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Home » Economia e Finanza » Economia Internazionale » USA vs CINA/ Sapelli: “Washington rischia di regalare l’Ue a Pechino”

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USA vs CINA/ Sapelli: “Washington rischia di regalare l’Ue a Pechino”

Int. Giulio Sapelli
Pubblicato 14 Ottobre 2025
Il presidente cinese Xi Jinping (Ansa)

Il presidente cinese Xi Jinping (Ansa)

Xi Jinping è in difficoltà e Trump lo sa bene. Tuttavia, l'arma dei dazi rischia di danneggiare più gli Stati Uniti che la Cina

Il 31 ottobre e il 1° novembre in Corea del Sud è in programma il meeting annuale dell’Asia-Pacific Economic Cooperation Forum. E in tale sede dovrebbe tenersi l’incontro annunciato tra Donald Trump e Xi Jinping, sempre che vengano superate le tensioni degli ultimi giorni, che hanno portato il Presidente americano a minacciare dazi del 100% su molte merci cinesi proprio a partire dal 1° novembre.


Putin: “Dombass sarà nostro, coi negoziati o con le armi”/ Trump accelera sulla pace: oggi round USA-Ucraina


Intanto l’export di Pechino verso gli Usa a settembre ha subito un calo tendenziale del 27%, ma nel complesso è cresciuto dell’8,3%, grazie soprattutto ai flussi diretti verso l’Asean (+15,6%) e l’Ue (+14,2%).

Secondo Giulio Sapelli, Professore emerito di Storia economica alla Statale di Milano, ci sono dati che contano di più nelle scelte di Trump, «in particolare le previsioni sull’economia cinese, con il Pil che, secondo la Banca Mondiale, quest’anno crescerà meno del 5% e che dovrebbe rallentare il prossimo».


TAIWAN/ Tokyo con Taipei come l’Ue con Kiev, non è in grado di aiutarla senza Trump (che può cedere a XI)


Come mai questo rallentamento?

È dovuto, soprattutto, a una prevista frenata delle esportazioni e degli stimoli fiscali che stanno supportando una manifattura ormai in piena sovracapacità produttiva. La domanda interna, contrariamente agli obiettivi prefissati da Pechino, non aumenta ancora in maniera sufficiente da poter sostenere la crescita dell’economia a ritmi adeguati. Di fatto, nonostante gli sforzi per evitarla, sta proseguendo una decelerazione strutturale. E se l’economia frena ne risente anche la sua parte più sviluppata, quella riguardante le innovazioni tecnologiche dove la Cina ha guadagnato parecchio terreno negli ultimi anni.


GOVERNO E UCRAINA/ Decreto armi e invito del Papa, quel doppio "messaggio" alla Meloni


I dazi minacciati da Trump possono funzionare?

Secondo Trump, che punta a reindustrializzare il suo Paese, la Cina non potrà reggere un confronto frontale come quelli che sembrano piacergli. A mio avviso, tuttavia, la politica dei dazi rischia di creare problemi più agli Usa che alla Cina, che, come mostrano anche i dati sull’export, ha mercati alternativi di sbocco, soprattutto nei Paesi asiatici vicini che stanno anche attraversando una fase di sviluppo, come l’Indonesia. La Casa Bianca dovrebbe capire che le difficoltà interne sono già un problema forte per la Cina.

La Cina, però, può mettere in difficoltà gli Usa sul fronte delle terre rare…

Terre rare (Ansa)

È vero, si tratta di forniture fondamentali per l’alta tecnologia e lo sviluppo dell’AI. Tuttavia, non va trascurato il fatto che in Australia o in altre aree sono presenti terre rare. Per sfruttarle, però, servono investimenti ingenti che danno ritorni nel lungo periodo. C’è bisogno di un capitalismo più “paziente”. Occorre, dunque, che gli Stati Uniti si muovano in questa direzione, così come sarebbe bene facesse anche l’Europa.

La prossima settimana si terrà il plenum del Partito comunista cinese. Con i suoi annunci Trump vuole creare difficoltà a Pechino in vista di questo appuntamento?

Certamente. Si tratta di un plenum a cui Xi Jinping arriva parecchio indebolito proprio perché le politiche che avrebbero dovuto rilanciare l’economia non stanno funzionando. Tra l’altro per Trump sarebbe importante indebolire la Cina in un momento in cui la Russia, privata anche del supporto iraniano grazie all’attivismo di Netanyahu, ne ha un disperato bisogno.

Potrebbe, a quel punto, uscirne indebolito tutto il blocco dei Brics che sta portando avanti un progetto per creare una valuta internazionale alternativa al dollaro?

Non credo che sia veramente possibile creare un’alternativa al dollaro. Se si tentasse davvero di realizzarla si rischierebbe una crisi globale spaventosa, con un disordine monetario pari solo a quello che ci fu dopo la Prima guerra mondiale che sfociò nella crisi delle banche europee e nel crollo di Wall Street. Una situazione che negli anni Trenta del secolo scorso portò ad avere un terzo circa del commercio mondiale realizzato attraverso il baratto. Il dollaro, ci piaccia o meno, è oggi un fondamentale elemento di stabilità.

Pensa che alla fine ci sarà l’incontro tra Trump e Xi Jinping?

Penso di sì, conviene a entrambi. Forse in questo momento ne ha più bisogno il Presidente cinese proprio per la sua debolezza interna. Certo, dovrà portare a casa qualcosa. E non credo che sarà impossibile una qualche concessione da parte di Washington.
Nel caso si discuterà anche di Taiwan?

Personalmente ritengo che i cinesi vogliano fortemente Taiwan e una conferma la si può avere dagli allarmi che arrivano dal Giappone sulla necessità di dotarsi di un’arma atomica in funzione di deterrenza nei riguardi della Cina. Se questi allarmi continueranno a crescere e non verranno fatti progressi nella deterrenza giapponese, allora la Cina conquisterà Taiwan.

L’Europa rischia di trovarsi in mezzo al confronto tra Stati Uniti e Cina?

In Italia, come nel resto d’Europa, la presenza cinese è sempre più attiva, nonostante Israele abbia affievolito l’area di influenza dell’Iran, Paese collegato con Pechino, ai confini del Mediterraneo. La pressione cinese sull’Europa è fortissima e fa bene la Meloni a chiedere di rafforzare il fianco sud della Nato così da poterla contrastare nei porti del Mediterraneo. Purtroppo l’Ue come cervello pensante non esiste e questo può essere un vantaggio per la Cina. Gli Stati Uniti dovrebbero capire che l’atteggiamento che stanno mostrando in questi mesi mette in difficoltà le forze atlantiste europee e finisce per aiutare Pechino.

(Lorenzo Torrisi)

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Tags: DaziDonald TrumpXi JinpingEconomia USA

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