Unioni di fatto: la Cassazione chiarisce obblighi economici tra ex conviventi. Accordi validi, ma attenzione a donazioni e contributi "irragionevoli
La Corte di Cassazione ridefinisce i confini giuridici delle unioni di fatto, trasformando consuetudini affettive in obblighi giuridicamente rilevanti: con una serie di ordinanze emesse tra il 2024 e il 2025, i giudici hanno fissato paletti e riferimenti chiari per regolare i rapporti economici tra conviventi, non solo durante la relazione, ma anche dopo la sua cessazione.
L’ordinanza 1324/2025 – ad esempio – conferma la validità degli accordi privati riguardanti affidamento dei figli e divisione patrimoniale ma a patto che siano interpretati alla luce della “comune intenzione delle parti” non limitandosi a un’analisi letterale e contemporaneamente, la sentenza 1879/2025 stabilisce che un semplice riconoscimento del trasferimento di denaro non basta: per renderlo un debito effettivamente riscuotibile serve una clausola esplicita, passaggio fondamentale per chi sceglie forme di convivenza informali che restano oggi la preferenza di molte coppie.
È però sul dopo-separazione che la Cassazione segna un cambio di paradigma con l’ordinanza 28/2025 che introduce il concetto di “obbligazione naturale” fra ex conviventi, riconoscendo che determinati doveri di assistenza o sostegno economico possono sopravvivere alla fine della relazione purché risultino proporzionati e nati da un’azione spontanea: il principio – fondato sull’articolo 2 della Costituzione – estende l’ambito della solidarietà oltre il matrimonio attribuendo al legame affettivo una forza giuridica anche in assenza di vincoli formali.
“Il legame affettivo genera responsabilità reciproche, indipendentemente dalla forma giuridica scelta” così viene scritto nella la motivazione, rafforzata dalla sentenza 11337/2025 che riconosce i versamenti per spese comuni (come mutui o utenze condivise) durante la convivenza come adempimenti dovuti finché restano entro i limiti della ragionevolezza e della proporzione.
Unioni di fatto: revoca delle donazioni e il confine tra gratitudine e diritto
La svolta più controversa arriva con l’ordinanza 32682/2024, che ha annullato una donazione immobiliare tra conviventi sulla base dell’”ingratitudine” anche in assenza di matrimonio; nel caso esaminato, la donna aveva interrotto bruscamente la relazione subito dopo aver ricevuto l’immobile iniziando poco dopo una nuova storia, condotta “con modalità lesive della dignità del donante”. I giudici hanno paragonato questo comportamento a un’ingiuria grave, invocando l’articolo 801 del Codice civile e stabilendo che anche in assenza di nozze, la rottura di un patto fiduciario può configurare un danno giuridico.
La decisione riapre la discussione sul confine tra diritto e morale, in particolare sulla legittimità di sanzionare comportamenti personali in relazioni non contrattualizzate ma secondo la Cassazione la rottura di un accordo fiduciario (anche se informale) può ledere i diritti tutelabili, principio che sancisce un altro passo verso il riconoscimento pieno della rilevanza giuridica delle unioni di fatto.
Nel frattempo, si rafforza l’attenzione sui doveri post-separazione: la già citata sentenza 11337/2025 chiarisce che i contributi economici dopo la convivenza sono legittimi se rispecchiano ciò che è “socialmente ritenuto doveroso” (ad esempio, sostenere un ex partner in difficoltà pagando metà del mutuo dell’abitazione in cui continua a vivere) una cifra, questa, che la Cassazione paragona a un “canone di locazione virtuale”. La Corte traccia così un equilibrio delicato, da una parte la libertà dei conviventi di autodisciplinare i propri accordi, dall’altra, un intervento sempre più penetrante del diritto pronto a disciplinare aspetti un tempo riservati alla sfera privata.