Era il 2013 quando all’esito di estenuanti negoziazioni veniva sottoscritto l’Accordo sul Tribunale Unificato dei Brevetti. Trattasi di un importante tassello destinato a risolvere l’annoso problema della frammentazione del mercato dei brevetti dovuta alle divergenze tra gli ordinamenti giurisdizionali nazionali. La cooperazione tra gli Stati membri dell’Unione europea nel settore dei brevetti, oltre a favorire l’innovazione, è, infatti, suscettibile di contribuire significativamente al processo di integrazione in Europa e all’elaborazione di un sistema atto ad assicurare che la concorrenza nel mercato interno non sia soggetta a distorsioni.
La nuova Autorità nasce per dirimere le controversie relative alla validità e contraffazioni dei brevetti europei e dei brevetti europei con effetto unitario. Il Tribunale consta di una sede centrale a Parigi, con sezioni a Londra e a Monaco, nonché di divisioni locali che possono essere istituite in ciascuno Stato membro contraente, conformemente allo statuto. È altresì prevista la possibilità di istituire divisioni regionali per due o più Stati membri, laddove ne venga fatta richiesta e comunque conformemente allo statuto, designando la sede della divisione in questione.
L’accordo in parola, a mente dell’art. 89, sarebbe dovuto entrare in vigore successivamente al deposito del tredicesimo strumento di ratifica, inclusi i tre Stati nei quali il maggior numero di brevetti europei aveva effetto nell’anno precedente a quello in cui ha avuto luogo la firma del trattato medesimo, ossia il 2012. I tre Stati in questione sono Germania, Francia e Regno Unito. Detti Stati, per le medesime ragioni, rappresentano anche i tre Stati membri che ospitano, a mente dell’art. 7, la sede della divisione centrale (Parigi) e delle sue due sezioni (Monaco di Baviera e Londra). Senonché, in data 31 marzo 2017, l’avvocato tedesco Ingve Björn Stjerna impugnava l’atto con il quale la Germania aveva ratificato l’Accordo, in tal modo impedendone l’entrata in vigore.
Ebbene, con decisione del 13 febbraio 2020, pubblicata in data 20 marzo 2020, la Corte Costituzionale tedesca dichiarava nullo l’atto di ratifica, in quanto assunto dal Bundestag in assenza del quorum di due terzi previsto dalla normativa vigente. Negli stessi giorni, il portavoce del primo ministro Boris Johnson dichiarava ufficialmente come il Governo inglese non fosse interessato al sistema del Tribunale Unificato dei Brevetti.
Successivamente, in data 10 giugno 2020, venivano pubblicate sul sito del Ministero della Giustizia tedesco le note illustrative al progetto di legge di nuova ratifica dell’Accordo sul Tribunale Unificato dei Brevetti (non ancora portato a votazione) che auspicano una soluzione transitoria atta ad accorpare, quantomeno temporaneamente, le competenze delle sezione londinese alla sede di Parigi e alla sezione di Monaco di Baviera. Frattanto, il 20 luglio 2020 le anticipazioni del Governo inglese venivano ufficializzate, allorquando il Ministro Amanda Solloway dichiarava ufficialmente il ritiro da parte del Regno Unito dello strumento di ratifica del Trattato.
Tale decisione trova giustificazione nella previsione di una giurisdizione di ultima istanza, affidata alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, finalizzata a garantire la corretta applicazione e l’interpretazione uniforme del diritto dell’Unione, ritenuta incompatibile dal Governo britannico con la decisione assunta di recedere dall’Unione europea. Prendeva così corpo la candidatura di Milano.
In realtà, di tale candidatura si parla da anni, quantomeno in via ipotetica, posto che l’adesione all’Accordo sul Tribunale Unificato presuppone lo status di Stato membro dell’Unione europea incompatibile, per quanto riguarda il Regno Unito, con la Brexit. Tant’è che esiste in ambito regionale lombardo da qualche anno un tavolo tecnico al quale siedono rappresentanti delle locali istituzioni, del mondo accademico, delle associazioni e delle professioni, volto a studiare i plurimi risvolti relativi alla candidatura milanese.
Ma quali sono le ragioni che hanno spinto il Governo dapprima a candidare genericamente l’Italia e poi Milano a ricoprire le funzioni inizialmente attribuite a Londra?
Un primo importante motivo riguarda il numero di brevetti europei in vigore nel 2012, ossia nell’anno precedente alla firma del Trattato che, come in precedenza evidenziato, è stato il criterio adottato per la originaria designazione delle Corti. In tale contesto, si rileva come l’Italia nel 2012 si fosse piazzata al quarto posto, dietro al Regno Unito, per numero di brevetti europei in vigore. Tale posizione risulta confermata da più fonti e da ultimo da uno studio, risalente al marzo 2020, del Policy Department for Citizens’ Rights and Constitutional Affairs presso il Parlamento Europeo. In tale documento viene infatti riferito come “once the UK withdrawn from the UPCA, the three Member States with the highest number of European patents in force in 2012 (see Article 89.1 UPCA) would be Germany (414 754), France (336 434) and Italy (190 000)…“.
Un secondo importante motivo riguarda la competenza per materia attribuita alla sezione londinese e afferente i settori della chimica, life science, della farmaceutica e della metallurgia. L’attribuzione a Milano della sezione della Divisione Centrale del Tribunale Unificato dei Brevetti, rimasta vacante, è infatti suscettibile di colmare quantomeno in parte la débâcle relativa alla candidatura milanese per ospitare l’EMA (European Medicines Agency), attesa la parziale prossimità delle materie trattate della sezione. Da qui la decisione del Governo di portare avanti in ambito internazionale la candidatura di Milano, resa ufficiale lo scorso 3 settembre.
Quali sono ora i possibili scenari? Il 10 settembre si terrà a Bruxelles una riunione del Comitato Preparatorio nell’ambito del quale si discuteranno le sorti della sezione londinese. In tale contesto dovrà essere affrontato il tema della candidatura milanese di concerto con le altre eventuali candidature. Al momento si vocifera di una candidatura antagonista olandese fondata sul fatto che i Paesi Bassi ospitano la sede dell’EMA anch’essa in precedenza a Londra. Inoltre, all’Aja (a Rijswijk) vi è una sede dell’Ufficio Brevetti Europeo. A ciò aggiungasi quanto proposto dalla Germania per una soluzione temporanea che, tuttavia, comporta il rischio, laddove accettata acriticamente, di divenire definitiva.
Quello del 10 settembre è solo il calcio d’inizio. La partita è ancora lunga. Tuttavia, è auspicabile che la coralità con la quale la candidatura italiana in primis è stata supportata, seppur nei distinguo di volta in volta sottolineati dalle varie parti, venga coltivata e alimentata anche nei prossimi passaggi. Infatti, è fondamentale esprimere un’unità di posizioni e gioco di squadra in ambito internazionale secondo l’originalità dello schema Italia che è in grado di esprimere una sintesi ogni qualvolta il gioco si fa duro.
Solo in questo modo l’Italia potrà efficacemente competere portando a casa un risultato utile nell’interesse della collettività. È infatti importante sottolineare come l’attribuzione della sezione londinese a Milano potrebbe generare un indotto il cui valore si aggira in circa 350 milioni di euro annui.