L’Ue non potrà usare i beni dei russi depositati in Europa per destinarli all’Ucraina. Era un’idea che, come riportato da La Verità, aleggiava velatamente nell’aria da febbraio 2022, quando il Consiglio avviò le pratiche su intuizione di Mario Draghi. Adesso, però, l’ipotesi in questione sembra essersi definitivamente arenata. L’impasse non potrà essere superato.
Il motivo è da ricondurre al fatto che il sequestro è per natura temporaneo e prevede che i fondi possano in futuro tornare nelle mani dei legittimi proprietari in futuro. È diverso il caso della confisca, che invece consente ad altri di disporre dei beni in questione. Le due cose non possono essere uguagliate, né al momento è in programma di passare da un sequestro a una confisca. È però emerso da una riunione di giovedì che “il Consiglio europeo accoglie con favore i progressi compiuti in merito alle proposte volte a destinare a beneficio dell’Ucraina le entrate straordinarie derivanti dai beni russi bloccati e chiede la loro rapida adozione”.
Ue, si valuta la gestione dei beni russi: l’ipotesi dei proventi “straordinari”
In sostanza l’Ue, come ha spiegato ancora La Verità, tiene in ballo la possibilità di disporre solo dei proventi finanziari “straordinari” che potrebbero arrivare attraverso gli strumenti finanziari dei russi, pur non escludendo la possibilità di ridare i capitali sequestrati definitivamente agli spettanti. La differenza insomma con una confisca è notevole. Altrettanto notevoli sarebbero i proventi, dato che secondo le previsioni si tratta di 3 miliardi annui a fronte dei 191 miliardi di euro totali sequestrati.
La questione ad ogni modo è ancora da discutere in modo formale. Un primo colloquio sul tema potrebbe avvenire a fine maggio, al vertice di Stresa dei ministri economici del G7, quando verrà definita la proposta da portare, a giugno, sul tavolo del G7 in Puglia. L’attesa dunque è grande.