Il piano di Trump su Gaza e la fine della guerra con Hamas: “pressing su Netanyahu”, ecco cosa succede. Cisgiordania, Israele punta alle annessioni
IL “PRESSING” DELLA CASA BIANCA PER CHIUDERE LA GUERRA A GAZA: IL PIANO DI TRUMP
Trump ha fretta di chiudere sia in Ucraina che nella Striscia di Gaza due guerre da lui non volute né iniziate e che rischiano di pesare come un macigno nell’idea americana di “isolarsi” dal caos globale in Europa e Medio Oriente. Da qui la furia (a livello privato, mai in pubblico) contro il Premier Netanyahu per una tregua che Israele non vuole più sottoscrivere con Hamas dopo i continui “giochi” a colpi di propaganda tra lo Stato ebraico e la sigla palestinese terroristica.
Secondo Channel 12, la tv israeliana di norma molto informata sui rapporti di alleanza tra USA e Israele, vi sarebbe un forte pressing dell’amministrazione Trump in questi giorni per condurre il Governo Netanyahu ad una rapida conquista di Gaza City, così da chiudere al più presto il conflitto nella Striscia. Secondo addirittura le fonti della tv israeliana, il piano degli Stati Uniti prevede la conquista in due settimane dell’area dove ancora domina Hamas: anche per questo motivo, spiega Channel 12, Netanyahu avrebbe chiuso del tutto le velleità di una tregua momentanea, per concentrarsi sull’assalto contro Hamas come richiesto dall’alleato americano.

Secondo le voci della Casa Bianca riportate oggi dai media in Israele, Trump ritiene che Hamas non restituirà mai gli ostaggi rapiti il 7 ottobre 2023, ma anzi «li userà per sopravvivere». Washington infine non riuscirebbe a comprendere come una piccola frazione di territorio come Gaza City sia così “impossibile” da recuperare in tempi brevi. Al contempo, altre fonti americane su Axios riportano della volontà del Governo di Israele di puntare seriamente all’annessione di alcune parti della Cisgiordania come forma di “ritorsione” contro i prossimi riconoscimenti internazionali sullo Stato di Palestina da Paesi occidentali come la Francia, il Regno Unito e l’Australia (ma non solo).
LE MOSSE DI ISRAELE E IL REBUS IN CISGIORDANIA: INTANTO SU GAZA…
Se è vero che anche negli ultimi vertici UE sono l’Italia e la Germania ad aver frenato le sanzioni contro Israele (spinte invece da Francia, Olanda e Paesi nordici) per gli scenari umanitari drammatici nella Striscia di Gaza, lo scenario internazionale è sempre più instabile circa il conflitto che non sembra avvicinarsi alla conclusione in Medio Oriente.
La mossa sulla Cisgiordania, così come l’occupazione di Gaza City, vengono viste come un tentativo di Netanyahu di andare contro ogni diritto internazionale garantito dall’ONU: di contro, Tel Aviv e Washington sostengono come occorra non piegarsi alle logiche propagandistiche di Hamas che rifletterebbero uno scenario a Gaza molto più drammatico di quanto non sia in realtà, con gli stessi terroristi che userebbero i civili come scudi ormai da anni.

Nel giorno in cui viene confermata l’uccisione del portavoce di Hamas e delle Brigate Qassam – Abu Obeida – sempre dall’IDF viene dato conto della minaccia lanciata ai vertici della sigla islamista alleata dell’Iran: «la maggior parte della leadership di Hamas risiede all’estero, ma arriveremo anche a loro». Nel dialogo a distanza tra il Ministro degli Esteri di Israele Gideon Sa’ar e l’omologo americano Marco Rubio, il tema della Cisgiordania viene ribadito come centrale nello sviluppo delle politiche in Medio Oriente per i prossimi anni: «lavoriamo alla sovranità sulla West Bank», come elemento sostanziale assieme ad una sovranità araba-palestinese per Gaza City da garantire dopo aver debellato Hamas.
Secondo quanto riportato oggi dal Washington Post (che si aggiunge a quanto emerso ieri sul WSJ, ndr) il piano di Trump per la “riviera” di Gaza prevede addirittura 5mila dollari per ogni residente che decide di andarsene dalla città al centro della Striscia: secondo le fonti della Casa Bianca, il piano sarebbe addirittura di una gestione comunque “amministrata” dagli USA per i prossimi 10 anni per impostare uno sviluppo turistico e manifatturiero in un luogo dove ora ci sono solo macerie e morte.
