A Gaza è tempo della seconda fase della tregua, ma Netanyahu vuole prolungare la prima. Per non rinunciare alla possibilità di combattere ancora

Rilasciare gli ostaggi gradualmente, ma senza che questo implichi una trattativa sul futuro di Gaza. In pratica, un prolungamento della prima fase della tregua che non entri nel merito di quali soluzioni adottare per risolvere la questione palestinese. Alla vigilia della ripresa dei negoziati al Cairo, Israele prende tempo: in realtà Netanyahu non vuole una soluzione definitiva, ma preferisce tenere sempre aperta la porta della guerra per non scontentare l’estrema destra del suo governo e per garantire a sé stesso la sopravvivenza politica.



Al di là delle parole, spiega Sherif El Sebaie, opinionista egiziano esperto di geopolitica del Medio Oriente, degli ostaggi non gli interessa molto, ammesso che li abbia mai considerati davvero una priorità, e quindi non è disposto ad assecondare la proposta di Hamas, che ha dato la disponibilità a liberare tutte in una volta le persone rapite in cambio della fine definitiva della guerra.



Intanto, Donald Trump non rinuncia alla sua idea di fare di Gaza la “riviera del Medio Oriente”. Un’ipotesi oggetto di un video che, al di là delle rappresentazioni della Striscia con turisti e grattacieli, in realtà potrebbe essere un messaggio ai Paesi arabi, che si riuniranno nei prossimi giorni per proporre un piano alternativo a quello del presidente americano sul futuro di Gaza.

La tregua a Gaza è alla soglia della seconda fase, ma se Trump dichiara che ci sono stati passi avanti nelle trattative, dall’altra parte Netanyahu sembra volere un prolungamento della prima fase con l’ulteriore liberazione di ostaggi, senza però dover affrontare il tema del futuro di Gaza. Cosa sta succedendo davvero?



Sapevamo dall’inizio, dal 7 ottobre, che politicamente a Netanyahu conviene che la vicenda di Gaza non si chiuda e neanche che vada verso la normalizzazione. A lui serve questo stato di guerra, che potrebbe essere l’occasione per chiudere una volta per tutte la questione palestinese, obiettivo dell’estrema destra israeliana. Sul piano personale, inoltre, per Netanyahu più ci sono situazioni che possano distrarre dal processo penale in corso in questo momento contro di lui, meglio è. D’altronde, si è capito che per il governo gli ostaggi non sono più un’urgenza: se lo fossero stati, non sarebbero rimasti 15 mesi sotto le bombe. Hanno un valore relativo, a maggior ragione ora che c’è un presidente USA che parla di deportazione dei palestinesi altrove rispetto a Gaza. Per l’estrema destra sarebbe coronare un sogno.

Ma Netanyahu cos’ha in testa veramente?

Gli serve riavere degli ostaggi, liberarli centellinandoli, senza dover prendere impegni sul ritiro da Gaza dell’IDF o sulla non prosecuzione della guerra. È evidente, invece, che ha intenzione di mantenere le truppe nella Striscia e di prendersi tutto il territorio, per fare la “riviera del Medio Oriente”, come promesso da Trump, mantenendo quella tensione che prima o poi possa fornirgli un casus belli, il pretesto per tornare a combattere. È anche tutto tempo guadagnato per continuare a realizzare il suo piano in Cisgiordania, simile a quello di Gaza, anche se di minore intensità.

Hamas, invece, si dice disposta a liberare gli ostaggi ancora nelle sue mani tutti in una volta. Perché?

È una proposta che mira a mettere in difficoltà Netanyahu di fronte alla sua opinione pubblica: i familiari non capirebbero perché Israele non si mostra disponibile a riaverli tutti.

Gli americani in tutto questo che posizione stanno tenendo? Trump ha guadagnato la scena con il video in cui si rappresenta come sarà Gaza trasformata in riviera. Qual è il messaggio che passa grazie a queste immagini?

Trump non ha abbandonato l’idea della riviera, che accarezza il suo ego di immobiliarista di successo. Il video che mostra le statue dorate, i resort, lui stesso con l’amico Netanyahu in spiaggia gli piace e lo ha pubblicato per questo. È un motivo per far parlare di sé. Se invece vogliamo cercare qualcosa di razionale dietro questa iniziativa, che potrebbe anche non esserci, possiamo vederci un segnale per i Paesi arabi, che si apprestano a riunirsi per proporre un piano alternativo al suo per Gaza. Il messaggio è: “Datevi una mossa perché io non ho rinunciato al mio progetto”.

Gli americani a cosa puntano? Trump dice sempre che qualsiasi cosa vogliano fare gli israeliani va bene: è davvero così?

Ha dichiarato che potrebbe anche lasciare mano libera agli israeliani. L’ha sempre detto, anche durante il primo mandato. Che poi è la stessa cosa che diceva Biden, con la differenza che ogni tanto doveva rendere conto all’opposizione interna ai democratici. Trump, invece, ha un endorsement molto forte da parte di tutto il movimento cristiano sionista, ha tutto l’interesse di continuare a mandare questi segnali. Fosse per lui, il piano per Gaza potrebbe essere effettivamente quello che prevede la deportazione dei palestinesi. Per lui Israele ha sempre ragione.

Ma la dichiarazione di Trump che le trattative fanno passi avanti non è in contraddizione con la frenata di Netanyahu, che non vuole affrontare la seconda fase dell’accordo sul cessate il fuoco?

Trump dice sempre che le cose vanno bene, perché finché c’è lui al governo questo è il messaggio che deve passare. Poi, se qualcosa dovesse andare storto, la colpa sarà degli altri.

(Paolo Rossetti)

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI