I russi incontrano gli americani, ma non si parla di Ucraina. Le truppe di Mosca potrebbero prepararsi ad attaccare

Nuovi colloqui fra USA e Russia a Istanbul, ma l’argomento sono i loro rapporti diplomatici e uno scambio di prigionieri. Ci sono stati altri incontri per le materie prime fra Ucraina e USA, ma sull’accordo pendono i diritti già acquisiti in precedenza dal Regno Unito. Di tregua, però, e men che meno di pace, nello specifico non si parla, quasi che la guerra fosse il minore dei problemi da affrontare.



Eppure, sul campo di battaglia, spiega Marco Bertolini, generale della Brigata Folgore e comandante di numerose operazioni speciali in Libano, Somalia, Kosovo e Afghanistan, sulle truppe di Kiev pende una enorme spada di Damocle: in un momento di non grandi attività militari, i russi si starebbero preparando per una spallata finale che potrebbe fare davvero male agli ucraini e cambiare anche le carte in tavola del negoziato.



Mosca, insomma, potrebbe sfruttare il momento per guadagnare ulteriore terreno e mettere in grossa difficoltà Zelensky. Allo stesso tempo Putin non vuole sentire parlare di truppe di rassicurazione, formate da inglesi e francesi, che potrebbero entrare in azione dopo la tregua.

Non le vuole in Ucraina e forse anche per questo continuerà ad attaccare fino a quando gli assicureranno che Parigi e Londra non manderanno i loro uomini dopo il cessate il fuoco. Tutto questo mentre i volenterosi radunati da Macron e Starmer non trovano l’accordo tra loro e vengono snobbati dagli USA.

La guerra imperversa ancora, ma USA e Russia si ritrovano a Istanbul per parlare non di pace o di tregua, ma dei loro rapporti diplomatici. Il conflitto non è in cima ai loro interessi?



Questa trattativa non riguarda tanto il rapporto fra Ucraina e Russia per la sovranità di un territorio conteso, ma i rapporti fra le due potenze, USA da una parte e Russia dall’altra: con l’avvento di Trump vogliono riavviare le relazioni fra loro, il che include quello che succede in Ucraina, ma anche i rapporti diplomatici che di fatto erano congelati.

Per questo, tra le altre cose, si è parlato dei beni confiscati negli Stati Uniti in questi tre anni, che adesso Mosca vuole recuperare. La stessa cosa, poi, cercherà di farla con gli altri Paesi dell’Occidente. Il fatto che si sia parlato di questioni del genere è in ogni caso un segno di una volontà di normalizzazione, che va al di là delle dichiarazioni di principio.

Se non si parla di Ucraina, vuol dire anche che non ci sono novità sostanziali nelle trattative per la pace o la tregua?

L’Ucraina non era l’argomento principale, anche se è probabile che se ne sia parlato ugualmente. In ogni caso, è un tema di cui Stati Uniti e Russia stanno discutendo da tempo, anche al di fuori delle occasioni rivelate all’opinione pubblica, come quella di Riyad. Direi che è uno dei segnali che siamo in una fase interlocutoria. Lo testimonia quello che sta succedendo sul campo di battaglia in Ucraina.

Il confronto militare come sta andando?

Il ritmo delle operazioni è calato, non ci sono più grandi penetrazioni, anche se c’è una continua pressione russa che ora si è spostata più nel settore settentrionale, quindi nella provincia di Lugansk, dove è stato superato il fiume Oskil, mettendo sotto minaccia Kupiansk.

Per il resto, invece, grandi operazioni non ce ne sono: guardando la cartina da lontano sembra che tutto sia abbastanza fermo, avvicinandosi invece si capisce che si continua a combattere, senza però iniziative di grande risonanza, che potrebbero turbare o mettere in imbarazzo Trump.

Siamo in un momento in cui le operazioni militari sono ridotte per non intralciare il lavoro diplomatico?

Lo spero. Ora ci sono due alternative: una è che i russi abbiano esaurito la loro capacità operativa, ma questo lo escluderei perché stanno comunque progredendo sul campo.

L’altra possibilità, temuta dagli ucraini, è che i russi stiano preparandosi a un’offensiva più significativa, anche per rimuovere le minacce alle quali la Russia è stata esposta, nell’oblast di Kursk come in quello di Belgorod, dove ultimamente gli ucraini hanno provato, senza riuscirci, a replicare l’operazione che aveva permesso loro di occupare una parte di territorio russo.

Era un’iniziativa, anche questa, probabilmente con finalità politica, per avere una carta in più da giocare nelle trattative.

Insomma, si parla tanto di tregua e pace, ma incombe la possibilità di un nuovo attacco delle truppe di Mosca?

Per i russi questa guerra è una questione di sopravvivenza e adesso hanno la possibilità di ottenere dei risultati significativi. Il fatto che l’Ucraina non entri nella Nato è sicuramente uno di questi, il riconoscimento della sovranità della Russia sulle province che ha occupato è un altro. Poi, però, c’è sempre la spada di Damocle del possibile ingresso di truppe occidentali, soprattutto inglesi e francesi, in caso di tregua.

Una possibilità che ai russi sembra quasi una minaccia da parte degli europei: “Continuate a combattere, altrimenti arriviamo con le forze di rassicurazione”, come le chiamano ora. Fino a che ci sarà la possibilità che intervengano truppe occidentali, in particolare inglesi e francesi, i più determinati a contrastare i russi, credo che Mosca non fermerà le operazioni. Ecco perché è possibile che ci sia una spallata definitiva che cambi le carte in tavola dal punto di vista militare.

Oltre al negoziato USA-Russia di Istanbul, sarebbe ripartito quello sulle terre rare ucraine che Washington vorrebbe sfruttare: l’Ucraina è con le spalle al muro? Dovrà accettare le condizioni imposte dagli americani per le risorse minerarie del Paese?

Si dibatte ancora su dove siano i territori da sfruttare dal punto di vista minerario, se siano soprattutto nella parte di Ucraina occupata dai russi.

Non ci dimentichiamo, tuttavia, che anche gli inglesi si erano accordati con Kiev su questo punto: potrebbe essere uno dei motivi per i quali le cose vanno così a rilento e una delle ragioni della “sceneggiata” nello Studio Ovale tra Zelensky e Trump. Il presidente americano, però, in Ucraina, oltre ad aver bisogno di un risultato in termini di trattative di pace, deve dare in pasto alla sua opinione pubblica qualche risultato anche dal punto di vista economico.

Gli ucraini sostengono di aver catturato due soldati cinesi che combattevano con i russi e che ce ne sarebbero 155 in tutto impiegati sul campo di battaglia. La Cina può aver dato veramente sostegno alla Russia anche con degli uomini?

Metà della popolazione russa ha gli occhi a mandorla, penso a coloro che abitano in Siberia e zone simili. Il fatto che siano presenti soldati cinesi è anche possibile, così come tra gli ucraini ci sono inglesi, americani, francesi, polacchi, ma fino a quando non sono inquadrati in unità organiche non possiamo considerarla una presenza significativa.

Credo che sia un’arma che cerca di utilizzare Zelensky per mettere in imbarazzo Trump. I rapporti tra gli Stati Uniti e la Cina non sono buoni, lo si è visto anche nell’escalation dei dazi e controdazi. È un modo per dire al presidente americano: “Guarda i tuoi amici russi che si fanno aiutare dai tuoi nemici cinesi”. Trump sa che le cose non stanno così, ma la sua opinione pubblica potrebbe cascarci.

(Paolo Rossetti)

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