L’Anvur ha presentato il rapporto annuale sullo stato dell’Università e della Ricerca. Il documento espone con dati l’evoluzione del sistema negli ultimi dieci anni: tra questi si registra l’aumento degli studenti totalmente esenti dal pagamento delle tasse universitarie. La percentuale, infatti, è cresciuta del 37,4% degli iscritti alle università statali (569.300 studenti), come spiega Il Sole 24 Ore. Dieci anni fa si parlava di una percentuale di poco superiore al 10%. Come spiega ancora l’agenzia, l’importo complessivo che gli atenei ricavano dalle tasse universitarie è rimasto uguale in termini assoluti: dunque si può parlare di una sorta di redistribuzione. Infatti, i due terzi non esenti hanno pagato di più.
Come sottolinea Il Sole 24 Ore, il Fondo di finanziamento ordinario per il 2023 ha superato la soglia dei nove miliardi di euro: dieci anni fa era inferiore ai sette. Riferendosi sempre alle Università statali, l’incremento degli esenti totali nel triennio è stato complessivamente pari al 37,1% a fronte di un incremento nel numero di studenti solo del 2,2%. Allo stesso modo è cresciuto anche il numero degli esenti parziali. C’è stato però un aumento degli esenti totali e una riduzione di quelli parziali.
Chi non paga le tasse all’università?
Come spiega ancora Il Sole 24 Ore, ci sono 22 atenei con un valore superiore alla media del 37,4 per cento degli esenti totali dalle tasse. Di queste università, 16 sono localizzate al Sud e Isole, quattro al Centro e due al Nord. La distribuzione vede le facoltà del Sud in pole ma non sono le uniche: negli ultimi anni sono cresciuti gli iscritti esenti totali alla Milano Statale e a Padova. Si tratta, comunque, del risultato dell’innalzamento delle soglie Isee per legge e dell’autonomia delle singole università che a volte che sono andate oltre le soglie minime.
Come ricordato dal ministro Bernini, senza l’aumento degli esenti probabilmente avremmo assistito a una riduzione nel numero di studenti iscritti alle università statali. Si deve dunque insistere su una politica a favore del diritto allo studio, che deve comprendere borse di studio e residenze. Se così non fosse, il divario tra chi può permettersi gli studi e chi no, rischia di aumentare ulteriormente.