolineare che questo sciopero ha portato parecchi problemi in casa Fiat, dove si stima un decremento delle consegne di circa 12.000 unità, che aiuta a spiegare il dato estremamente negativo per il gruppo guidato da Marchionne che in marzo segna un -25,8% rispetto al 2010.
Scioperi a parte le ragioni di questo crollo europeo sono praticamente le medesime di quelle che si possono registrare da noi: prezzi dei carburanti e dell’assicurazione della RC auto, ma soprattutto le difficoltà di un quadro economico in continuo peggioramento. Non a caso il mercato tedesco è l’unico che sembra poter continuare a crescere anche nel corso del 2012.
Per invertire la tendenza del mercato auto in Italia ci vorrebbe innanzi tutto una ripresa dell’economia di cui, però, non si scorge alcun segno premonitore, così come non si intravedono nel prossimo futuro provvedimenti da parte del Governo che possano fornire uno stimolo all’economia e anzi, per quanto riguarda l’auto, si coninuano ad annunciare nuovi aumenti di accise o riduzioni della possibilità per gli operatori economici di detrarre i costi dell’auto aziendale.
Roberto Vavassori, neo-presidente di Anfia, commenta in questo modo i dati: “Il consolidamento fiscale e le condizioni sfavorevoli del mercato del lavoro che caratterizzano alcuni Paesi, tra cui il nostro, gravano sul consumo privato, mentre il rischio di nuove turbolenze finanziarie, di ulteriori rialzi del prezzo del petrolio e del prelievo fiscale a danno della mobilità, non aiutano certo a risollevare il clima di fiducia dei consumatori. Per l’Italia la situazione rimane preoccupante sia per il mercato dell’auto – per cui è prevista una chiusura d’anno inferiore a 1.500.000 unità, in ribasso di oltre il 14% su un 2011 già difficile e del 40% rispetto ai livelli pre-crisi del 2007 (2.493.105 unità) – sia per gli altri comparti della filiera, con le immatricolazioni dei veicoli commerciali leggeri previste in calo del 18%, quelle degli autocarri del 16,3% e degli autobus dell’8,6%”.
Simile la valutazione di Romano Valente, direttore generale Unrae (Associazione delle Case automobilistiche estere in Italia): “I Paesi dell’Est Europa stanno mostrando una propensione alla mobilità più vicina ai tipici canoni europei di qualche anno fa. Sono accompagnati nella crescita daGermania, forte di un favorevole momento economico, e Gran Bretagna che sfrutta la stagionalitàdel cambio targa. L’area mediterranea, invece soffre per ragioni legate alla crisi economica (Italia, Spagna, Grecia) o al confronto di Francia e Portogallo, con analoghi periodi coperti da incentivazione. Il comune denominatore di tutti i mercati in difficoltà è rappresentato dall’aumento dei costi di esercizio delle vetture, che in un contesto economico generale di debolezza e in un mercato saturo e di pura sostituzione, tengono lontani gli utenti dall’auto. Tocca il nostro orgoglio di italiani il constatare che scendiamo al 4° posto nella classifica europea e quest’anno sarà difficile riuscire a recuperare posizioni”.
In Italia anche i ricchi piangono
Come si diceva in precedenza, il mercato del lusso è l’unico che in Europa registra dati positivi, ma in Italia la situazione è molto differente come indicato dai dati diffusi da Federauto, associazione dei concessionari di autoveicoli. E’ netto in tal senso il giudizio del presidente Filippo Pavan Bernacchi: “La contrazione delle vendite registrata nel primo trimestre di quest’anno di Ferrari, (-51,5%) rispetto al pari periodo del 2011, e Maserati (-70%) testimoniano come le scelte intraprese dal Governo abbiano letteralmente terrorizzato i potenziali clienti. Anche quelli, e sono la stragrande maggioranza, che nulla avrebbero da temere dall’Agenzia delle Entrate. Ora chi possiede queste vetture o cerca di sbarazzarsene, soprattutto all’estero, o le tiene in garage per paura di essere fermato e fatto oggetto di indagini plurime. Chiediamo al Governo un passo indietro, come è stato fatto con la nautica o con gli emendamenti introdotti nel ‘Salva-Italia’ che hanno alleggerito le tasse per elicotteri e aerei. I provvedimenti iniziali, infatti, avrebbero fatto sparire barche e motoscafi dai nostri porti con gravi danni per la nostra economia. Lo stesso principio vale per le auto, beni di lusso filosoficamente identici agli altri beni di lusso. Stante il crollo delle vendite di tutte le auto prestazionali, sia di produzione nazionale che estera, ed il conseguente minor gettito da IVA, IPT, e bollo, Federauto stima per quest’anno, rispetto al 2011, circa 105 milioni di euro di mancate entrate per lo Stato relative al solo segmento del lusso. Ci chiediamo perciò con quali criteri vengano adottate le misure fiscali quando l’effetto complessivo comporta una ulteriore depressione del mercato e perdita di gettito per lo Stato”.
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