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Home » Esteri » Ucraina » UCRAINA E PIANO USA/ 28 punti e una pace “sostenibile” che mette alla prova il realismo dell’Ue

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UCRAINA E PIANO USA/ 28 punti e una pace “sostenibile” che mette alla prova il realismo dell’Ue

Stefano Fassina
Pubblicato 22 Novembre 2025
Zelensky e Trump

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky con il presidente Usa Donald Trump alla Casa Bianca il 18 agosto 2025 (Ansa)

Il piano di pace Usa in 28 punti per terminare la guerra in Ucraina ha una base realistica, ma necessiterebbe di correzioni. Una sfida per Bruxelles

Non prospetta una “pace giusta”, categoria a-storica a uso dei talk show. Sarebbe potuta essere un’ipotesi meno pesante per Kiev e meno umiliante per le classi dirigenti europee se queste ultime avessero, con realismo, lavorato, dopo la prima dovuta reazione, a un negoziato con il Cremlino, invece di continuare a promettere velleitari e insostenibili impegni “fino alla vittoria dell’Ucraina” e a qualificare la Russia come “minaccia esistenziale”.


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Il piano della Casa Bianca – “armistizio” nel testo originale pubblicato in anteprima dal sito di news Axios – definisce, tuttavia, una “pace sostenibile”. Innanzitutto, punto 5, si garantisce “la sicurezza modellata sui principi dell’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico”, sebbene rivolta a un’Ucraina – non è aspetto da poco dato il sangue versato – privata dell’intero Donbass, non soltanto della Crimea.


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Poi si affrontano le cause poste dall’invasore a fondamento dell’invasione: la sicurezza nazionale, minacciata dall’inarrestabile sconfinamento della Nato, nel declassamento della Russia a potenza regionale da disarticolare.

Al punto 3 “Si prevede che la Russia non invaderà i Paesi vicini e che la Nato non si espanderà ulteriormente”. Nei punti successivi: viene limitata la dimensione delle forze armate ucraine a 600mila effettivi, dagli 800mila attuali (250mila prima della guerra); “L’Ucraina accetta di sancire nella propria Costituzione la propria non adesione alla Nato, e la Nato accetta di includere nel proprio statuto una disposizione che preveda la non ammissione dell’Ucraina in futuro”; “la Nato accetta di non dislocare truppe in Ucraina”.


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Al punto 13, si afferma che “La Russia sarà invitata a rientrare nel G8”. Di primario valore generale il punto 17: “Gli Stati Uniti e la Russia concorderanno di estendere la validità dei trattati sulla non proliferazione e il controllo delle armi nucleari, incluso il trattato START I”.

In sintesi, viene aperta una strada di cooperazione multilaterale da costruire, con il protagonismo di altri interlocutori imprescindibili a cominciare dalla Cina e dagli altri Brics. È un passaggio potenzialmente decisivo: da un lato, per dare una regolazione adeguata al pianeta multipolare; dall’altro, per far conquistare una funzione geopolitica meno servile all’Ue.

Ursula von der Leyen (s), presidente della Commissione Ue, con Kaja Kallas, Alto rappresentante per la politica estera (Ansa)

Come prevedibile, per far ingoiare meno a fatica il boccone alla base MAGA, il tornaconto per gli Stati Uniti è diretto e sfacciato (punto 10 e 14), dove viene anche meno la possibilità per l’Ue di confiscare e utilizzare gli asset russi congelati in Belgio e nella banche centrali dell’Unione. Noi, gli europei, paghiamo. Non soltanto i 100 miliardi di dollari richiesti per la ricostruzione. Il punto 11 prescrive, infatti, l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue.

Qui, purtroppo, viene espressa la “nostra” linea autolesionista. L’attuazione della prescrizione implicherebbe l’allargamento dell’Unione a 36 Stati. Quindi, il consolidamento di un più grande, più sleale e più feroce mercato unico e il venir meno di ogni possibilità di maturare soggettività politica in una “squadra” con mire geopolitiche radicalmente divergenti.

È un punto da riscrivere se si vuole che gli interessi dei lavoratori e delle piccole imprese europee abbiano un minimo di protezione. L’aiuto, dovuto, all’economia ucraina può avvenire con un programma pluriennale finanziato dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e dalla Banca europea per gli investimenti.

Lavorare a migliorare i 28 punti è necessario per dare solidità alla pace. Mettersi di traverso, come indica Kaja Kallas, Alto (?) rappresentante per la politica estera e di sicurezza (!) dell’Ue, implicherebbe aggravare, oltre che il numero delle vittime e le macerie, le condizioni della soluzione negoziale prima o poi inevitabile. Si ripeterebbe l’errore drammatico della primavera 2022, ma senza gli USA.

Sarebbe irresponsabile. Deve prevalere il buon senso nelle capitali Ue. Sarebbe bello interpretare il silenzio del Governo Meloni come sostegno al tentativo in corso. Dovrebbero unirsi pure i partiti di opposizione, anche quelli finora allineati al mainstream.

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Tags: Giorgia MeloniGoverno Meloni

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