UNIVERSITÀ/ Restare al Sud? No, venirci: e per farlo c’è una sola soluzione

- Gianfranco D'Atri

L'università nel Sud Italia è strangolata dalla mancanza di risorse economiche, ma i politici non se ne preoccupano. Peggio: le sprecano in altro modo

universita_studenti_laureati_test_lapresse_2016 (LaPresse)

Caro direttore,
le dimissioni del professor Fioramonti rendono attuali alcune riflessioni scaturite un paio di settimane fa dalla visita del ministro per il Mezzogiorno, Giuseppe Provenzano, all’Università della Calabria. Belle parole, come sempre, rivolte ai giovani studenti: dovete rimanere al Sud e siamo impegnati come non mai a mettervi nelle condizioni ideali.

Il successivo incontro con il rettore è stata una piccola doccia fredda per il ministro, al quale è stato detto che la riduzione delle tasse per gli studenti universitari con Isee basso ha prodotto il perverso effetto di ridurre le risorse per le università meridionali ed aumentarle a quelle del Nord. Infatti, mediamente al Sud la percentuale di studenti sotto soglia è superiore a quella del Nord e gli importi ministeriali compensativi sono inferiori alla perdita di gettito, al contrario di quelli del Nord.

Si tratta alla fine di pochi milioni per l’ateneo – d’eccellenza – della Calabria ma tali da pregiudicare poi anche la possibilità di erogazione delle borse di studio a tutti i meritevoli, con la straordinaria esistenza della lista dei “borsisti senza borsa”.

Il rettore forse avrebbe dovuto, senza utilizzare la cortesia istituzionale, accompagnare alla porta il ministro e chiedergli di tornare direttamente con un corposo assegno in mano anziché utilizzare l’ateneo per la prevista passerella elettorale che, immaginiamo, proseguirà con nuove presenze di ministri, politici e possibili candidati meridionalisti, inclusi i rappresentanti della Lega, magari.

Il problema della declinazione al meridionale dei temi economici, tutti sottostanti ai problemi materiali e sociali della Calabria, e delle altre Regioni del Sud, è di fatto banale, e per questo, forse, non viene ritenuto degna di attenzione da parte degli illustri visitatori.

Il re è nudo: occorre trasferire maggiori, nel senso di superiore al normale, risorse verso le iniziative al Sud. Precisiamo meglio: non solo equilibrate, proporzionate, eque: il divario da scippo, sin qui, non si colma solo non allargandolo. E ancora, non solo risorse economiche, ma anche umane.

Quindi, non “Resto al Sud”, ma “Andiamo al Sud” e quindi ritorni chi è partito (scacciato o attratto, fa lo stesso), ma venga anche chi – essendo un’eccellenza, di Bolzano o di Milano o della Val Pusteria – apprezza le migliori condizioni di vita, umana, sociale e ambientale, e trova le opportunità per trasferirsi. A questo punto, anche noi restiamo al Sud.

Ma questo progetto prevede che ci siano treni fra Reggio e Roma come ce ne sono fra Firenze e Milano, che ci sia una stazione a Matera, che i biglietti di treni, aerei e bus per andare – e tornare – a Milano per le feste non siano impossibili. O molto semplicemente che la “statale della morte” – la 106 ionica – riceva la stessa attenzione dei viadotti autostradali e sia ricostruita in solo 12 mesi.

E tornando al tema educativo, che le scolaresche dei pronipoti dei calabresi non siano portate al museo lombrosiano dell’Università di Torino a visitare il teschio del brigante calabrese, morfologicamente delinquente e meritevole di essere stato massacrato durante l’invasione delle Due Sicilie.

Allora, quale pretesa devono avanzare le università meridionali, da far proprie da parte dei candidati e dei partiti che li sostengono? Semplice, banale ed immediata: drastico incremento dei finanziamenti per le università meridionali su tutti i capitoli di spesa (docenza, ricerca, diritto allo studio) e introduzione per 30 anni dell’esenzione per tutti dalle tasse universitarie – con il versamento da parte dello Stato dell’importo equivalente al costo per studente.

E da dove arriveranno i soldi necessari?

La risposta è semplice. Dalla stessa fonte dalla quale sono stati tratti, senza opposizioni, i 400 milioni iniziali e i 150 milioni annui per lo Human Technopole presso l’area Expo di Milano, istituito al di fuori del mondo accademico.

Persino la mite professoressa Cattaneo, senatrice a vita, si è opposta a questa iniziativa, anche se la proposta solo inserita per ora in finanziaria è di distribuire un po’ di questi soldi anche al mondo universitario italiano tutto.

Per cominciare, si distribuiscano da subito esclusivamente ai centri di ricerca del meridione.

Forse anche la vacuità dell’agire del collega di governo ha spinto quello dell’Istruzione al gesto di “contestazione”, seppur limitatamente alla necessità di spendere di più per l’educazione dei giovani. Ma, alla fine, anche lui non ha colto la profonda iniquità del sistema educativo con la bussola orientata, dalla scuola dell’infanzia in su, a Nord. Quello che per il resto dell’Italia è stare al di sotto della “linea di galleggiamento”, per Calabria, Campania, Puglia, Basilicata significa affogare: il deficit, non monetario, ma umano al Sud è enorme.

E, probabilmente, anche a lui dovremmo dire che non serve il beau geste di donare parte del suo emolumento al Tecnopolo di Taranto, dopo non aver fatto nulla per far reindirizzare equamente le risorse enormi di quello di Milano.





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