Questa volta le bomber anti-bunker dell’IDF hanno avuto ragione del nemico giurato di Israele, il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, dal ’92 alla guida del “partito di Dio”. Dopo una prima fase di incertezza, la notizia della morte è stata confermata ieri alle 13:42 da Hezbollah.
Non sono ancora chiari i possibili sviluppi, soprattutto dopo che l’Iran, come prevedibile, ha dichiarato pieno appoggio a Hezbollah e si è detto pronto a inviare truppe in Libano. Hezbollah ha fatto sapere in un comunicato che “continuerà il Jihad contro il nemico, a sostegno di Gaza e della Palestina, e in difesa del Libano”. Non meno significative le parole dell’Idf, affidate al portavoce Shoshani: gran parte del potenziale bellico di Hezbollah rimane intatto e Israele è pronta a fronteggiare una risposta che ritiene pressoché certa.
Secondo Ugo Tramballi, editorialista de Il Sole 24 Ore e consigliere scientifico dell’Ispi, all’Iran la guerra non interessa e l’Occidente non dovrebbe sprecare i segnali mandati da Teheran.
“Con l’uccisione di Nasrallah – spiega Tramballi al Sussidiario – l’Idf ha eliminato la leadership politica e gravemente indebolito quella militare. Ma se Israele ha una indiscussa superiorità sul piano dell’intelligence, della tecnologia e dell’aviazione, in caso di invasione di terra le cose cambierebbero”.
Le forze israeliane controllano già l’aeroporto di Beirut. E nei giorni scorsi, dopo i primi strike, l’esercito si era detto pronto.
Di fronte alla debolezza dimostrata da Hezbollah, la tentazione israeliana è molto forte, ma il bilancio di 18 anni di occupazione del Libano (1982-2000, ndr), e poi il ritiro nel 2006 dopo la guerra con Hezbollah, dovrebbero suggerire alla dirigenza israeliana la massima cautela.
Nonostante i successi di questi giorni?
Sono 18 anni che tutti gli studi e le strategie militari di Israele sono rivolti a colpire Hezbollah, e dietro il “partito di Dio” il suo mandante, l’Iran. Ma sarebbe molto difficile sradicare Hezbollah dal sud del Libano, in una campagna che coinvolgerebbe metà del territorio libanese.
Insomma, non si può fare come a Gaza?
Dopo aver ridotto Gaza a un cumulo di macerie, Netanyahu non è riuscito a sradicare Hamas come aveva promesso e il controllo politico è ancora nelle mani del movimento. Difficile che l’Idf riesca a eliminare Hezbollah, in un territorio ben più ampio e molto più controllato, con una forza molto più preparata e armata dei miliziani di Hamas.
L’eliminazione di Nasrallah pone un problema di leadership?
Assolutamente no: si dice che il nuovo leader sarebbe stato designato dagli iraniani fin dal 2008. È il limite delle soluzioni militari.
Vale a dire?
Dall’eliminazione dello sceicco Yassin in poi, sono state le operazioni di Israele a garantire il ricambio della leadership di Hamas. Prima essa era doppia, politica e militare, Sinwar e Haniyeh, oggi entrambe sono riunite sotto quella di Sinwar. Israele si è liberato dell’esponente più dialogante, non del più estremista. Lo stesso potrebbe valere per Hezbollah.
Tornando al Libano?
Cristiani, musulmani sunniti e drusi non amano affatto Hezbollah, che ha portato tutti in una guerra permanente, ma se Israele fa come nel 2006, quando bombardò anche le zone cristiane come Jounieh e Byblos, e come sembra abbia fatto anche in questi giorni, unirebbe tutti i libanesi contro il nemico comune.
L’uccisione di Nasrallah ha costretto l’Iran ad uscire allo scoperto. Qual è il tuo scenario nel breve termine?
Nei giorni scorsi il presidente Pezeshkian ha mostrato all’Onu il volto più dialogante di Teheran. Ovviamente ha definito gli attacchi di Israele “crimine di guerra”, ma è un messaggio che va interpretato senza subire la retorica di Netanyahu.
Teheran ha ribadito il sostegno a Hezbollah e la promessa di inviare soldati.
Sono risposte ovvie: Israele ha ammazzato il loro uomo in Libano. L’Iran va guardato non in termini militari, ma politici. In questi mesi ha sempre dimostrato di non voler alzare il livello dello scontro. L’attacco missilistico dell’aprile scorso è stato di fatto “telefonato” e quindi facilmente intercettato. Qualcuno poi ha detto che gli iraniani sono stati molto critici quando Nasrallah, dopo il 7 Ottobre, decise di sostenere la lotta di Hamas a Gaza lanciando razzi sul nord di Israele.
Perché l’Iran sarebbe così prudente?
Per due ragioni. La prima è che si trova una condizione geopolitica invidiabile. Grazie ai suoi proxy, controlla il Libano, la Siria, l’Iraq e buona parte dello Yemen senza aver mosso un battaglione. Non penso che voglia rinunciare a questo vantaggio strategico.
E la seconda?
Credo che l’Iran, come dicevo prima, in qualche modo ci mandi un messaggio, una opportunità di dialogo che l’Occidente non dovrebbe far l’errore di sprecare. È già successo.
Ad esempio?
Dopo l’11 settembre, l’Iran di Khatami, politico moderatissimo rispetto ad altri venuti dopo, offrì a George Bush l’aiuto di Teheran alla frontiera con l’Afghanistan. Bush rispose mettendo l’Iran nella lista degli Stati-canaglia.
Un segnale non capito?
Un segnale che non si è voluto capire, perché avere un grande nemico come l’Iran fa molto comodo. Per Netanyahu e chi governa con lui è inconcepibile riaprire il dossier dell’accordo sul nucleare. È molto più utile un Iran brutto e cattivo.
Quindi nonostante i proclami vedremo un Iran attendista?
Secondo me sì. Anche se gli israeliani facessero un’offensiva terrestre.
Netanyahu potrebbe invadere il Libano per rimanere al potere, come ha fatto a Gaza?
Non credo. Se l’Idf invade il Libano è perché si fa prendere la mano da un avversario debole e disorientato. Netanyahu potrebbe anche accettare un cessate il fuoco, se gli americani insistono. Gaza e Hamas gli permettono già di continuare la guerra, una guerra molto meno costosa e dispendiosa di quanto lo sarebbe quella libanese. E poi mi porrei una domanda.
Quale?
Com’è possibile eliminare così l’intera dirigenza di Hezbollah e non essere ancora arrivati a Sinwar?
La tua risposta?
È un fatto curioso, non c’è dubbio. Per rispondere basterebbe solo un pizzico di dietrologia. Ma ho lavorato con Montanelli al Giornale e lui la detestava, se la facessi mi licenzierebbe.
(Federico Ferraù)
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